UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Linee per una progettualità comune

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19 Gennaio 2000

cumento "Chiesa italiana e Mezzogiorno: sviluppo nella solidarietà" e rilanciare, assieme al Progetto Policoro, i rapporti di reciprocità tra le Chiese del Nord e le Chiese del Sud, rendendo visibile quella fraternità, che è fondamentale per le Chiese, per cui si scambiano doni reciproci. Il Sud ha molte cose da dare al Nord e il Nord ha forse molte cose da dare al Sud. e) La 43ª settimana sociale dei cattolici italiani, si terrà nel mese di novembre a Napoli, con il tema Quale società civile per l'Italia di domani. Il documento preparatorio è in diffusione. A differenza dei documenti preparatori delle Settimane precedenti che erano a tesi, questo è descrittivo, perché il Comitato Scientifico-Organizzatore non ha voluto fare una sua scelta da proporre, ma ha preferito coinvolgere nella ricerca le diverse componenti della Chiesa.
Sono giunto al termine di quanto vi volevo comunicare. Talora, di fronte alle difficoltà, siamo tentati di lasciarci prendere dallo sconforto. Anche a me è capitato più volte nel passato. Credo sia importante prendere in mano il brano del vangelo dove si racconta della pesca miracolosa, quando Gesù chiede agli apostoli: "Avete preso qualcosa questa notte?… gettate le reti!" E poi non potevano neanche tirarle a riva… . E' importante comprendere che c'è chi semina e c'è chi miete, ma chi dà incremento è Dio . Oppure che qualche volta si semina piangendo, con difficoltà - i primi tempi della pastorale del lavoro non vi dico che non ci siano venute le lacrime agli occhi…- ma si ritorna con giubilo, portando i covoni . A questo penso sempre; ecco perché la malattia della pastorale del lavoro mi ha preso tanto e non riesco a guarirne! 1. All'inizio una constatazione: il nostro cammino sta maturando, e chi ha iniziato questa fatica vede, con gioia, che i germi seminati, con l'aiuto di tutti, ma specialmente di Dio, stanno dando frutto. Mi sto accorgendo, infatti, che sta crescendo la convinzione che la pastorale sociale e del lavoro è indispensabile per il cammino del regno di Dio in questo mondo, in quanto si basa su una spiritualità, non più statica, incapace di interpretare i cambiamenti, ma dinamica, che sorge dall'esperienza del popolo di Dio e di coloro che operano in esso. Una spiritualità ancorata ad una ecclesialità secondo il Concilio Vaticano II, dove la Chiesa non è vista solo come istituzione - che proprio per la sua inevitabile pesantezza potrebbe comportare qualche difficoltà - ma, per la vitalità dello Spirito di Dio che agisce in lei, come popolo di Dio in cammino di cui tutti noi facciamo parte. Camminiamo quindi con una ferma fiducia in Dio - che ci ha chiamati a lavorare nella sua vigna - ma anche nell'uomo. Non demonizziamo nulla, viviamo in alleanza con l'uomo, con quell'atteggiamento che ci ha raccomandato, ieri mattina, il cardinale Giacomo Biffi, cioè con quella pienezza di interiorità che ci permette di dialogare con tutti, con la capacità di rispettare tutti e, al contempo, con il coraggio di vivere l'evangelizzazione non come conquista o crociata, ma come proposta fatta di parole e di gesti. Ci guida una speranza incrollabile fondata sulla parola del Signore Gesù: "Nel mondo avrete da soffrire, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!" . Lui ci ha resi capaci di vincere se parteciperemo alla sua morte in croce e alla sua risurrezione.
