UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

“Ho comprato un campo e devo andarlo a vedere, ti prego di scusarmi” (Lc 14,18) Le sfide per i cristiani impegnati nell’economia

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29 Marzo 2000

imento dell'ordine morale in eco nomia per evitare o colpire le frodi, i baroni ladri, le appropriazioni indebite, i falsi, gl'imbrogli, andranno non solo a vantaggio dei singoli ma anche dell'equilibrio economico della società. C'è un detto che sentenzia: "Il crimine non paga"; bisognerebbe modificarlo con l'affermazione: "L'etica paga" che è molto più positiva e far capire che comportarsi eticamente conviene per sé e per gli altri. Purtroppo abbiamo, attorno a noi, esempi che, a breve termine, dicono il contrario ma, a medio e lungo, tutto emerge e tutto si chiarisce. Se l'economia di natura propria è sociale, è anche necessariamente etica e razionale. L'economia immorale non può essere etica né razionale. Lo stesso vale per la politica. Oggi tutti parlano dei valori della trasparenza nella politica e nell'economia, ma questa può essere assicurata solo con il prevalere nella società di una cultura fondata su solide basi etiche. Noi cristiani, che abbiamo un patrimonio culturale formidabile che scaturisce dal vangelo e dalla dottrina sociale della Chiesa, quali colpe abbiamo per non essere stati severi, rigidi e intransigenti nel portare questo patrimonio nella società e per esserci adeguati a certe visioni sbagliate! Penso sia fondamentale tornare ai valori fondamentali, indelebili e naturali, iniziando dai giovani che oggi hanno desiderio di capire e di essere bene istruiti come forse mai nel passato, perché avvertono una grande confusione che rende tutti infelici e preoccupati. (Testo ricavato dalla registrazione e non rivisto dall'Autore)
Per millenni la storia dell'uomo è stata di una monotonia incredibile e anche di tragicità e ingiustizie incredibili perché pochi uomini hanno sempre dominato sulla stragrande maggioranza degli altri. Gli esseri umani si potevano dividere in due categorie: i soggetti e gli oggetti. I soggetti, per millenni, hanno rappresentato il 3-4% circa della popolazione mondiale, il resto erano una classe di oggetti, cioè sfruttati dai signori. Quando Luca scrive: "Ho comprato un campo e devo andarlo a vedere ti prego di scusarmi" (Lc 14,18), si riferisce ad un fatto eccezionale perché erano pochi quelli che compravano i campi, la ricchezza era statica e ristrettissima e non c'era alcun sviluppo sociale. Nessun Papa in questi millenni ebbe mai il coraggio di dire, come finalmente scrisse Leone XIII nel 1891, tutti proprietari perché la cultura era tale che chi nasceva povero doveva morire povero e chi nasceva ricco doveva morire ricco. Che cosa è successo nel secolo scorso? E successo che è partito lo sviluppo di tipo capitalistico. Dopo tanta preminenza della terra, come fattore della produzione, il capitale diventava un fattore d'evoluzione altrettanto importante se non, nel tempo, ancora di più della terra che era suddivisa nel modo più ingiusto che potesse essere dato. Il famoso detto biblico, la terra è di tutti, la terra è un bene comune, è stato per millenni contraddetto dalla realtà. Il capitale quindi è entrato in campo ed è entrato in campo in una maniera violenta, perché purtroppo il capitale non si può stampare. Ora lo sviluppo del 1800 partì con una forte necessità di creare capitale per poterlo reinvestirlo e questa necessità determinò uno sfruttamento spaventoso della massa lavoratrice, forse ancora più che nel passato, perché arrivammo addirittura a sfruttare i bambini nelle filande. Carlo Marx ebbe il merito di mettere il dito nella piaga, ma non riuscì a trovare, con la lotta di cla sse, la giusta soluzione che invece Leone XIII, nella Rerum novarum, individuò con una modernità incredibile, nell'alleanza fra capitale e