UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Il decalogo della pastorale del mondo del lavoro

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8 Ottobre 1998

questa causa; merita, carissimi fratelli, che ad essa vi dedichiate davvero "toto corde". Il risultato? Ma il risultato non dobbiamo, direi, mai pretenderlo in anticipo, perché dobbiamo lasciarlo al Signore, il quale ci domanda di lavorare, non ci chiede dei risultati; ci domanda di darci, non di essere graditi per ì risultati della nostra opera; anche quello, Dio voglia. Ma non è dai risultati che noi partiamo per un programma di assistenza religiosa nel mondo operaio, ma partiamo perché sentiamo il grande dovere, il grande bisogno, il grande amore, l'urgenza evangelica che ci spinge a questa dedizione, e cerchiamo di essere saggi, di essere sapienti, di essere formati, di essere moderni, di essere agili, di essere capaci, di modellarci secondo le circostanze che ci rincorrono, pur di essere efficaci; ma se l'efficacia mancasse, basta che ci sia il sacrificio della dedizione di noi stessi. Come vi dicevamo, sentiamo "compassione interiore", un affetto particolare, una partecipazione spirituale, personale e profonda, per questa vostra venuta, per questa vostra presenza, e vi siamo obbligatissimi perché siete venuti, e accettate di riprendere la conversazione, di trovare un'altra forma del vostro ministero, del vostro apostolato. Ma sappiate che la nostra affezione, la nostra solidarietà, la nostra "compassione", vi sono assicurate in Nostro Signore. Avevamo pensato tutt'altro da quello che vi stiamo dicendo, ma sarà per un'altra volta. Oggi vorremmo offrirvi una specie di decalogo della pastorale del lavoratore. Ed eccone i punti.[[br]] Il testo dell'intero decalogo è in allegato
(così come si é potuto raccogliere dalla viva voce del Santo Padre Paolo VI)[[br]] Ci è sempre facile, per grazia di Dio, dire quanto ci sia grato al cuore nell'incontrarci con chi è della nostra Chiesa, con chi è al nostro ascolto o con chi viene da lontano, o con chi è in particolari bisogni, ecc. Dobbiamo dire la stessa cosa, ma con un accento particolare, anche per questa udienza a voi cari fratelli, reduci da una grande bufera: animati da una grande voglia di ripresa. Vi vediamo molto volentieri, proprio per questo affetto che portiamo nel cuore da sempre, specialmente da quando, ragazzi, abbiamo frequentato gli ambienti del nostro movimento sociale, le nostre opere, le nostre associazioni; da quando sono state fondate le ACLI, subito dopo la guerra, con quale cuore, con quale speranza, con quale ardimento, con quali propositi, di autenticità, di fedeltà, di avere la ispirazione del Signore, per i bisogni che avevamo davanti, e per l'interpretazione dei sentimenti tumultuosi, ed anche tanto semplici, di chi aveva subito la grande tragedia della guerra e si rimetteva a lavorare. E' vero, noi vogliamo essere in armonia con tutti i pastori, i preti, i vescovi, e vogliamo assistere questa classe di lavoratori in una maniera più nuova, più cordiale, più netta, più specifica. Davvero, carissimi confratelli, noi sentiamo profondamente, oltre le parole che vi stiamo per dire e oltre gli atti che potremo fare, la vostra grande missione, la missione che la Chiesa vi impone: portare Cristo alla classe operaia; servire, amare, educare, formare la classe operaia. Cristo non deve essere estraneo a questa manifestazione della società. Invece di essere scoraggiati dalla situazione in cui ci troviamo, e dalle previsioni che è facile antivedere, dovete essere ancora più convinti, che la Chiesa vi manda, che la causa di Cristo per il bene del nostro prossimo, di questo nostro prossimo, lo esige. Merita dare la propria esistenza, la propria attività, dare la propria vita per

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