UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Documento per la festa del 19 marzo 2002 (San Giuseppe artigiano)

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4 Aprile 2002

oere nza di fede di chi vi accede, pur tra mille ostacoli e condizionamenti. Per fare ciò chi lavora nel mondo artigiano, non solo ha una grande missione resa ancora possibile dall’aiuto dello Spirito di Dio, ma deve poter contare sull’aiuto della Chiesa, della comunità di cristiani, che lo accompagna nella sua esperienza di fede e non lo abbandona nella sua attività lavorativa e di commercio dei prodotti. Non basterà più l’invito all’onestà; i lavoratori dovranno essere formati come uomini di pace, operatori di giustizia, testimoni di fraternità universale, proprio nel e attraverso il mercato globale; dovranno sentirsi ambasciatori e annunciatori di opere di giustizia, di sostegno e promozione dei diritti in un modello di sviluppo per ogni e tutto l’uomo. (cfr. P.P.14) Il mondo artigiano, che può contare sulla dimensione umana delle sue imprese e sulle relazioni umanizzanti al suo interno, di fatto costituisce un laboratorio possibile per un contributo non indifferente ad una globalizzazione che non sia esclusivamente del mercato e del profitto. La festa del 19 Marzo può diventare appuntamento annuale per una riflessione sulla spiritualità, per un approfondimento e una ricerca di come persone e gruppi del mondo artigianale possano vivere la fede dentro situazioni condizionate dal mercato e farne una opportunità di evangelizzazione. Documento per la festa del 19 marzo 2002 (San Giuseppe artigiano) Preparato dal gruppo “Evangelizzazione del mondo artigiano e piccola impresa” “Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria…?” (Mc 6,3). Questo si chiedevano di Gesù i suoi contemporanei e concittadini. Gesù dunque era conosciuto per la famiglia a cui apparteneva e per il lavoro che svolgeva nell’ambito della società del suo tempo. Il suo lavoro, di cui nei vangeli non si parla mai tranne che per individuarlo, c’è da supporre che gli offrisse l’opportunità di incontrare persone e di testimoniare il Regno dei Cieli. Questo fa pensare la Laborem exercens, di cui il 14 settembre u.s. ricorreva il ventesimo anniversario, che così continua: “Gesù non solo proclamava, ma prima di tutto compiva con l’opera il Vangelo a lui affidato… Perciò questo era pure il Vangelo del lavoro, perché colui che lo proclamava era egli stesso uomo del lavoro, del lavoro artigiano come Giuseppe di Nazareth.” (L.E. n.26) Secondo la grande enciclica il lavoro umanizza l’uomo e il creato (n.4), e mette gli uomini in relazione fra loro, nella cooperazione al grande banco di lavoro che è la terra intera. (cfr. L.E. 14) “L’uomo è immagine di Dio, tra l’altro, per il mandato ricevuto dal suo creatore di soggiogare e dominare la terra. Nell’adempimento di tale mandato, l’uomo, ogni essere umano, riflette l’azione stessa del Creatore dell’universo.”(L.E.4) Da queste parole emerge la grandezza dell’uomo e del suo lavoro che è una esecuzione del mandato divino della signoria. Con il lavoro l’uomo imprime una immagine di sé nel creato, lo umanizza, gli dà una impronta del suo spirito. Nell’immaginario tradizionale il mondo artigiano esprime in modo significativo sia la dimensione umanizzante dell’arte espressa nell’opera prodotta, sia la dimensione umanizzante del lavoratore stesso e di coloro con cui, a causa del lavoro o tramite l’opera, entra in comunicazione. Oggi il mondo artigiano è ampiamente evoluto ed organizzato a li vello quasi-industriale. La differenza sta soprattutto nel numero di occupati nelle aziende. Queste, anche quelle artigianali, hanno bisogno di un marketing, di una progettazione, di un menagement, che le proietti nel mercato così come oggi si configura. La globalizzazione è ormai un concetto e un fatto conosciuto, e spesso troppo ideologizzato. Il mercato globale, infatti, ne è la realizzazione emergente, al momento dominata da logiche liberiste. I fenomeni di delocalizzazione delle imprese, finanziarizzazione dei mercati, attività senza controlli delle transnazionali, … sono sotto i nostri occhi. In questo contesto è cresciuto il frequente sfruttamento, senza alcuna tutela sindacale, dei lavoratori di zone povere per rendere concorrenziali i prodotti senza troppi investimenti di capitale. Con questo si compie una ingiustizia verso quei lavoratori e verso tutti coloro che ne soffrono la concorrenza. Una difesa dei loro diritti diventerebbe una difesa dei lavoratori a livello globale e una opera di giustizia. Il mondo rischia di essere governato nella logica del profitto invece di quella dei diritti umani. Il mercato, nel suo insieme di relazioni e di scambio, offre indubbi vantaggi facendo incontrare bisogni e beni materiali, opportunità di lavoro e allocazioni di risorse; ma deve mantenere la sua ragione di strumento in funzione della dignità di ogni uomo e della loro convivenza. Il pragmatismo, che privilegia la logica interna alle cose, può assolutizzare il valore degli strumenti fino a concepirli come finalizzati a se stessi; può portare ad ignorare l’esistenza di beni che, per loro natura, non sono né possono diventare semplici merci. (cfr. C.A. n.40). Qui si annida la tentazione della tecnica che presume il primato sui valori etici ed umani. L’uomo stesso rischia, non solo di essere considerato strumento del mercato, ma di diventarne un “prodotto”. Dopo i fatti dell’11/9/2001 un’altra tragica realizzazione della globalizzazione si è realizzata: il terrori sm o e la guerra globali, come da più parti si dice. Terrorismo e guerra che sarebbero una controparte e insieme una parte complementare di un “globo” dominato dalla economia, senza più sufficienti mediazioni politiche. Come vivere la fede cristiana in questi contesti e come vivere il proprio lavoro come testimonianza? La competizione e la necessità di trovare spazi specifici impone ritmi di produttività intensi e discontinui. Ciò assorbe facilmente ogni attenzione e tensione, con il rischio di rendere più disumanizzante anche il lavoro artigiano, facendogli perdere quella dimensione umana che le era tipica. Famiglia, interessi culturali e politici, impegni sociali, dimensione spirituale potrebbero passare in secondo ordine. L’impegno specifico è invece quello di mantenere o recuperare la vitalità umanizzante, favorita dalla dimensione a misura d’uomo, dell’impresa artigianale. In ciò è favorita la coscienza che l’impresa stessa non ha come scopo semplicemente la produzione del profitto, ma la sua stessa esistenza come comunità di uomini.(C.A.35) Le relazioni umane dentro le imprese possono dettare lo stile delle relazioni anche all’interno del mercato globale e possono diventare tramite di quella dimensione di solidarietà e di pace di cui il lavoro è di per sé portatore. Il mercato globale può evolvere in luogo, non solo di scambio di merci o di finanziamenti, ma di relazioni umanizzanti e in quanto tale anche di rispetto e riflessione dei diritti di ogni uomo e di ogni popolo, di contatto fra culture, etnie, fedi religiose; lo può se coloro che vi accedono e vi esercitano la loro attività, non isolano la ragione tecnica del mercato dalla dimensione integrale dell’uomo. Il mercato globale può addirittura diventare luogo della testimonianza di fede e di evangelizzazione. Vi può cioè, e vi deve essere testimoniato il vangelo, può diventare strumento di comunicazione di valori quali la pace, la fraternità, la cooperazione, la giustizia. Tutto sta alla c