UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Conclusioni: spunti pastorali

-
19 Gennaio 2000

reciprocità tra Chiese.
4. Nella prospettiva del Giubileo
Siamo nell'anno del Padre, l'ultimo in preparazione del Giubileo del 2000, durante il quale siamo invitati a riflettere, in particolare, sulla parabola del figliol prodigo, o meglio del Padre buono (cfr. Lc 15,11-32). Questo Padre buono è l'icona dalla pazienza e dalla magnanimità. La pazienza, nel senso biblico, è la capacità di saper aspettare, di guardare lontano; la magnanimità è la grandezza d'animo di chi sa andare al di là delle difficoltà e dei problemi del presente, secondo una prospettiva più ampia di salvezza. Di fronte alle difficoltà del mondo del lavoro ed anche della nostra pastorale, invochiamo il Signore affinché ci aiuti a resistere alle tentazioni di rinunciare o di ritirarsi maturando un vero atteggiamento di pazienza e di magnanimità anche nella nostra vita apostolica. L'augurio che ci rivolgiamo a vicenda è quello di riuscire a tradurre nel concreto delle nostre realtà alcune convinzioni che abbiamo maturato in questi giorni, affinché cresca e si sviluppi la volontà di progettare e di impegnarsi insieme in armonia e fraternità. 1. Ringraziamenti
Vorrei iniziare con un ringraziamento sincero al Signore che ci ha permesso di ritrovarci insieme: la fraternità, il dialogo, la volontà di costruire insieme sono doni grandi che il Padre dei cieli continuamente ci fa e che dobbiamo imparare ad apprezzare e a far fruttare. L'opportunità di lavorare insieme, l'occasione di confrontarci tra persone diverse, con tradizioni differenti che vengono da mondi anche lontani, la volontà di cercare e di progettare in comunione, nel nome del Signore e nella comune passione per il vangelo, sono altrettante offerte di grazia per cui vogliamo benedire Dio. Un ringraziamento sincero anche a S. E. Mons. Fernando Charrier che accompagna e sostiene con grande entusiasmo e disponibilità il nostro impegno pastorale offrendoci la ricchezza della sua esperienza e dei suoi consigli. Un grazie cordiale a tutti voi che provenite da Chiese diverse del nostro Paese e che siete espressione di un impegno pastorale di base, quello che incide nella realtà e fa crescere le comunità ecclesiali. In modo particolare, poi, vorrei ringraziare quelli che hanno contribuito alla realizzazione di questo convegno: la signora Leonarda che tutti noi conosciamo e stimiamo per la sua competenza e disponibilità e don Angelo, il nuovo collaboratore dell'Ufficio nazionale, di cui avete cominciato ad apprezzare la generosità.
2. Le problematiche di fondo
Una prima riflessione conclusiva che voglio proporvi riguarda alcune problematiche di fondo che, in questo nostro convenire, mi pare fossero presenti come sottofondo dei nostri lavori. Sono emerse, qua e là, nelle relazioni, nei confronti e nei dialoghi informali; si tratta di nodi non sempre pienamente risolti e che richiedono una tensione continua, nella convinzione che stiamo vivendo dei tempi originali e inediti, dove le risposte sono sempre meno immediate ed esigono molta ricerca comune.
1. Una prima sfida che mi pare opportuno mettere in luce è di carattere prevalentemente ecclesiologico. In ogni impegno pastorale, infatti, emerge con insistenza una questione: quale immagine di Chiesa, di comunità, vogliamo realizzare? Riflettere sulla Chiesa vuol dire affrontare una serie di bipolarità che la riguardano e che è difficile coniugare insieme, ma che sono presenti in tutta la storia della comunità cristiana. Talora, in queste bipolarità, si rischia di accentuare troppo una direzione a discapito dell'altra non realizzando a pieno il mistero della Chiesa. Vorrei presentarvi, brevemente, alcune di queste bipolarità con l'ausilio di immagini o icone.
a) Pietro e Maria, due icone della Chiesa La Chiesa è Pietro, vale a dire l'istituzione, la parola, i sacramenti… questa è la roccia. Ma la Chiesa è anche Maria perché la Chiesa è comunione, dialogo, fraternità... Ecco una prima bipolarità che segna tutta la storia della Chiesa e che oggi, talora, è fonte di una certa sofferenza perché viviamo un periodo in cui qualche volta sembra che l'icona di Pietro abbia il sopravvento sull'icona di Maria oppure che l'icona di Maria venga vissuta in una dimensione troppo intimistica e disincarnata. Questa bipolarità dobbiamo risolverla in modo corretto crescendo insieme anche attraverso una progettualità pastorale comune.
b) Marta e Maria C'è una seconda bipolarità nella Chiesa che traggo dall'episodio evangelico di Marta e di Maria (cfr. Lc 10,38-42). Una Chiesa che ai piedi di Gesù ascolta: "Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta" (v. 42). E la polarità della contemplazione e della preghiera. E dall'altra c'è Marta che è la polarità dell'azione, del servizio, della solidarietà. Questa seconda tensione attraversa anche la nostra esistenza perché ci rendiamo conto come sia difficile coniugare l'azione con la contemplazione.