lavoro. Don Sturzo scende in politica spinto dal messaggio profondamente "rivoluzionario" della Rerum novarum e dallo spettacolo di una povertà indecente e scandalosa, che aveva occasione di scoprire a Trastevere visitando le case per la benedizione pasquale 1895. In questo modo sorse in lui l'anelito di portare nella società la parola del Papa, il pensiero e l'azione. Diventato Sindaco di Caltagirone, applicando per 15 anni i principi della Rerum novarum rivoluziona la città dal punto di vista economico-sociale: la Cassa Rurale per sconfiggere l'usura, le cooperative di lavoro per dare più forza ai lavoratori, le cooperative di consumo per dare più forza ai consumatori. Questo strappo che parte dal 1800 con l'applicazione dei cosiddetti principi del capitalismo, è iniziato sfruttando l'uomo, dando però inizio ad una rottura del tessuto sociale che per secoli era rimasto intatto. Oggi il 18% della popolazione mondiale si può dire che stia vivendo, sotto il profilo materiale, in condizioni abbastanza decenti. Ma l'82% della popolazione mondiale vive ancora in condizioni miserevoli per cui, dopo circa due secoli di sviluppo capitalistico in cui il capitale è entrato, con un peso determinante, nel meccanismo dei fattori della produzione, siamo ad un livello, non dico di partenza, ma ancora profondamente ingiusto e dominato dalla povertà. Siccome la ricchezza non si può crearla che con un processo sociale ed economico, questo significa curare al massimo la formazione dell'uomo e della donna, la scuola e l'istruzione. Oggi siamo in grado di avere strumenti informatici formidabili per potenziare la formazione, ma li stiamo usando ancora al 5% rispetto al loro potenziale. Non c'è dubbio che questo squarcio continuerà nei prossimi secoli e continuerà a guadagnare spazio per cui emerge l'importanza della formazione del crist iano che agisce nell'economia e nella politica. Diceva Leone XIII verso la fine del secolo scorso: "La democrazia o sarà cristiana o non sarà". Con questa affermazione Leone XIII intendeva dire che non c'è solo la democrazia politica, che non basta arrivare al suffragio universale, ma che bisogna anche realizzare una democrazia economica. Le due forme di democrazia devono crescere insieme per funzionare bene entrambe, perché si condizionano a vicenda. Infatti, non potremmo avere un sistema politico ben funzionante se non c'è anche a fianco un sistema economico che possa produrre una diffusione della proprietà privata. Proprietà privata che nella Rerum novarum viene valorizzata non per essere fonte di egoismo, ma di altruismo, proprietà privata orientata al bene comune. Queste cose sono di una semplicità incredibile, il dramma è che noi cristiani per primi non siamo stati capaci di tradurre in pratica questo insegnamento. Sturzo nel 40° anniversario della Rerum novarum scriveva: "Purtroppo da parte dell'impresa libera non si è avuta una chiara concezione dell'apporto etico della scuola cattolico sociale, dell'importanza dell'insegnamento papale che spinge il capitalista a cercare la collaborazione di classe, insieme alla integrazione delle esigenze dell'altra parte. Ovviamente che spinge anche il sindacato movimento dei lavoratori a fare lo stesso. Oggi si punta troppo sul gioco di forza antagoniste e su di un interventismo statale che tende a dare in mano alle burocrazie l'economia del paese, tutto ciò è contrario sia allo spirito cristiano, che agli interessi nazionali e rende più costosa e meno efficiente l'elevazione del lavoratore che in fin dei conti è il compito primario di una società. Cercando di eliminare dalla vita economica tutti i rischi e tutti i dislivelli, certi sindacalisti di oggi tendono inconsciamente a sopprimere quella responsabilità personale che è il presupposto dei diritti e dei doveri, quanta irresponsabilità ai vertici e alla base del la società, quanta poca cultura delle