UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Presentazione dei risultati dei laboratori

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19 Gennaio 2000

ghi di educazione alla pace anche i luoghi dello sport, del tempo libero e naturalmente la liturgia secondo quanto è stato già detto nella relazione del primo gruppo. Per quanto riguarda i tempi anche noi abbiamo sottolineato i tempi forti dell'anno liturgico e il Giubileo come "anno forte" dell'educazione alla pace. Non ci siamo soffermati sul discorso degli itinerari, anche se, molto genericamente, sono stati ribaditi tre punti che facevano parte di un vecchio discorso rivolto alle nuove generazioni nella scuola, vale a dire la trilogia star bene con se stessi, star bene con gli altri, star bene con il mondo. Inoltre abbiamo insistito sulla necessità di sfruttare le risorse già esistenti perché ci sono già tante proposte per l'educazione alla pace, che bisognerebbe rivalutare, riaggiornare, condividere in modo che, arricchite dalle nostre riflessioni, possano costituire veri itinerari di educazione alla pace. La funzionalità della commissione, sia nazionale che diocesana, è quella di creare una rete di scambio fondamentale perché le esperienze di ognuno possano diventare eventualmente l'esperienza o spunto di esperienza per gli altri. I gruppo
Il lavoro si è svolto in modo abbastanza articolato, anche se a ruota libera, ed abbiamo tentato di riassumere il contributo all'interno delle indicazioni proposte - in vista di un progetto per un'autentica ed efficace educazione alla pace - riguardanti i soggetti, i luoghi, i tempi e gli itinerari. Rispetto ai soggetti si è ravvisato che è tutta la Chiesa nelle sue articolazioni che deve essere responsabilizzata sul problema, vale a dire i vescovi, i parroci, i laici cristiani, gli uffici pastorali e le commissioni diocesane, nonché i consigli pastorali. In genere i consigli pastorali svolgono un ruolo limitativo rispetto all'annuncio del Vangelo, quindi rimettere al centro dei consigli pastorali, sia parrocchiali che diocesani, la problematica della pace, serve anche a rivitalizzarli. Un altro soggetto sono gli ultimi, coloro che vivono le situazioni di ingiustizia, di sfruttamento, di oppressione, di sofferenza; anche questi promuovono un discorso di educazione alla pace, non come elementi passivi di un'azione, ma come soggetti attivi. Inoltre le associazioni e i movimenti laicali di ispirazione cristiana. Dire tutta la Chiesa può sembrare riduttivo e troppo sintetico, ma se l'analizziamo in tutte le sue articolazioni, scopriamo tutte le opportunità che potremmo avere. Per quanto riguarda i tempi, sono quelli più significativi rispetto alla vita della comunità cristiana. In primo luogo i tempi di formazione di ogni cristiano, quindi il battesimo - chiaramente in riferimento ai padrini e ai genitori -, la comunione e la cresima come momenti di responsabilizzazione rispetto ad un impegno comunitario a partire dall'età dell'adolescenza. Gli altri tempi significativi della vita della Chiesa sono l'Avvento e il Natale, la Quaresima e la Pasqua, la Pentecoste. Un altro tempo significativo che stiamo per vivere è il Giubileo, che se viene recuperato nel suo significato biblico più autentico, costituisce un'occasione irripetibile per un'educazione alla pace. I luoghi più importanti sono quelli della liturgia, della catechesi e della carità. Per quanto riguarda la liturgia, in particolare, sia l'omelia domenicale che la struttura stessa dell'Eucarestia, andrebbero rivitalizzate come modalità per vivere un reale momento comunitario. I seminari, gli istituti di studi religiosi, le facoltà di teologia, le scuole di formazione all'impegno sociale e politico, tutte le esperienze di formazione sono altrettanti luoghi decisivi per un'educazione alla pace. Per quanto riguarda gli itinerari si è sviluppato un discorso molto ricco e articolato che cercherò di presentare enumerando i sette percorsi che sono stati elaborati. C'è un itinerario principe che consiste nel recuperare la centralità del messaggio evangelico rispetto a tutte le altre proposte di riflessione e di approfondimento e quindi anche la centralità della modalità evangelica della non-violenza, dell'obiezione di coscienza e della responsabilità personale nei confronti del Regno. Tutto questo vissuto, secondo un'immagine di don Tonino Bello, con l'atteggiamento del mendicante che va a dire all'altro mendicante che ha trovato da mangiare, cioè non con lo stile di chi vive una situazione di superiorità o di privilegio, ma di parità offrendo agli altri il tesoro che si è trovato. Il secondo itinerario riguarda il problema della giustizia perché, come è stato ripetuto da molti riprendendo il profeta Isaia, la pace è il frutto della giustizia e questa è la discriminante per un autentico discorso di pace e di amore. Il terzo itinerario è quello della convivenza delle persone tra di loro e con le comunità che ha l'obiettivo di farla diventare un problema di responsabilità, di impegno e di lavoro. Il quarto itinerario riguarda la pace come punto di incontro fra gli uomini a prescindere dalle singole appartenenze. Si tratta di sperimentare l'impegno per la pace come momento di condivisione e di dialogo con tutti perché la pace interessa ogni persona ed è un problema di tutti. Il quinto itinerario concerne il rapporto tra idealità evangelica, profezia e realismo delle situazioni. Infatti di fronte alla profezia e all'idealità evangelica sta la verità delle situazioni che fa emergere il metodo della gradualità, dei piccoli passi. Anche di fronte alle situazioni più dure, non dobbiamo