c) La Chiesa come gregge e come popolo di Dio Il gregge per noi è un'immagine poco familiare, ma evoca una verità di fondo: la Chiesa è gregge perché ha un pastore che si prende cura di lei; nella Chiesa, infatti, è presente la dimensione istituzionale che ha in Cristo pastore il suo punto di riferimento e il suo modello. Ma la Chiesa è anche popolo di Dio, dove il principio fondamentale è l'uguaglianza che, nella diversità dei compiti, costituisce l'unico popolo che cammina verso il regno del Padre. Questa è un'altra bipolarità che, talora, è causa di sofferenza perché alcuni accentuano molto l'immagine del gregge, mentre altri assolutizzano quella di popolo di Dio. E' evidente che la questione del rapporto clero-laici passa anche attraverso la capacità di coniugare in modo corretto questa duplice tensione.
d) Cenacolo ed agorà La Chiesa è cenacolo ed è piazza (agorà). Nuovamente è una bipolarità presente in tutta la storia della Chiesa. La Chiesa continua ad essere cenacolo, il luogo dove ci si ritrova insieme per pregare, fare esperienza dello Spirito, della fraternità. Ma la Chiesa sa che non può identificarsi solo con il cenacolo, essa, infatti, è chiamata ad essere missionaria, ad andare nelle piazze degli uomini per annunciare la buona novella e far sì che altri uomini possano costituirsi in cenacolo di comunione fraterna e con Dio. Anche in questo caso avvertiamo delle difficoltà: alcuni assolutizzano il cenacolo rischiando la chiusura e il ripiegamento su se stesse delle comunità e delle associazioni; altri dimenticano la dimensione della fraternità si perdono nella diaspora delle piazze, incapaci di vivere la realtà della comunione. Nel nostro Convegno non abbiamo avuto la pretesa di risolvere queste tensioni, ma abbiamo preso coscienza dell'importanza di una corretta visione ecclesiologica, come condizione fondamentale per realizzare una vera progettualità pastorale missionaria ed unitaria. In questo impegno avvertiamo l'urgenza di ritornare alle grandi intuizioni del Concilio Vaticano II che costituiscono ancora oggi un punto di riferimento irrinunciabile.
2. Un secondo problema di fondo, di cui abbiamo valutato l'importanza in questi giorni, riguarda il versante culturale, vale a dire il contesto culturale della post-modernità che stiamo vivendo. Non abbiamo sviscerato il problema, ma siamo coscienti che viviamo tempi nuovi, di fronte ai quali non sempre abbiamo le categorie adatte per comprenderli. La caduta delle ideologie, intese come visioni chiuse della realtà che, per così dire, la forzavano costringendola in sistemi che opprimevano l'uomo, è certamente un fenomeno positivo. Non dobbiamo, però, dimenticare che gli uomini hanno bisogno di interpretare in modo corretto la realtà, elaborando categorie di lettura dei fenomeni dell'epoca in cui vivono, perché il rischio dell'assurdo e dell'incapacità di darsi delle speranze storiche aperte alla trascendenza costituisce uno dei pericoli più gravi per l'umanità. Come diceva ieri il cardinale Giacomo Biffi, nell'omelia, ci troviamo nella situazione di rimpiangere l'epoca in cui c'erano degli avversari intelligenti con i quali perlomeno c'era un dibattito. La domanda di fondo che emerge dalla gente in ogni ambiente è una domanda di senso e di significato. Il più delle volte non si risponde a questo interrogativo e si vive alla giornata, appiattiti sul presente e soffocati dalle cose. Il mondo del lavoro, poi, in modo particolare è segnato da questi cambiamenti culturali che incidono anche a livello strutturale e di scelte operative.
3. Le prospettive pastorali
Nel prossimo anno, il duemila, non ci sarà il consueto incontro dei delegati, in quanto è opportuno privilegiare le iniziative giubilari di cui ci ha già parlato S. E. Mons. Charrier. Non per questo verrà meno l'impegno di tutti per sviluppare il programma che abbiamo delineato in questi giorni. Il duemila potrebbe essere proprio l'anno propizio per un rilancio della pastorale sociale e del lavoro a livello delle singole Chiese locali, con particolare attenzione all'organizzazione regionale. Quindi non ci saranno grandi iniziative a livello nazionale se non quelle che il Giubileo proporrà, ma un'attenzione maggiore all'organizzazione regionale. Abbiamo bisogno, infatti, di tornare, attraverso una progettualità che parta dal basso, a rianimare una rete di rapporti tra le realtà locali e la realtà regionale e, a sua volta, con la realtà nazionale. Questa prospettiva di "regionalizzazione" e di diffusione alla base della sensibilità pastorale dovrebbe svilupparsi secondo le linee del progetto che abbiamo enucleato in questi giorni e in particolare secondo le seguenti indicazioni.