responsabilità abbiamo iniettato. La responsabilità personale che è la vera sostanza di una comunità civile e cristiana". Anche Giovanni Paolo II, esattamente due anni fa, parlando al Pontificio Istituto della Cultura, affermò: "Se lo stato sociale funziona in maniera moderata si eviterà anche un sistema di assistenza eccessiva che crea più problemi di quanti ne risolva". Lord Beverdge, creatore con il famoso rapporto del '46-'47, del Welfare State in Inghilterra scrisse: "Lo Stato Sociale non deve soffocare gli incentivi, le opportunità e il senso di responsabilità dei lavoratori, ma piuttosto deve incoraggiare gli sforzi individuali per conseguire un livello di vita superiore agli standard minimi garantiti dalla previdenza sociale". In altre parole la previdenza sociale deve offrire uno zoccolo di sicurezza minima ai poveri, ma chi può fare per conto proprio dev'essere incoraggiato a farlo con grande senso di responsabilità. Se gli Stati Uniti, oggi, sono la potenza economica e politica mondiale numero uno, è perché, nel fare politica economica, hanno puntato proprio su questo punto. Negli USA, infatti, ci sono, 10.000 miliardi di dollari (18 milioni di miliardi di lire) investiti nei fondi pensioni privati, di proprietà di 100 milioni di lavoratori, cioè lo Stato Sociale ha seguito la ricetta Beverdge, vale a dire uno Stato Sociale moderato, temperato che dà spazio alla responsabilità individuale. Questi 18 milioni di miliardi di lire sono la spina dorsale dell'economia americana perché sono soldi di risparmiatori lavoratori che sono destinati all'investimento a lungo termine, per cui se l'America è un potenza come quella che è lo deve al risparmio dei lavoratori destinato all'economia reale e non all'economia dello Stato, all'economia del debito e della ridistribuzione. Questo è un punto fondamentale che don Sturzo aveva capito sin dall'inizio del secolo, tanto è vero che, seguendo le indicazioni di Leone XIII, è stato, nel 1920, il primo autore di un disegno di legge sull'azionariato operaio. Gli Stati Uniti si sono dotati, all'interno del loro paese, dopo la crisi di Wall Street causata anche da gente che truffava i piccoli risparmiatori, di regole di trasparenza, di leggi anti trust, di leggi sui mercati immobiliari, di leggi severe sulla gestione delle aziende dove lo Stato svolge il ruolo di arbitro del sistema e non di giocatore, creando le condizioni per un capitalismo partecipativo e popolare che sta portando i frutti. Il loro sbaglio sta nel fatto che quando le multinazionali vanno in Brasile, in Cina o in Russia, invece di portare i buoni principi che hanno acquisito nel loro paese si adeguano ai principi locali, per cui assistiamo a situazioni come il Brasile o l'Argentina, popolati di multinazionali americane, che non riescono a decollare perché queste non condizionano i loro interventi ad una legislazione economica buona e corretta, ma si adeguano ai principi dei "baroni ladri". Non può esserci liberismo dove non c'è il mercato, dove non ci sono le regole, dove non c'è lo Stato come arbitro ma solo "i baroni ladri" e la mafia. Negli anni '60 Kennedy ebbe l'idea di creare "il corpo della pace", formato da giovani che portavano in giro per il mondo il messaggio della pace. Oggi ci sarebbe bisogno di "un corpo della buona cultura", cultura di una sana economia sociale e di mercato che la dottrina sociale della Chiesa in tante encicliche, e soprattutto nella Centesimus annus, ha così ben descritto e che purtroppo noi cristiani non siamo stati capaci di portare nella pratica della realtà. L'Italia, sede del papato e quindi di questo patrimonio preziosissimo Chiesa, stranamente è anche il paese che meno ha capito questo messaggio ed ha sbandato verso quella dottrina che Leone XIII condannava, cioè il marxismo che ha fatto un gran male al nostro paese, perché ha fomentato una cultura anti-impresa e anti-mercato.
