UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Prolusione:
“Il valore della democrazia”

44a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani
8 Ottobre 2004

Nella Sterminata letteratura filosofica, giuridica, politologia sulla democrazia non si avverte, con la dovuta attenzione e riflessione, il salto temporale tra la nascita di questa esperienza, nell’età antica di Grecia e di Roma, e la sua riemersione nel mondo europeo e americano, nell’età moderna, poco più che due secoli fa. Qual’era l’idea essenziale degli antichi? Il governo ai governati. I cittadini delle repubbliche greche avevano ciascuno il diritto di eleggere i magistrati, di votare le leggi, di giudicare nei tribunali. Ugualmente i cittadini romani nei loro comizi elettorali, legislativi, giudiziari. In questo autogoverno repubblicano era individuata la libertà politica. Le monarchie erano considerate stati di servi, non di cittadini. Questa esperienza è travolta dal modello monarchico, quando la dimensione territoriale, etnica e culturale della città e del popolo, è soverchiata dalla dominazione di grandi spazi nei quali vivono decine e decine di milioni di esseri umani di diverse etnie e razze e culture. Il governo di realtà estese e disomogenee, dovendosi fondare sulla forza e non sul consenso, non può che appartenere ad un sovrano. La libertà si dissocia dal potere, entra e si relega nell’intimità della coscienza e della religione. L’Europa eredita dall’impero romano la forma monarchica, che, con le eccezioni dei comuni italiani e di alcune città germaniche, costituisce il paradigma dominante dell’organizzazione politica della vita. L’idea del governo ai governati rinasce quando si ricostituiscono le nazioni, e con esse quella nozione di cittadinanza, che greci e romani avevano strutturato di diritti, primo tra tutti e fondamento di ogni altro quello di libertà. Se ne può ricavare una equazione: democrazia e città nel mondo antico, democrazia e nazione nel mondo moderno.

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