UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

“La metafora del lago”, ovvero le relazioni tra giustizia pace e salvaguardia del creato

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30 Dicembre 1998

di Giuliana Martirani
A partire dal seguente racconto, in cui la metafora del lago potrebbe essere anche la metafora della foresta (e della produzione di legno pregiato per i mobili e i parquet dell'occidente), oppure la metafora della terra (e la produzione di manzi per gli hamburger o di banane, caffè, stagno, rame...) C'era una volta un lago in un paese lontano dell'Africa. Questo lago era pescosissimo, pieno di pesci delle più diverse varietà e grandezze. Abitavano, intorno al lago tre diverse tribù, meglio nazioni africane molto diverse tra di loro: la nazione degli alti, la nazione dei tarchiati e quella dei nani. Vivevano in pace tra di loro e avevano sviluppato buone relazioni tra la gente comune e tra gli stessi capi e durante l'anno celebravano anche delle feste insieme. Non avevano nessun problema di produzione che era affidata agli uomini e alle donne e quindi non c'erano conflitti sessuali. Non c'erano problemi di salute perché l'alimentazione era altamente proteica, diversificata e i vecchi continuavano a trasmettere i loro saperi alimentari e medici e la memoria per una vita buona ai giovani, insomma non c'erano conflitti né tra le nazioni né tra le generazioni nŽ tra i sessi. Si viveva nella pace e nella giustizia. Un giorno arrivarono degli stranieri che furono accolti con grande gioia perché le tre nazioni si erano tramandate di generazione in generazione l'importanza enorme dell'accoglienza e dell'ospitalità che era considerata addirittura sacra. Uno degli stranieri era una persona di grande curiosità, lo chiamavano lo scienziato, e sembrava sempre uno che annusava come i cani e sezionava e guadava con delle grosse lenti dentro ogni creatura del creato, anche uccidendole, pur di vedervi dentro. Un altro era un navigante incallito, era quello che aveva guidato la spedizione ed era riuscito, più a naso che a conoscenza, a risalire dal mare il fiume e dal fiume era arriv ato al lago. Un altro era uno che scriveva carte, disegnando i bordi dei monti, dei fiumi e dei laghi e scrivendo numeri su numeri per dire le larghezze e le lunghezze loro. Un altro era un mercante che aveva delle partite vecchie di tessuti e di liquori, che erano state un affare, e doveva smerciarle in mercati non troppo esigenti. La bella accoglienza ricevuta li confortò molto, soprattutto quella delle ragazze, visto che erano mesi che stavano navigando. Quando decisero di riprendere la navigazione restarono apparentemente i loro rifiuti, ma qualche mese dopo... anche qualche bambino e... ancora, dopo poco, anche qualche strana malattia alle donne che cominciarono a morire, e malattie con punti rossi ai bambini e anch'essi cominciarono a morire. Ma la notizia del grande, bellissimo e pescosissimo lago con i suoi strani abitanti mezzi vestiti e molto accoglienti e liberali, arrivò ben presto nelle città dei quattro stranieri. Un signore nella grande città, dove abitava quello che scriveva le carte, afferrò subito il grande affare che avrebbe fatto, lui che era proprietario della più grande flotta di pescherecci per la produzione di pesce, visto che i diritti sindacali l" nel suo paese stavano riducendo i suoi profitti e visto che la richiesta di pesce aumentava perché sempre più i bisogni alimentari della gente della città aumentavano. E trasferì" su due piedi il suo direttore di produzione sul grande lago perché trasformasse quei 'selvaggi' in buoni operai per produrre l" pesce in maggiore quantità e a costi inferiori. Detto fatto. E poiché erano 'selvaggi' al Direttore del peschereccio si aggregarono dei religiosi per farli diventare, quei 'selvaggi', un po' più civili e spirituali, visto che erano anche un po' troppo libertini! Gli abitanti delle tre nazioni-tribù che vivevano intorno al lago, anche sotto sotto sperando di poter comprare, le donne più tessuti già confezionati e, gli uomini più liquori, si trasformarono in operai salariati 'a posto fisso e salario assicurato', senza neanche che i capi, all'uopo ingraziati con regali e soldi dal direttore della nave peschereccio, avessero avuto bisogno di far grande opera di persuasione. Dopo un anno si presentarono altri Direttori con altri pescherecci di altre nazioni e fu allora che le famiglie, ormai certe che erano diventati anche loro un paese industrializzato e moderno, decisero di andare a vendere le loro barche, le loro lenze e le attrezzature per la conservazione dl pesce alla gente di altri villaggi sul fiume, visto che loro non ne avevano più bisogno, ora erano diventati operai salariati, e invece avevano bisogno di comprare molte cose che erano esposte in bella mostra nello spaccio che il primo Direttore aveva messo a fianco al fabbricato della lavorazione dl pesce e che venivano direttamente dalla città e dalla nazione ricca del Direttore. Dopo due anni cominciò a circolare la voce che era calata la produzione, ora bisognava aspettare che i pesci piccoli crescessero e quindi diminuiva la quantità di pescato. I vecchi del villaggio si permisero di sorridere, malinconicamente reprimendosi sulle labbra un 've l'avevo detto che non si può abusare di Madre Terra!'