A proposito di sano liberismo voglio legge rvi alcune righe del manifesto di Tony Blear che lo ha portato al potere in Inghilterra: "La nostra politica è basata sulla collaborazione, sulla partecipazione e non sulla guerra tra padroni e lavoratori. Riconosciamo il valore della cooperazione come quello della competizione; la nostra sfida consiste nel cambiare terreno: non più il vecchio ambito del diritto sindacale, ma il nuovo terreno per la modernizzazione della nostra forza lavoro. Le migliori imprese considerano i lavoratori come parte dell'impresa, perché è indubbio che un miglior trattamento garantisce un più alto rendimento". Molti sindacati stanno abbracciando con entusiasmo questa nuova idea di partecipazione sociale abbandonando la concezione del conflitto. Noi italiani siamo stati purtroppo sommersi dalla concezione del conflitto, dal paradigma secondo cui quanto più conflitto si crea, tanto meglio si raggiunge il benessere per la società. In realtà abbiamo conseguito il malessere sociale e l'inefficienza economica.
La prima sfida per i cristiani consiste nel portare una buona cultura nella società, cominciando dalla formazione sia nella scuola che nei seminari. La scuola pubblica, però, non migliorerà finché non avrà lo stimolo di una vera concorrenza fatta da una forte scuola privata ovviamente fondata su principi che non siano fuorvianti. La grande sfida del lavoro, poi, sta nel fatto che il capitalismo brucia continuamente, nella sua evoluzione, vecchi posti di lavoro e vecchi tipi di lavoro, come ad esempio gli intermediari, i venditori. Fra 10-20 anni, secondo alcune proiezioni, compreremo quasi tutto tramite internet: acquisteremo il biglietto aereo, pagheremo la polizza di assicurazione, investiremo in borsa, ci faremo mandare dal supermercato la pasta… tagliando fuori dal mercato una classe intera, i famosi "middle men", i venditori, gli intermediari che oggi rappresentano una colonna portante dell'economia. Quindi mai come oggi per affrontare queste situazioni e migliorare la so cietà, abbiamo bisogno di una formazione continua, con una flessibilità mentale, che purtroppo in Italia non abbiamo insegnato ai nostri lavoratori, spiegando loro che non ci può essere garanzia a vita di un posto di lavoro. Questa è una realtà davanti alla quale non dobbiamo richiamare i principi morali, perché fa parte di un processo di miglioramento della società; pensate se non si fosse inventato il trattore, avremmo ancora i poveri contadini che andavano ad arare con i loro muscoli e con i buoi. Come potremo realizzare un mondo dove tutti siano soggetti, padroni della loro vita? Oggi c'è tanta gente che non è padrona della propria vita perché si perde o per troppa ricchezza o per troppa povertà. Sono convinto che avremo un basso tasso di sviluppo se continueremo a fare errori o un tasso più alto se sceglieremo le giuste regole dello sviluppo.
Non intendo affermare che tutto quello che si fa, per esempio nell'economia americana più sviluppata, sia giusto - non arriveremo mai alla perfezione - ma sappiamo che alcune cose funzionano e altre no per cui è giusto cercare di seguire, quanto più possibile, le regole che funzionano. La regola numero uno, quella più difficile e più vera, che emerge anche dal vangelo, è che, se non inseriremo, in modo stabile, valori etici nell'economia e nella politica, non potrà mai esserci quel giusto sviluppo di massa che auspichiamo si realizzi nel tempo. Diversamente si possono conseguire dei risultati, ma poi si perdono. Quante ricchezze prodotte anche con il successo dei mass media, si sono sciolte al sole, perché sono state prodotte e accumulate in maniera sbagliata!
Scriveva don Sturzo in Coscienza e politica: "Non si può negare che dall'osservanza della legge morale derivino vantaggi sociali assai maggiori di quelli che potrebbero derivare dalle violazioni della legge morale". Questa è la buona cultura che dobbiamo portare ai giovani, agli studenti, agli imprenditori. Il rigido manten