UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Scheda 4. Da padre in figlio… chi continua la responsabilità aziendale?

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10 Febbraio 2000

ere i figli dei tuoi figli. Pace su Israele! Obiettivo
Affrontare il problema del ricambio generazionale nelle responsabilità imprenditoriali, del come educare i giovani ad intraprendere, in una prospettiva di continuità, di innovazione e di solidarietà.
1. Per avviare la riflessione: alcuni flash sulle situazioni e sulle idee correnti.
- Molti imprenditori avvertono acutamente il problema della successione aziendale anche in relazione alla situazione socio-economica italiana, caratterizzata dall'esistenza di piccole e medie imprese, che per loro stessa struttura rendono la successione un difficile problema familiare, sociale, culturale. - Perché il passaggio aziendale tra padre e figlio avvenga in modo positivo il discorso deve essere articolato con precisione. 1. Il padre, in nome della sua paternità, dia tutto al figlio; e questi, in nome della sua figliolanza, ottenga tutto dal padre. Si deve creare un clima di grande rispetto e fiducia tra padre e figlio per arrivare a questa conclusione operativa. Ma ciò non basta. Il ruolo è un fatto formale e, se non viene integrato, burocratizza il rapporto, con conseguenze negative immaginabili. 2. Perciò, la successione deve realizzarsi in un contesto di affetto, di intimità e di comunione tra il padre e il figlio, soprattutto nei momenti duri e di sofferenza. - Nell'ambito del rapporto di scambio occorre sottolineare la responsabilità del padre nei confronti del figlio, verso terzi, verso il territorio in cui l'azienda vive e cresce, fino a portare il carico di sacrifici. L'imprenditore padre è chiamato ad una responsabilità grande. - La correlazione tra tutti questi fattori può realizzarsi anche in modo inopportuno e quindi complicare enormemente il quadro generale. Spesso si presenta in combinazioni varie, dando luogo a cambiamenti ed anche ad errori, che sono complessi. Ad esempio: 1. L'insufficiente formazione etica del figlio, la non adeguata formazione tecnico-scientifica, che si traducono in debole autorevolezza nel sostenere il ruolo affidatogli dal padre nell'ambito dell'azienda. 2. Lo scarso riconoscimento da parte degli operatori aziendali dell'investitura fatta al figlio perché questi possa assumere un ruolo proprio nella conduzione dell'azienda, con precise responsabilità settoriali o generali. 3. La poca autonomia del figlio nel processo di responsabilizzazione. La dipendenza del figlio dal padre può diventare oppressiva, limitante lo sviluppo dei talenti personali. La responsabilizzazione del figlio deve assumere tratti personali, quasi una forma di metabolismo personale e non un'imposizione paterna. 4. L'inadeguata intelligenza paterna delle doti del figlio. Si oscilla da un estremo all'altro: la sopravvalutazione per un affetto non illuminato, per l'eccessivo desiderio di fare del figlio uno simile a se stesso; oppure una sottovalutazione, che conduce ad atteggiamenti iperprotettivi da parte del padre, che, alla fine, sono paralizzanti lo sviluppo dei talenti e le iniziative del figlio. 5. Alcuni errori nello scandire i tempi della successione, quali le accelerazioni non giustificate o i rallentamenti immotivati, rispetto ad un inserimento graduale del figlio nel tessuto vivo dei meccanismi umani e tecnici dell'azienda.

* domande per la discussione e il confronto
- Quale dialogo riusciamo ad avere con i nostri figli a proposito del loro futuro impegno professionale e della loro eventuale successione aziendale?
- Quando e come affrontiamo con loro i problemi dell'azienda e la questione della sua continuità nel tempo, anche a servizio degli altri?
- Quali difficoltà o problemi più urgenti avvertiamo e come cerchiamo di risolverli?
- Quali strategie prevediamo per realizzare una piena successione aziendale che valorizzi le persone e l'impresa?