2. Convinto di quanto detto, mi permetto di fare una prima proposta. Quando si celebrò nel 1976 il convegno Evangelizzazione e promozione umana, si è scelto di operare facendo "i monaci delle cose", non solo affrontando un problema alla volta, ma perché si intende operare alla luce della fede e della consacrazione per il regno di Dio. Un simile stile di vita e di agire è utile, e forse necessario, nella presente società complessa e confusa. Questo Convegno è un momento di sintesi e di rilancio. Si è partiti dal cammino fatto negli anni passati - l'evangelizzazione, il ruolo dei laici, l'impegno della parrocchia, la formazione, la realtà del lavoro che cambia e che manca - e, come il "l'amministratore fidato e prudente" del vangelo che rimane desto e amministra con fedeltà i beni del padrone - , ci siamo arricchiti delle conquiste del passato inserendole nel cammino del progetto culturale della Chiesa italiana nel desiderio di dare una risposta ai profondi problemi che il mondo sociale e del lavoro oggi vive. Per rilanciare una nuova missionarietà, ci vogliono contenuti, metodi e missionari. Dobbiamo, quindi, riscoprire la chiamata a portare Cristo, "scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani", nella novità che sta emergendo sia nel campo sociale che del lavoro. Per noi la pastorale non è mai stata intesa come pastorale di mantenimento, ma di innovazione permanente. Questo lo diceva, già, Paolo VI nel Decalogo ai sacerdoti della pastorale del lavoro: "..bisogna che io vada, esca. Mi metto in cammino, divento pellegrino in cerca della pecorella non smarrita, ma lontana" . Questa la sollecitudine che il Papa che voleva comunicarci: lasciare da parte gli schemi, magari superati, e incamminarsi con coraggio sulla strada del rinnovamento e della conversione pastorale. Cerchiamo di favorire l'inserimento, da protagonista, del laico singolo e associato. Questo, sovente, non avviene - come abbiamo sentito dai gruppi - per due ragioni. A volte la Chiesa è chiusa in se stessa e il clero ha paura che il laico rubi qualcosa (e finalmente glielo rubasse perché credo che l'80% di ciò che fanno i sacerdotii non è da sacerdoti... possono farlo altri!) e, inoltre, non sempre le associazioni sono disposte a vivere in pienezza la dimensione dell'ecclesialità.
3. Ecco due conversioni da op erare: convertire la Chiesa a questa pastorale e le associazioni a sentirsi una famiglia unica, pur nella loro autonomia delle scelte e di organizzazione. Ciascuno è una ricchezza nella Chiesa, ricchezza viva, se si presenta nella sua identità e in cammino con gli altri. Questa progettualità comune ci siamo posti come obiettivo in questo nostro Convegno: la tensione che ciascuno, secondo la propria natura, cammini verso l'unico traguardo, sentendosi, prima di tutto, Chiesa. Ricordiamoci che anche le aggregazioni dei laici non sono fine a se stesse, ma sono finalizzate al regno di Dio, secondo il loro carisma di evangelizzazione o di animazione cristiana delle realtà temporali. La Chiesa, perciò, non deve chiudere la porta a questi che sono i nuovi fermenti. Nella nostra pastorale ci sono molti documenti che rischiamo di dimenticare. Ricordate certamente quello del 1987, "Chiesa e lavoratori nel cambiamento", dove parlando dei laici si dice: "Quando nella Chiesa si parla di laici non si intende, e non si può far riferimento a cristiani di serie B, costretti a corrompere la purezza della fede, a scendere a compromessi con la realtà, con la storia, spesso considerata come elemnto negativo. I laici sono invece i discepoli del Signore, chiamati a vivere la fede nella realtà di tutti gli uomini e di tutti i giorni, cioè nella famiglia, nella società, nel lavoro, nella cultura, nell'economia, ecc." Se questa idea fosse passata, forse, le barriere dall'una e dall'altra parte non ci sarebbero o sarebbero cadute.