. L'impoverimento del patrimonio ittico, argomento discusso nelle Conferenze internazionali, qui diventava concreto e reale problema ambientale. Si aggiunsero poi le difficoltà finanziarie l" nel paese del primo Direttore, e intorno al lago cominciavano a sentirsi parole curiose come inflazione, borsa, oneri fiscali, che gli ex pescatori, ora diventati operai, dicevano un po' con sussiego e un p˜ con timore, capendo ben poco del loro significato ma intuendone i legami con la propria sicurezza lavorativa. Già un mese dopo la circolazione di queste strane parole, quando andarono a ritirare la paga si trovarono pagati con... un buono su cui era dato il permesso al magazziniere di consegnare loro trenta chili di teste di pesce, di vario taglio e qualità certo!, come equivalente, all'attuale tasso di cambio certo!, della loro paga mensile. Loro, che erano pescatori e che avevano mangiato sempre i pesci, ora erano costretti a mangiar teste di pesci, per di più dopo essersi abituati ai cibi importati, al latte in polvere, al pane, ai biscotti, alla fettina di vitello e a tutto il resto, vestiti, scarpe e ...anche liquorini! Fecero riunioni su riunioni, nominarono dei capi che avevano deciso di chiamare sindacalisti, per mandarli a parlamentare col Direttore, ma non vennero a capo di niente, anzi dopo sei mesi cominciarono ad esser licenziati e i primi furono i sindacalisti e i più turbolenti. In capo a un anno la prima fabbrica chiuse i battenti e il peschereccio grande e imponente risalì il fiume e prese il mare. Alcune pescherecci e fabbrichette più piccole rimasero ancora, ma licenziarono gli uomini e al loro posto assunsero prima le donne, per pagarle di meno, e poi i bambini per pagarli ancor meno. Naturalmente i bambini non potevano più andare a scuola. Naturalmente cominciarono a comparire i ventri gonfi ai bambini più piccoli, molti morirono per il latte in polvere molto abbondantemente diluito con molta acqua sporca e cominciarono a morire per una stupida diarrea, poi le donne si ammalarono, poi i vecchi cominciarono ad essere trattati brutalmente, erano delle bocche in più!, poi i padri, ora mantenuti dai loro figli di 10-12 anni che lavoravano al posto loro nelle fabbrichette piccoline, incominciarono a sentirsi dei vermi, mantenuti da mogli e bambini e... cominciarono a bere, a battere mogli e figli e a dimostrar la loro virilità con altre donne. Naturalmente questo clima di impoverimento e di rottura delle relazioni sociali avveniva all'interno delle tre nazioni-tribù. Quando poi si incontravano le tribù diverse allora incominciarono a guardarsi in cagnesco, costretti com'erano non solo a far lavorare mogli e figli ma anche a dividersi quel poco di lago, che dai capi tribù non era stato dato, dietro laute mazzette ovviamente, in concessione per 100 anni - con tanto di carta scritta e di documenti notarili - ai padroni stranieri, prima del grande peschereccio e poi dei pescherecci più piccoli. Delle divisioni e delle liti, che ormai intorno al lago erano sempre più frequenti e sanguinarie, vennero ben presto a sapere i fabbricanti d'armi dei paesi ricchi. Ai grandi mercanti di armi dei paesi stranieri, non gli pareva vero di poter smerciare l", lontano sul lago africano, un po' di produzione d'armi obsolete e vecchie di magazzino, un po' di invenduto, visto che ora la tecnologia aveva fatto passi da gigante in quel settore. Mandarono degli esperti in public relations che con la scusa di fare mediazioni tra le tre tribù-nazioni, ancor più fomentarono odi e vendette e con il nobile scopo, dicevano loro, di 'fare giustizia finalmente' gli vendettero i loro fondi di magazzino di armi, ormai obsolete per delle vere guerre moderne, ma ancora buone per quei selvaggi 'sempre in guerra tra di loro, cos" litigiosi, dicevano, e cos" incivili! Si massacrarono. Fu una carneficina. I grandi capi delle grandi nazioni del mondo fecero riunioni, risoluzioni, e poi ancora riunioni, per affermare che c'era il principio di non ingerenza da rispettare, c'era da rispettare la loro sovranità! Morirono in migliaia, moltissimi sfollarono nei villaggi vicini dove furono ammassati in campi profughi e si chiamarono le istituzioni umanitarie per gestire la situazione. Pochi, i più fortunati, riuscirono a scappare e ad emigrare nella grande nazione del primo Direttore della fabbrica di pesce. L", quelli che riuscirono ad entrare - avevano da poco chiuso le frontiere con un trattato che li garantiva dalle invasioni degli stranieri - furono ricevuti con diffidenza, con sospetto e li misero di nuovo in un campo per sfollati. Fino al rimpatrio! E l" nei container riflettevano, ricordavano il loro grande lago con le loro ricchezze, sognavano di. No! Non sognavano ormai che di morire!