Il nostro primo bene comune
Ragionare oggi su DSC e Terzo Settore credo significhi innanzitutto piegarsi a considerare con grande serietà e umiltà il grande giacimento di generosità e gratuità presente in questo Paese e che non ha paragoni in Europa (bisogna guardare all’Africa o all’America Latina per trovare qualcosa di simile, ma là hanno molti meno mezzi). Dobbiamo guardare a questo patrimonio e considerare come esso sia frutto di una storia secolare (e di una storia in cui la Chiesa e i movimenti cattolici hanno avuto grande parte), che arriva sino a noi come grande eredità ma anche come un bene che possibile sperperare e buttar via. Un bene grande eppur così fragile perché affidato alle mani di questa generazione, affidato a noi. Piegarsi a riconsiderare, quindi, questo patrimonio perché questo è il nostro primo bene comune, cioè un bene, così come definito dalla DSC: “di tutti e di ciascuno, ciè che permette a ciascuno di esercitare la propria soggettività e i propri diritti, e per questo è indivisibile”.