1. La centralità dell'evangelizzazione delle varie categorie dei lavoratori e della pastorale d'ambiente. Come è stato detto più volte, sono cinque gli ambiti di evangelizzazione dei lavoratori che sono stati aperti in questi anni con l'aiuto di altrettanti gruppi regionali. Sarebbe opportuno, soprattutto nell'anno giubilare, provare a diffondere questa sensibilità ai vari livelli attraverso: * un maggior impegno dei gruppi che curano gli ambiti di evangelizzazione delle varie categorie di lavoratori; * la creazione di una rete di collegamento delle esperienze in atto e di quelle in fase di partenza; * un coinvolgimento maggiore delle associazioni. Anche se il nodo del rapporto pastorale-associazioni non è ancora stato risolto, un passo avanti è stato certamente fatto e la direzione giusta è stata individuata per realizzare una maggiore sinergia; * la produzione di alcuni sussidi; ne avete già uno in cartella sull'evangelizzazione dei lavoratori dipendenti, mentre si stanno preparando quelli per gli altri ambiti. Sono strumenti molto semplici per diffondere la sensibilità e per proporre dei percorsi di evangelizzazione e di pastorale d'ambiente. Inoltre pare opportuno proporre un momento di approfondimento teologico sulla pastorale d'ambiente e offrire l'opportunità di un corso per animatori di evangelizzazione, a livello nazionale, da organizzare, anche con le aggregazioni laicali, per l'estate del prossimo anno. Queste ultime proposte dovranno essere valutate e verificate ulteriormente.
2. A proposito della formazione emerge in primo luogo l'urgenza di mettere a tema il primo livello della formazione all'impegno sociale e politico, livello che consente di realizzare una forma di trasversalità della pastorale sociale e del lavoro, collegandola con il catechismo dei giovani e con quello degli adulti. Inoltre sta crescendo, in modo significativo, da parte di molte aggregazioni laicali l'esigenza di una formazione specifica all'interno delle associazioni stesse, con particolare attenzione ai quadri dirigenti. Questo è un obiettivo che dovrà vederci impegnati ai diversi livelli (diocesano, regionale e nazionale) e che richiederà un lavoro più capillare e quotidiano, ma anche più significativo.
3. Per quanto concerne la spiritualità, sono due i suggerimenti che come Ufficio nazionale vorremmo riprendere e sviluppare. Il primo riguarda la centralità della Parola di Dio nella pastorale sociale e del lavoro, vale a dire come aiutiamo i cristiani a leggere la Parola incarnata nella loro storia, a comprendere che la Parola parte sempre da un contesto preciso. Il secondo suggerimento consiste nella riscoperta dello stretto legame esistente tra liturgia e lavoro, tra la lode a Dio ed il lavoro degli uomini. Anche in collaborazione con l'Ufficio liturgico, vorremmo sviluppare questa verità convinti che non è possibile un vero culto a Dio che non parta dalla vita concreta degli uomini.
4. A proposito delle opere la prospettiva di impegno pastorale che emerge in modo chiaro è, innanzitutto, la formazione religiosa degli operatori che prestano il loro servizio nelle opere. Inoltre le opere stesse possono diventare opportunità per l'evangelizzazione; le modalità possono essere le più diverse: dai gruppi di evangelizzazione dei dipendenti alle proposte specifiche nei confronti di alcuni utenti come ad esempio coloro che frequentano le scuole di formazione professionale. Infine le opere possono essere una valida occasione che permette ai cristiani impegnati nelle aggregazioni laicali di ritrovarsi per confrontarsi e per cercare di rispondere insieme ai bisogni della gente in una prospettiva di testimonianza. A livello nazionali sono tre anni che si è avviato un tavolo dove si ritrovano, una volta al mese, tutte le varie aggregazioni cristiane secondo le varie tipologie: associazioni, gruppi di volontariato, cooperative sociali, sindacati... con la prospettiva di un mutuo riconoscimento, di una maggiore collaborazione e di un vicendevole sostegno. Non si tratta di ricompattare politicamente il mondo cattolico, ma di impegnarsi affinché i credenti in Cristo ritrovino, anche nel modo di stare nel mondo, il criterio fondamentale della testimonianza, della comunione e della fraternità. Potrebbe essere una proposta interessante quella di riproporre forme simili di incontro a livello locale per aiutare le aggregazioni laicali a vivere insieme e a testimoniare con la vita e con le opera la comune ispirazione cristiana. In questa prospettiva l'idea di costruire insieme delle sinergie pastorali aprendo nuovi cammini è fondamentale perché certe divisioni presenti nel mondo cristiano possono veramente essere di scandalo per gli altri. Come credenti dobbiamo abituarci a parlare anche degli interessi e dei conflitti, che sovente sono presenti tra di noi, ed educarci a gestirli cristianamente. Ignorarli "pro bono pacis" è molto pericoloso e fonte di ulteriori divisioni e discordie. All'interno di questo ambito delle opere si colloca anche il progetto Policoro che ha l'obiettivo di aiutare le Chiese particolari ad affrontare il problema delle disoccupazione soprattutto giovanile in una prospettiva di evangelizzazione e di promozione umana attraverso una serie di proposte che vanno dall'evangelizzazione dei giovani in situazione di difficoltà, ai corsi di formazione e ai gesti di solidarietà e di