UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

‘Vino nuovo in otri nuovi’ – Schede di prima evangelizzazione per gruppi di lavoratori delle pubbliche amministrazioni

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23 Novembre 1999

ati a sviluppare
2. Obiettivo delle schede: strumenti di prima evangelizzazione che consentano la costituzioni di gruppi di lavoratori e lavoratrici della PA a partire dalla loro vita e dalle sfide che devono affrontare in una prospettiva cristiana e di valore.
3. Metodologia classica del vedere, valutare, agire, celebrare. E' bene nel valutare inserire anche spunti per l'approfondimento dei problemi alla luce della nuova legislazione.
* la vita, la situazione di partenza: comprensione del problema e delle sfide valoriali connesse * confronto con la Parola di Dio e la dottrina sociale della Chiesa * spunti e stimoli per la conversione e il cambiamento * proposte per la riflessione ulteriore e la preghiera
4. Indice delle schede
1. Al di là della carta bollata. Il lavoro nella PA oggi tra efficienza ed efficacia. 2. Cambiare tutto perché non cambi nulla. Le Bassanini alla prova. 3. Lei non sa chi sono io! Esperienze e valori nel contesto attuale. 4. Al di la delle Bassanini. Dalle leggi alla legge evangelica 5. Chi fa da sé non fa per tre! Solitudine e collaborazione nella PA 6. Preparando gli otri nuovi. Quale etica professionale per un cambiamento della società?

