UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Senza perderci nel villaggio globale. Il lavoro personale come fonte di pace e di serenità

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29 Marzo 2001

Antonino da Firenze, da san Giovanni Bo sco a san Leonardo Murialdo, per citare solamente quelli più rinomati. Il cristiano sa che per non smarrirsi nel villaggio globale, oltre all'impegno per la difesa della dignità dell'uomo e alla necessità di una nuova cultura della solidarietà, è fondamentale un'autentica spiritualità che ponga al centro della vita Gesù Cristo, "il vangelo stesso del lavoro" . In questa prospettiva spirituale che muove dall'impegno per una mirabile sintesi che si ispira all'esperienza di Nazareth, il lavoro diventa, al contempo, luogo di realizzazione e di santificazione personale, ambiente privilegiato per l'annuncio e la testimonianza di fede, territorio di dialogo e di ecumenismo con tutti gli uomini di buona volontà, compito di progresso solidale e di custodia del creato. Gesù è stato definito "il poeta e il profeta del lavoro" non perché abbia detto qualcosa di particolare a riguardo del lavoro, ma perché dalla sua esperienza e dal suo insegnamento, contenuti nei vangeli, emerge un'attenzione specifica al lavoro, colto nei suoi molteplici significati e nei suoi rimandi alla realtà che lo trascende. Il lavoro, esperienza profondamente umana, diventa così realtà allusiva, che fa intravedere, come vera icona del regno, quelle logiche nuove che Gesù è venuto ad instaurare e che costituiscono un punto di riferimento essenziale affinché il villaggio globale sia un'autentica opportunità di pace e di serenità personale e tra i popoli. 1. Un interrogativo inquietante che emerge dal mondo del lavoro
Juan Somavia, Presidente del BIT/OIL, porgendo il saluto a Giovanni Paolo II - a nome di tutti i rappresentanti del mondo del lavoro, convenuti a Tor Vergata il primo maggio del 2000 per celebrare il Giubileo dei lavoratori -, si è fatto interprete di un'inquietudine profonda che sta segnando il vasto mondo del lavoro e di un urgente appello che attraversa la coscienza di tutti gli uomini di buona volontà: "Santità, noi riuniti qui oggi rappresentiamo varie dimensioni del mondo del lavoro. Tuttavia, al di là delle nostre diverse prospettive, condividiamo una comune responsabilità, quella di offrire a ciascuno un lavoro dignitoso - un lavoro decente per tutti - nella travagliata economia globale del giorno d'oggi. Noi dobbiamo porre rimedio all'enorme sensazione di insicurezza che pervade le case di così tante famiglie in tutto il mondo. Si tratta di una lotta globale per la dignità umana. Cosa dobbiamo fare?". La realtà della globalizzazione, in pochi anni, ha profondamente cambiato le prospettive del lavoro umano, incidendo in modo consistente nei rapporti tra le varie categorie di lavoratori, tra i vari settori delle attività umane e tra le stesse nazioni. Alcuni salutano questa realtà, con i fenomeni connessi, come la nuova opportunità per affrontare e risolvere il problema di uno sviluppo più equo e generale, altri sottolineano i gravi inconvenienti che sta generando ai diversi livelli. I più si sentono estranei a processi, di cui non si comprende a fondo il significato e la portata, e sui quali sembra sempre più difficile poter, in qualche modo, intervenire per governarli in un'ottica di maggiore giustizia e di sviluppo sostenibile. La sensazione diffusa che si coglie è certamente quella di un certo disorientamento nella comprensione dei fenomeni e di un senso di impotenza nella gestione dei medesimi. La tentazione ricorrente, pertanto, risulta quella della chiusura nella propria realtà, igno rando le sfide e la posta in gioco, nell'illusione che questo fenomeno, a causa della sua complessità, non ci tocchi da vicino o non ci riguardi più di tanto. Resta comunque il fatto innegabile di un processo sempre più accelerato di fronte al quale la responsabilità dei credenti e degli uomini di buona volontà non può esimersi dall'accettare e dall'affrontare quell'inquietudine di fondo che ci pervade e interpella. Giovanni Paolo II, nei diversi discorsi pronunciati in occasione delle Giornate Giubilari del mondo del lavoro, ha riproposto le basi per una riflessione etica ed un'azione coerente che siano in grado di rispondere in modo propositivo e creativo a tale situazione. I suoi contributi alla riflessione e alla meditazione non sono stati dei trattati sistematici o dei capitoli