4. Circa i percorsi per una progettualità missionaria comune, avrei poco da aggiungere. L'evangelizzazione delle varie categorie dei lavoratori è certamente una delle fondamentali presenze pastorali nel mondo del lavoro. Se non ci sono questi gruppi che fanno fermentare e lievitare la realtà del lavoro, la nostra pastorale camminerà sempre zoppa oppure sarà una pastorale troppo clericale. Già Pio XI sosteneva che "i primi e immediati apostoli degli operai devono essere gli operai", come " gli industriali e commercianti gli apostoli degli industriali e degli uomini del commercio" . Emerge quindi l'importanza della formazione e della spiritualità, da coniugare con la testimonianza delle opere. E ancora il problema di "Evangelizzazione e promozione umana". E' necessario riprendere gli Atti del 1976 per comprendere come si debba realizzare questo legame tra l'evangelizzazione e la promozione umana, anche per non correre il rischio di fare molta promozione umana e poca evangelizzazione. Bisogna essere attenti a non sostituire la parrocchia con un centro di servizi. Essa è un Centro di evangelizzazione ed è in nome di Cristo che si deve fare tutto, anche attività caritativa e promozionale. Questo deve essere chiaro e visibile: è Cristo che parla e che opera, non le nostre opere! Per questo è necessaria una progettualità comune, di modo che le Chiese camminino con l'aiuto delle aggregazioni laicali e le aggregazioni in sintonia con le Chiese. Così diventa anche possibile un radicamento del progetto culturale che aiuti a comprendere che c'è un modo di giudicare, di ragionare e di intervenire sulle problematiche della finanza, dell'economia, della politica e del lavoro, quello secondo il disegno di Dio: di costruire, cioè, un mondo più giusto e più fraterno attraverso il sacrificio e il contributo di tutti. Un'altra maturazione della nostra pastorale, in questi anni, si è realizzata mettendosi in sintonia con altre pastorali che hanno un radicamento nella realtà della vita: la catechesi, la liturgia, la carità... Queste interazioni sono indispensabili e facili da realizzare nelle diocesi. E' tuttavia emblematica e indispensabile una collaborazione, come già avviene, anche a livello regionale e nazionale; tutto ciò deve essere consolidato e proposto come cammino per tutte le Chiese che sono in Italia.
5. Dal 2000 la nostra Commissione Episcopale e l'Ufficio nazionale diventeranno "per i problemi sociali, il lavoro , la giustizia e la pace" con un riferimento anche alla salvaguardia del creato. Per un ordinamento voluto dalla Santa Sede, nella riorganizzazione delle Conferenze Episcopali, le Commissioni Episcopali, fatte da Vescovi, potranno avere molti esperti al loro interno, mentre le Commissioni Ecclesiali sono state abolite. Questo ventaglio di obiettivi - finanza, economia, lavoro, politica, giustizia, pace, custodia del creato - in realtà confluiscono su un tema centrale, la persona umana. E' l'uomo, infatti, che crea un'ecologia già dentro se stesso per poi realizzarla esternamente; è l'uomo che matura un cuore di pace per fare la pace; è l'uomo che crea una cultura di lavoro e di solidarietà, per viverla e testimoniarla nel mondo. In riferimento a questi ambiti della nostra pastorale deve maturare, per necessità, anche un nuovo atteggiamento verso la società civile, dove esistono spazi liberi di intervento e di responsabilità, dovuti, in parte, al crollo di una certa visione politica. E' fondamentale che questa società civile, la società dell'uomo reale, possa sempre più esprimersi secondo il principio di sussidiarietà. Questo comporta, indubbiamente, un rilancio della formazione, secondo la Nota pastorale "Le Comunità cristiane educano al sociale e al politico", una formazione globale della vita dell'uomo. Quello che ci aspetta è certamente molto impegnativo, ma non ci manca, di sicuro, la buona volontà e la decisione. Se abbiamo scelto la priorità dell'evangelizzazione ed abbiamo capito la necessità di una pastorale di ambiente, se abbiamo compreso il protagonismo dei laici, singoli ed associati, sono convinto che la collaborazione tra noi dovrà crescere. Non importa se agli inizi ci sarà ancora un "dialogo conflittuale", purché ci sia un dialogo; la ricerca della verità, qualche volta, avviene anche nel contrasto delle idee o degli obiettivi, purché ci sia lo spirito di collaborazione tra le varie componenti della pastorale sociale e del lavoro: gli uffici, le Scuole di formazione all'impegno sociale e politico, le aggregazioni laicali. Questo impegno ci aiuterà anche - quando mettiamo in piedi delle opere - a far sì che queste siano manifestazione dell'amore di Dio per la gente e diventino emblematiche di uno stile diverso di stare nel mondo. La Chiesa non si accontenta di intervenire nelle necessità degli uomini, ma vuole anche cambiare la realtà, perché si correggano le cause di tanti mali che fanno soffrire la gente e in particolare i lavoratori.