2. Le provocazioni della Parola di Dio e dell'insegnamento della Chiesa sulle situazioni e sulle idee.
a) dalla Parola di Dio
"Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: "Sede tevi qui, mentre io vado là a pregare". E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia. Disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate". E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!". Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: "Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me? Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole". E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: "Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà". E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti. E lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: "Dormite ormai e riposate! Ecco, giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina"". (Mt 26, 36-46)
La totale ubbidienza di Gesù al Padre può essere inserita in due contesti complementari, come sembra suggerire lo stesso evangelista Matteo. 1) Il contesto dei ruoli, in cui il Padre prevale in ragione delle sue funzioni. C'è l'esigenza che la logica della Storia della salvezza sia attuata secondo la precisa volontà del Padre. Da qui una chiara identificazione di compiti, di responsabilità, in funzione della missione del Figlio, il quale fu ubbidiente fino alla morte; 2) e il contesto di un'intimità profonda, di una straordinaria comunione, costituito dallo scambio d'amore, in nome del quale vi è la fondamentale rinuncia di Gesù a pensare e ad agire in proprio di fronte alle decisioni di suo Padre. Tra Dio Padre e suo Figlio si crea uno scambio così forte che rende possibile a Gesù la rinuncia totale, quella della vita. Il legame è caratterizzato quasi da una necessità per la forza dei sentimenti: un fatto emotivamente straordinario che testimonia un'eccezionale capacità di scambio. Il testo evangelico descrive questo stato di rapporti, fissati dall'ubbidienza del Figlio a suo Padre.
Occorre concentrarsi sul tema dell'ubbidienza per capire il problema della successione tra padre e figlio nell'impresa. Il tema può essere studiato da due angolazioni diverse: quella del ruolo specifico e quella dello scambio d'amore. Entrambe le ipotesi sono suggestive. Forse è meglio tenere viva la loro contrapposizione, quasi una relazione dialettica. In questo modo si può ottenere una percezione più profonda della proposta di ubbidienza e del parallelismo che si può stabilire con il problema della successione. Infatti, se si tiene ferma solo l'interpretazione del ruolo, si fornisce un senso burocratico dell'ubbidienza, un dover essere formale più che un essere reale. Se si tiene buona, invece, l'ipotesi del nesso intimo che deve intercorrere tra il padre e il figlio, si rischia di perdere il senso di responsabilizzazione. Occorre prestare attenzione ad entrambi gli aspetti. Infatti, 1. la sottolineatura del ruolo ci avverte che occorre essere attenti alla responsabilizzazione dei soggetti in causa: il padre e il figlio; 2. l'affermazione dell'intimità che deve esistere tra padre e figlio, sottolinea la necessità che essi devono realizzare un'attenzione reciproca. 3. L'ubbidienza, evento dinamico all'interno di questo reticolato di attenzioni, nasce come un fatto complesso, ma arricchente ambedue i soggetti in causa.
* altri brani per l'approfondimento Sir 3, 1-16 Col 3, 12-21 Fil 2, 5-11
b) dal magistero della Chiesa
Octogesima advenies, 48
"É a tutti i cristiani che Noi indirizziamo, di nuovo e in maniera urgente, un invito all'azione. Nella Nostra Enciclica sullo Sviluppo dei Popoli, Noi insistevamo perché tutti si mettessero all'opera: "I laici devono assumere come loro compito specifico il rinnovamento dell'ordine temporale. Se l'ufficio della gerarchia è d'insegnare e di interpretare in modo autentico i principi morali da seguire in questo campo, spetta a loro, attraverso la loro libera iniziativa e senza attendere passivamente consegne o direttive, di penetrare di spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della loro comunità di vita". Ciascuno esamini se stesso per vedere quello che finora ha fatto e quello che deve fare. Non basta ricordare i principi, affermare le intenzioni, sottolineare le stridenti ingiustizie e proferire denunce profetiche: queste parole non avranno peso reale se non sono accompagnate in ciascuno da una presa di coscienza più viva della propria responsabilità e da un'azione effettiva. É troppo facile scaricare sugli altri la responsabilità delle ingiustizie, se non si è convinti allo stesso tempo che ciascuno vi partecipa e che è necessaria innanzi tutto la conversione personale. Questa umiltà di fondo toglierà all'azione ogni durezza ed ogni settarismo ed eviterà altresì lo scoraggiamento di fronte a un compito che appare smisurato. Il cristiano alimenta la propria speranza sapendo innanzi tutto che il Signore è all'opera con noi nel mondo e che attraverso il suo Corpo che è la Chiesa - e per essa in tutta l'umanità - prosegue la Redenzione compiuta sulla Croce e che esplose in vittoria la mattina della Risurrezione; sapendo ancora che altri uomini sono all'opera per dar vita ad azioni convergenti di giustizia e di pace; poiché dietro il velo dell'indifferenza, c'è nel cuore di ogni uomo una volontà di vita fraterna e una sete di giustizia e di pace che si devono far fiorire".

* altri brani del magistero che si possono consultare
Pacem in terris, 33 Populorum progressio, 81 Laborem exercens, 17

3. Per stimolare deduzioni operative coerenti: alcuni spunti per l'azione.
Fin qui, il discorso si è mosso su un terreno ideale. Ma perché non diventi ideali sta, la successione deve realizzarsi nel rispetto di alcuni suggerimenti. Ignorarne l'esistenza o scientemente trascurarli, finisce per esporre le aziende a seri pericoli per la loro sussistenza nel presente e soprattutto nel futuro. Quali sono? 1. La messa in atto, da parte del padre, di una fattiva collaborazione di ampio respiro per la formazione etico-teologica del successore nella conduzione dell'azienda. Per formazione etico-teologica si intende la creazione di una robusta sensibilità e mentalità evangeliche. 2. Da parte del padre è necessaria la valutazione della personalità e delle capacità del figlio. Una valutazione lucida, senza subire il ricatto affettivo filiale. Il pericolo è reale; le conseguenze spesso sono spesso devastanti. 3. Il padre deve cercare e trovare per il figlio una presenza attiva in azienda, misurata sulle capacità personali, in relazione alla preparazione scientifica, ai vincoli economici, che vanno positivamente interpretati. E ovvio che la ricerca e la scoperta del ruolo più adatto per il figlio dev'essere il risultato di una valutazione dialogica, a volte anche dialettica, tra padre, figlio e il contesto aziendale in tutte le sue espressioni interne ed esterne. 4. Il rispetto dei tempi di inserimento, calcolati su una metodologia appropriata e perciò graduati alle specifiche dinamiche del figlio e sulle dinamiche proprie della vita concreta aziendale.
4. Invito alla preghiera
Beato l'uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie. Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai di ogni bene.
La tua sposa come vite feconda nell'intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa.
Così sarà benedetto l'uomo che teme il Signore. Ti benedica il Signore da Sion! Possa tu vedere la prosperità di Gerusalemme per tutti i giorni della tua vita. Possa tu ved