di un articolato disegno di riforma del mondo del lavoro, ma piuttosto il richiamo coraggioso di alcuni principi irrinunciabili per rendere più autenticamente umano il lavoro. Riprendere le riflessioni, che sono state proposte dal Papa, non significa tanto avventurarci in un approfondimento di tipo teorico - peraltro utile e necessario - ma piuttosto fare appello alla responsabilità di ognuno perché accolga e sviluppi quei valori fondamentali senza i quali non è possibile alcun intervento che voglia insistere nella realtà per migliorarla. Non è certo compito della maggior parte di noi elaborare linee e programmi di riforma, ma riguarda la responsabilità di tutti porre e vivere quelle premesse indispensabili affinché possa avviarsi e crescere una riflessione ed una volontà di tipo politico, in grado di governare positivamente i cambiamenti in atto nel mondo del lavoro. Per non smarrirci nel villaggio globale e per far sì che questo possa diventare un'occasione per aumentare la partecipazione di tutti allo sviluppo dell'umanità, è necessario che ognuno si senta interpellato, nella propria esperienza lavorativa, a far maturare una nuova cultura, condizione e contributo per nuove prospet tive di giustizia e solidarietà.
2. Un approfondimento della dignità del lavoro
"Con la sua operosità silenziosa nella bottega di Giuseppe, Gesù offrì la più alta dimostrazione della dignità del lavoro. Il Vangelo odierno riferisce come gli abitanti di Nazareth, suoi compaesani, lo accolsero con stupore chiedendosi a vicenda: "Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? Non è egli forse il figlio del carpentiere?" (Mt 13, 54-55). Il Figlio di Dio non ha disdegnato la qualifica di carpentiere, e non ha voluto dispensarsi dalla normale condizione di ogni uomo. "L'eloquenza della vita di Cristo è inequivoca: egli appartiene al mondo del lavoro, ha per il lavoro umano riconoscimento e rispetto; si può dire di più: egli guarda con amore questo lavoro, le sue diverse manifestazioni, vedendo in ciascuna una linea particolare della somiglianza dell'uomo con Dio, Creatore e Padre" (Enc. Laborem exercens, 26)". La strada maestra, per non smarrirsi nel villaggio globale, pone al centro delle preoccupazioni di ogni lavoratore, qualunque sia la professione o il lavoro esercitati, la dignità del lavoro stesso. A fronte di una ricorrente strumentalizzazione o riduzione del medesimo ad altri obiettivi che non sono la piena realizzazione dell'uomo nelle sue diverse dimensioni, è indispensabile tornare alla dignità della persona umana come al criterio essenziale per interpretare, valutare e guidare i fenomeni della mondializzazione. Uno sviluppo che pretendesse realizzarsi, mettendo tra parentesi l'uomo e le sue aspirazioni profonde, non solo sarebbe causa di gravi ingiustizie e di laceranti divisioni e sofferenze, ma sarebbe necessariamente destinato, sui tempi più lunghi, ad una rovinosa caduta. Il monito che Leone XIII pronunciò nella Rerum novarum, e che Giovanni Paolo II riprende sviluppandolo nella Centesimus annus, non è una semplice esortazione morale, ma è un principio chiave per guidare il comportamento umano e per ispirare una soluzione corret ta dei problemi: "Nemini licet! A nessuno è lecito violare impunemente la dignità dell'uomo, di cui Dio stesso dispone con grande rispetto, né arrestare la marcia dell'uomo verso questa perfezione che è ordinata all'acquisizione della vita eterna". Proprio nella difesa della dignità della persona e del suo lavoro può iniziare un impegno concreto, e alla portata di tutti, perché si sviluppi una nuova cultura del lavoro che, senza opporre resistenza ai mutamenti in atto, ponga alcuni punti di riferimento capaci di orientarli nella direzione giusta. E certamente compito delle grandi istituzioni politiche e sociali governare la realtà, avendo la preoccupazione di salvaguardare l'uomo nella sua inviolabile dignità, ma è indispensabile che ognuno abbia coscienza della propria responsabilità in questo settore, poiché molte delle violazioni della dignità dell'uomo sul posto di lavoro nascono anche dalla piccole cose, dai rapporti personali, dalle condizioni materiali e psicologiche del lavoro, dalle forme di contratto, dalle opportunità di formazione… Il lavoro personale sarà fonte di serenità e di pace non semplicemente nella misura in cui risponderà alle giuste esigenze del singolo, ma soprattutto se saprà tutelare in modo corretto e responsabilizzante la dignità di ogni lavoratore.