pensare di non poter ottenere dei risultati, ma essere convinti che è sempre possibile fare dei piccoli passi. Il criterio della gradualità, come diceva ieri Mons. Charrier, riguarda anche il dovere dell'evangelizzazione all'interno della Chiesa. Anche in questo caso, pur avvertendo l'esigenza e la necessità che le cose marcino veloci perché le urgenze sono gravi, dobbiamo avere la pazienza di un processo che necessariamente sarà graduale. Il discorso della gradualità, dei piccoli passi, tiene conto di tutto il retaggio storico che le situazioni comportano e che non è facile superare automaticamente. Un sesto itinerario che, a mio parere costituisce una novità di approccio, è quello dell'esplorazione delle violenze personali. Ognuno di noi, infatti, magari inavvertitamente, vive delle situazioni di violenza, cioè è soggetto di violenza; prenderne coscienza è il primo passo per cambiare. Un altro itinerario risiede nell'affrontare il problema dell'indifferenza a livello sia religioso che politico, perché l'indifferenza è la premessa delle situazioni di prevaricazione, di privilegio e di abbandono di ogni forma di impegno individuale. Oltre questi sette itinerari è emersa l'esigenza di un'impostazione progettuale affinché l'operatività diventi efficace a livello storico. Si tratta, in altre parole, di individuare gli obiettivi, i tempi, i modi, i luoghi, le risorse, la verifica e, al contempo, di analizzare le situazioni di sofferenza per agire con cognizione di causa. Altro punto preliminare consiste nell'affrontare i nodi storici che finora hanno ostacolato il formarsi di un'autentica convivenza armonica. Inoltre è emersa l'esigenza che gli incontri, sia a livello locale, regionale che nazionale, siano momenti di comunicazione e di dialogo sull'operatività rispetto al problema. Se avviene uno scambio sulle cose che si fanno, sui problemi che si incontrano, sui traguardi che si raggiungono, il dialogo serve anche a creare situazioni di sinergia, e ad essere più efficaci. Questa è la finalità del lavorare insieme, del progetto comune, che è anche l'obiettivo fondamentale delle comunità cristiane.
II gruppo
Anche noi ci siamo mossi sulle linee indicate e ci siamo chiesti, innanzitutto, che cosa può significare educare alla pace e quindi quali sono i soggetti, i luoghi, i tempi e gli itinerari. Sono state fatte alcune sottolineature a partire, ad esempio, dalla dimensione della pace come dono. Dio crea perché attraverso il creato l'uomo possa entrare in relazione con Lui, condividere il dono superando l'egoismo e la paura del diverso, a cominciare dalla relazione familiare sino ad arrivare al perdono. La relazione uomo-Dio diventa, nella giustizia, relazione tra uomo e uomo. Educare alla pace, utilizzando parole forti che devono essere riempite di significato e di gesti, significa condivisione, solidarietà, relazionalità, convivenza. E necessaria, pertanto, un'azione interculturale capace di modificare, attraverso gesti concreti, le relazioni che si stabiliscono con gli altri, facendo vivere la pace in modo esperienziale. La pace è un tema trasversale che riguarda tutta la persona, tutte le persone e tutte le realtà che si intrecciano, dalla dimensione familiare a quella politica e così via. Più che dare delle risposte precostituite è essenziale porre degli interrogativi di modo che ciascuno possa arrivare a capire che cos'è la pace, a viverla e a testimoniarla. Bisogna educare alla pace attraverso percorsi che portino, nella quotidianità, a stili di vita personali e collettivi riscoprendo la dimensione sociale della pace. E' centrale curare le relazioni soprattutto all'esterno della realtà ecclesiale, aprire alla speranza di una città di pace, preoccuparsi delle relazione con le istituzioni locali per un mondo di pace. A questo proposito sono stati portati degli esempi sui tentativi in atto di entrare in comunicazione con realtà tipo la ex-Jugoslavia. La pedagogia dei fatti educa a nuovi comportamenti: togliere le contraddizioni del quotidiano e del territorio, evitare la genericità (si parla spesso di immigrati ma non si incontrano mai), avere il coraggio di proposte chiare e forti, motivare il discorso dell'obiezione di coscienza per i giovani soprattutto. Per quanto riguarda i soggetti, il principale è la comunità ecclesiale per cui è fondamentale aiutarla a prendere coscienza di essere soggetto educante anche per quanto riguarda la pace. Tra gli altri soggetti c'è naturalmente la famiglia, la scuola cattolica e la scuola in generale. La parità richiede il finanziamento e noi che cosa diamo in cambio? Attraverso la scuola cattolica si potrebbe formare per la società dei cittadini consapevoli, disposti a vivere e testimoniare la giustizia e la pace. Gli stessi spazi dell'autonomia scolastica potrebbero essere occasioni per far crescere una cultura di pace anche tramite la relazione tra gli studenti, la rivalutazione degli organismi di consultazione e di partecipazione. Altri soggetti potrebbero essere i seminaristi, gli obiettori di coscienza, le nuove professionalità, naturalmente tramite proposte concrete di formazione nei loro riguardi. Per quanto riguarda i luoghi, in parte, sono gli stessi detti prima: la scuola, la famiglia, la comunità ecclesiale. Bisognerebbe, però, creare dei luoghi di confronto, dei laboratori di ricerca con i quali concretizzare l'educazione alla pace per non enunciarla soltanto in maniera teorica. Quindi un'educazione concreta alla pace, fatta di incontri con le realtà che hanno bisogno di giustizia e di pace come quelle del disagio, della sofferenza, dell'emarginazione. Possono diventare luo