Presentazione
Questo strumento di riflessione, che vi è offerto dall'Ufficio Nazionale per la Pastorale Sociale e il Lavoro, della Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.), ha avuto una preparazione lunga e laboriosa. Il gruppo di lavoro che lo ha redatto ha operato col proposito di attivare la più larga cooperazione possibile; col contributo coordinato di diversi operatori pastorali che operano direttamente con i lavoratori, dirigenti e non, nelle diverse realtà della pubblica amministrazione; con la fiducia di potere delineare un quadro, il più articolato e aderente possibile alle condizioni delle persone che svolgono la loro attività nella Pubblica Amministrazione (P.A.) La proposta che ne è emersa, e che viene offerta nelle schede che seguono, è da considerarsi positiva. Si tratta , in assoluto, del primo tentativo di sussidiazione a gruppi del pubblico impiego. Dato il momento particolare che i lavoratori nella P.A. attraversano - passaggio dal pubblico all'attività organizzativa di diritto privato, assunzione di normative nuove e diverse, attese e prospettive personali che si modificano nel percorso dell'iter lavorativo, speranze disattese, ecc.- queste schede colgono uno spaccato, al momento abbastanza travagliato, sul quale è doveroso riflettere con amore per non smarrire la speranza. La responsabilità che nasce dalla fedeltà alla propria vocazione cristiana, la testimonianza della propria fede che non delude, il desiderio profondo di condividere in termini propositivi le istanze che emergono dalle riforme avviate, ci ha portati tutti insieme - laici e sacerdoti - a questo esito che ora sta nelle vostre mani. I contenuti proposti non sono totalmente esaurienti, tuttavia sono ricchi di spunti e di sussidi per la riflessione. Non si poteva trattare di tutto e in modo completo; ma, a partire dalle tracce offerte si può spaziare sul vasto orizzonte del pubblico impiego, confrontando situazioni e impegni personali o di gruppo. Gli approfondimenti indicano molte direzioni: i rapporti con i colleghi e gli utenti; la capacità di ciascuno di esplorare meglio la realtà e le potenzialità del proprio ambiente di lavoro, per rapportarlo alla propria personale esperienza, all'ascolto di quella altrui e, in definitiva, ad un riferimento normativo più autentico come può essere la Parola di Dio per ogni credente. Quest'ultima sarà dunque la sorgente di ogni impegno missionario, la guida luminosa che orienta i nostri passi, i passi che si compiono nel gruppo e nella comunità ecclesiale.
Un pensiero di S. Giovanni Crisostomo, tratto dai Discorsi, dice: "Non giudicate senza prima approfondire la faccenda. Imitate Dio che disse: "Scenderò e vedrò"". Questo pensiero indica e suggerisce un'azione di partenza indispensabile per ogni impresa missionaria: uscire dal proprio mondo individuale per entrare in quello di tutti coloro che stanno accanto a noi, di fronte a noi, in fila come noi, davanti ad uno sportello, alla mensa o alla cassa del supermercato, nello stesso contesto di vita quotidiana. Acquisire la capacità di "approfondire la faccenda" non è cosa di poco conto, portare a conclusione una "faccenda" sarà una soddisfazione non piccola, ma anzitutto un dovere di giustizia e di coerenza etica. Scendere per "vedere" ci riporta al gesto di condivisione e di comunione che esprime in modo plastico e concreto il modo di entrare di Dio nella esistenza di ogni persona; esprime la passione profonda di ogni uomo per il suo simile. Un modo concreto di evangelizzare, nuovamente, l'uomo di oggi a partire dal vissuto. Giovanni Paolo II nell'omelia della vigilia di Pentecoste di questo anno 1999, in piazza S. Pietro, ha detto: "Nessuna realtà è impenetrabile al Vangelo; anzi Cristo risorto vi è già misteriosamente presente, mediante il suo Santo Spirito". Il Papa ha rivolto queste parole ai fedeli della diocesi di Roma e, specialmente, ai missionari che concludevano una fase della missione promossa per l'anno giubilare. "Nessuna realtà è impenetrabile al Vangelo". Nessuna, nemmeno il pubblico impiego; e la pervasività del Vangelo avviene in forza della fede in Cristo e del dono dello Spirito che plasma l'agire degli uomini. Se non colleghiamo il nostro agire alla fede non possiamo essere e rimanere fedeli né all'annuncio del Vangelo che ci proponiamo di fare ai colleghi di lavoro; né alla possibilità che l'annuncio si trasformi in una testimonianza vera. Dobbiamo avere il coraggio di annunciare Cristo risorto e di camminare secondo lo Spirito, i cui frutti sono: amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza... e dominio di sé (Gal 5, 22). In questa prospettiva risulta, allo stesso tempo, molto importante sia il "che cosa devo fare" che il "chi devo essere" (che cosa devo diventare, perché la mia vita sia una risposta al dono della fede?). La fede non si identifica con una eredità da consumare all'interno della mia esistenza personale, o di una associazione, o del gruppo a cui appartengo. Essa, al contrario, deve diventare una proposta per gli altri e una spinta per l'impegno missionario. Questo ci porta ad affermare che i due aspetti della fede, quello personale e quello comunitario, si richiamano l'un l'altro e ci spingono ad andare incontro alle persone con le quali siamo ogni giorno a contatto, nella famiglia e nel luogo di lavoro.
Negli Atti degli Apostoli si parla a lungo della conversione del pagano Cornelio (10, 1-48; 11, 1-18): l'insegnamento fondamentale di quell'episodio è che "Dio non fa differenza di persone." L'apostolo Pietro entrando nella casa di un uomo pagano e mangiando con lui compie un gesto che scandalizza i fratelli della comunità di origine ebrea. Commentando questo brano il biblista Maggioni scrive: "In realtà Pietro ha esitato e il fatto che abbia sentito il bisogno di giustificarsi mostra la difficoltà che i cristiani hanno incontrato nel rompere con la mentalità corrente. E mostra che tale difficoltà non era solo pratica, riconducibile all'egoismo, ma teologica, riconducibile a un'errata formazione religiosa". La stessa difficoltà affrontata da Pietro ce la ritroviamo, ancora oggi, quando la pastorale rimane impostata in modo tradizionale ed è poco attenta ai "vicini" e/o a quelli che si trovano ai "margini", per non parlare dei "lontani". Forse ci è difficile riconoscere che abbiamo sbagliato? Oppure è ancor più difficile per noi "rendersi conto che Dio non fa differenza di persone"? (At 10, 34). La parola di Dio ci invita ad uscire dall'angusto spazio della nostra religiosità individualista per ricuperare la larghezza della verità che ci fa liberi, in Cristo. Quanti "Cornelio" abbiamo incontrato nel cammino della nostra vita? Siamo capaci di chiamare attorno a noi "congiunti e amici intimi" per ascoltare, senza invidia, che "chi teme Dio e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto"?( At 10, 35) Quanti attorno a noi sono in attesa di "qualcosa" a cui non sanno dare un nome preciso? Quanti attendono una "parola" dalla Chiesa e se gli offri l'occasione di un dialogo, immediatamente ti interpellano? Incontri di questo tipo non mettono in crisi la logica pastorale dell'attesa all'interno dei confini della chiesa parrocchiale? Dobbiamo o no andare al di là del nostro recinto religioso e puntare decisamente sulla forza missionaria della fede? La comunità cristiana ha la missione di indicare le vie che conducono a Cristo e la Chiesa non può limitarsi a dare risposte che si collocano nell'orizzonte delle pur legittime aspirazioni terrene. Anche all'interno dell'ambiente di lavoro la fede è uno stimolo per l'incontro, la comunione, la condivisione dei problemi che la realtà ci pone; essa è il fondamento per riconoscere l'inalienabile dignità della persona umana e per denunciare ogni sopruso dell'uomo sull'uomo. Contestualmente, la fede ci chiama a invitare gli uomini e le donne a vivere secondo il Vangelo, a cercare il regno di Dio e la sua giustizia.
Proponiamo le schede come uno strumento di formazione personale e di gruppo. Esse sono un sussidio per l'evangelizzazione dell'ambiente, della mentalità e della cultura radicata nel pubblico impiego. Sono una proposta di riflessione aperta a tutti: ai credenti, ma anche ai non-credenti, che stanno sulla soglia o ai margini della comunità ecclesiale e desiderano fare un passo avanti verso la fede. Le schede rappresentano un sussidio prezioso per quanti sono consapevoli che debbono cogliere l'opportunità di dare un senso al contatto quotidiano con decine e decine di persone, colleghi di lavoro compresi; per quanti credono che la fede, autenticamente vissuta, li spinge ad uscire allo scoperto, a manifestare le opere della fede e a interpretare il proprio "servizio" agli uomini come il percorso della personale salvezza e santità.
Don Tonino Bello, nel suo ultimo libro La speranza a caro prezzo, (Ed. S. Paolo), racconta, con la sua penna ispirata, la piccola storia di una visita nella baracca di un barrio di Bariloche, in Argentina. Una piccola storia, ricca di profondi significati umani e religiosi:
- Fui incuriosito da un libro aperto sul tavolo, accanto a una pila di piatti e di scodelle. Lo presi tra le mani e lessi sulla copertina: El Santo Evangelio de Nuestro Señor Jesùcristo. Ebbi un soprassalto di commozione. Mi sembrò di essere entrato in casa di parenti, e provai a dire alla donna: "Sono molto felice che voi leggiate il Vangelo". Fu allora che lei, rimasta in silenzio fino a quel momento, aprì la bocca e mormorò con un filo di voce che mi ha rigato l'anima e non si è cancellato mai più: "Unica esperanza para nuestra pobreza". Unica speranza per la nostra povertà!
Schema del sussidio
1. I destinatari: i lavoratori delle pubbliche amministrazioni nelle mutate situazioni e a fronte della nuova cultura del lavoro che sono chiam