3. Una nuova prospettiva di solidarietà
"La costitutiva appartenenza della terra a Dio fonda anche il principio, tanto caro alla dottrina sociale della Chiesa, della destinazione universale dei beni della terra (cfr Centesimus annus, 6). Ciò che Dio ha donato all'uomo, lo ha donato con cuore di Padre, che si prende cura dei suoi figli, nessuno escluso. La terra di Dio è dunque anche la terra dell'uomo, e di tutti gli uomini! Questo non implica certo l'illegittimità del diritto di proprietà, ma ne esige una concezione, e una conseguente regolazione, che ne salvaguardino e ne promuovano l'intrinseca 'funzione sociale' (cfr Mater et magistra, 106; Populorum progressio, 23)". E la prima volta nella storia dell'umanità che gli uomini si trovano nella reale possibilità di pensare e di avviare un progresso in grado di coinvolgere tutto il pianeta: è una situazione inedita, ricca, al contempo, di speranza e di inquietudini! Il villaggio globale che si sta delineando all'orizzonte sarà veramente la dimora comune degli uomini, dove ognuno vedrà realizzato il proprio desiderio di vita, in modo armonico e solidale, e dove i rapporti saranno caratterizzati da dialogo e fraternità, o non si risolverà piuttosto nella nuova Babele, fonte di ulteriori divisioni e discordie? Il dilemma non è tanto di natura teorica, ma riguarda le scelte concrete che saremo capaci di ipotizzare e perseguire e rimanda, pertanto, ai criteri e ai valori che devono guidare lo sviluppo dell'umanità. Tra questi spicca con particolare evidenza il criterio della funzione sociale della proprietà privata connesso con il riconoscimento del valore penultimo di ogni realtà umana, che non può mai assurgere a principio assoluto. La Signoria di Dio sul mondo, che il Grande Giubileo del 2000 ha ribadito con fermezza, non rivendica un primato che opprime l'uomo, ma un evento che fonda e tutela la dignità e la realizzazione di ogni uomo. La solidarietà che la globalizzazione esige, se non vuole cadere in una nuova forma di oppressione e di sfruttamento, rimanda al Primato di Dio che coincide con la difesa dell'uomo: "la gloria di Dio - infatti - è l'uomo vivente!". La nuova solidarietà che ne scaturisce non si limita alla semplice giustizia distributiva, ma si allarga a nuove sfide e a nuove scelte che, ancora una volta, fanno appello alla responsabilità dei singoli e della collettività. L'offerta, ad ogni uomo e a tutti i popoli, di pari opportunità di sviluppo armonico; un modello di produzione e di consumo sostenibile e compatibile con l'ecosistema della terra; un'economia ed una finanza che siano reali strumenti a servizio dell'uomo e della sua realizzazione; l'impegno per un'autoim prenditorialità della vita che stimoli tutti ad essere protagonisti; la responsabilità nei confronti della terra anche in una prospettiva di continuità e di solidarietà intergenerazionale; la coscienza di poter realizzare un sistema di produzione, che sappia coniugare efficienza e solidarietà soprattutto nei confronti dei più deboli e dei meno capaci, costituiscono le molteplici dimensioni di una nuova concezione dei rapporti sociali ispirati ad una logica di condivisione e di fraternità, le uniche che possono realizzare una convivenza ispirata alla pace e alla serenità. Ma questo impegno individuale e collettivo sarà possibile solo a partire dall'accettazione di un minimo di valori condivisi, dalla coscienza dell'intima unione del genere umano, e dalla consapevolezza dell'urgenza di maturare una visione dell'uomo, delle sue attività e della realtà del mondo che si fondi sulla piena realizzazione di ogni uomo, di tutto l'uomo e di tutti gli uomini.