6. Come conclusione vorrei accennare a cinque impegni, ad ampio raggio, che ci aspettano:
a) Dalla Santa Sede sono stati affidati a noi i tre Giubilei del mondo del lavoro perché dessimo loro un tono originale: quello degli artigiani il 20 marzo, quello dei lavoratori il 1° maggio, quello del mondo agricolo e dell'ecologia il 12 novembre. Qual è il tocco originale? Innanzitutto una specie di ecumenismo sul piano ideale. Vorremmo, infatti, che fossero un incontro dei lavoratori in quanto lavoratori, prima ancora che in quanto credenti per realizzare una reciprocità a livello mondiale e capire quali sono le situazioni di difficoltà che si vivono. Non possiamo dimenticare che Gesù Cristo ci chiederà: "Dov'è tuo fratello?" ; che ne hai fatto? Quando avevo fame di lavoro, cosa hai fatto? Mi hai dato da mangiare? Hai fatto qualcosa? . Vorremmo, inoltre, proporre dei gesti concreti che siano permanenti ed espressione di un cambiamento solidale. Non vogliamo incentrare tutto sulla celebrazione, anche se questa rimane punto di riferimento, ma sulla dimensione sociale del Giubileo, che è sempre stata proposta come un'idealità concretizzata nel vangelo, là dove Cristo ci ha chiesto di essere fratelli di tutti e di immedesimarci nei più piccoli. b) Uno dei gesti a cui vogliamo partecipare è quello della Campagna ecclesiale per la remissione del debito dei Paesi più poveri. Riguardo a questo, due notizie. Quando la Chiesa italiana è partita con il suo progetto, l e altre Chiese - specialmente quelle europee - non avevano ancora affrontato il problema con proposte concrete, ed era in silenzio anche il mondo politico. Ormai queste due barriere sono cadute. Il G7 ha accettato di mettere in discussione anche questo problema. Il 14-15 giugno discuterà proprio di questo per valutare che cosa le nazioni più ricche possono fare. Questo G7 viene preceduto da un incontro di Vescovi: uno per ogni nazione più altri provenienti dai Paesi in via di sviluppo. Si troveranno a Colonia per prepare un documento che esprima quello che le Chiese intendono fare. Vedremo cosa si dirà a Colonia; la Presidenza della CEI mi ha delegato a rappresentare l'Italia. Per l'anno giubilare, potremmo fare questa scelta di fondo, senza escluderne altre. Per esempio la regione Piemonte ha deciso, con gli artigiani, di mettere in piedi alcune iniziative e attività nel Burkina Faso per aiutare quel popolo a sviluppare l'artigianato che è anche principio di democrazia. Di iniziative ce ne possono essere anche molte altre, senza dimenticare il progetto Policoro. c) Il terzo impegno a largo raggio è il Vademecum. I vescovi del Consiglio permanente mi hanno chiesto - e attraverso me a tutta la pastorale del lavoro e all'Ufficio nazionale - di riaggiornare il nostro itinerario di pastorale sociale e del lavoro. Occorre studiare un itinerario molto concreto che, a partire da una lettura sapienziale della realtà del lavoro, individui alcune scelte prioritarie di pastorale del lavoro e una prassi da mettere in atto. Ci sono gruppi che stanno lavorando in collaborazione con l'Ufficio nazionale; sta riflettendo la Consulta nazionale della pastorale sociale e del lavoro, come pure la Commissione Episcopale. Speriamo di averlo per l'inizio del 2000. Se riusciamo, vorrei presentarlo ai Vescovi al Consiglio Permanente del gennaio prossimo. d) Il Convegno che si terrà a Taranto dall'8 al 10 ottobre 1999 vuole celebrare i dieci anni del do