4. La ricerca di una mirabile sintesi
"Voi potete ridare forza e concretezza a quei valori che da sempre caratterizzano la vostra attività: il profilo qualitativo, lo spirito di iniziativa, la promozione delle capacità artistiche, la libertà e la cooperazione, il rapporto corretto tra la tecnologia e l'ambiente, l'attaccamento alla famiglia, i rapporti di buon vicinato. La civiltà artigiana ha saputo costruire, in passato, grandi occasioni di incontro tra i popoli ed ha consegnato alle epoche successive sintesi mirabili di cultura e di fede. Il mistero della vita di Nazareth, di cui san Giuseppe, patrono della Chiesa e vostro protettore, è stato il custode fedele e il saggio testimone, è l'icona di questa mirabile sintesi tra vita di fede e lavoro umano, tra crescita personale ed impegno di solidarietà. Carissimi artigiani, siete venuti quest'oggi per celebrare il vostro Giubileo. Possa la luce del Vangelo illuminare sempre più la vostra quotidiana esperienza lavorativa. Il Giubileo vi offre l'occasione di inc ontrare Gesù, Giuseppe e Maria, entrando nella loro casa e nell'umile officina di Nazareth. Alla singolare scuola della Santa Famiglia si apprendono le realtà essenziali della vita e si approfondisce il significato della sequela di Gesù. Nazareth insegna a superare l'apparente tensione tra la vita attiva e quella contemplativa; invita a crescere nell'amore della verità divina che irradia dall'umanità di Cristo e ad esercitare con coraggio l'esigente servizio della tutela di Cristo presente in ogni uomo (cfr Redemptoris custos, 27)". Un'ultima indicazione che Giovanni Paolo II ha più volte presentato, nel cammino dell'anno giubilare per un rinnovamento della vita in generale e del mondo del lavoro in particolare, riguarda l'esigenza di proporre e far crescere una nuova spiritualità che tenga conto di tutte le dimensioni della vita. Una costante dei suoi numerosi interventi a proposito del lavoro riguarda la responsabilità dei cristiani a riscoprire la dimensione della spiritualità del lavoro, vera icona dell'azione di Dio nel mondo. Una spiritualità che non dimentichi le questioni, talora drammatiche, dei nuovi fenomeni del progresso, né ignori le fatiche e le sofferenze connesse con l'esperienza degli uomini, ma capace di fare sintesi, attorno a Cristo, tra gli aspetti materiali, quelli etici e di valore e la fede stessa. La sequela di Cristo non porta a disertare la storia e le responsabilità personali, ma ad assumerla in una prospettiva più ampia, capace di quella mirabile sintesi che sa coniugare la vita contemplativa con quella attiva, l'efficienza con la solidarietà, la produzione con la bellezza, la realizzazione personale con l'attenzione ai fratelli… La storia dei cristiani è segnata da numerosi esempi di tale sintesi, tra i quali spiccano le testimonianze di alcuni santi che hanno inciso profondamente nella cultura del nostro occidente, da san Benedetto a san Francesco d'Assisi, da santa Caterina da Siena a san