UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Presentazione della sintesi dei quattro ambiti di gruppo

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19 Gennaio 2000

la realizzazione delle opere.
3. La terza proposta è quella di consolidare e sviluppare dei tavoli di confronto tra queste diverse realtà, come ad esempio il tavolo "Società civile-Terzo settore" che s'incontra appunto alla Conferenz a Episcopale Italiana. Esperienze di questo genere sono importanti per abbassare le barriere e riconoscersi a vicenda, per costruire insieme opere che siano presenza nel territorio e negli ambienti e testimonianza di fede.
4. La quarta proposta è quella di studiare e diffondere maggiormente quelle forme di economia sociale che sono in atto come, ad esempio, la banca etica o l'economia di comunione, solo per citarne alcuni.
5. In linea con la centralità che le comunità ecclesiali devono avere, un'ulteriore proposta è quella di formare dei laici che abbiano un ruolo rispetto alla sensibilizzazione affinché le opere possano entrare nelle comunità locali e dialogare, nei consigli pastorali e con i gruppi Caritas, per educare a leggere i segni dei tempi. Probabilmente i laici che sono chiamati a vivere in modo peculiare la dimensione della laicità, hanno il dovere di svolgere questo ruolo.
6. Una sesta proposta, che è più un'aspirazione ed un interrogativo, riguarda il fatto se è possibile definire dei criteri comuni per le opere cristiane, se si può arrivare a definire qualche linea-guida comune.

Gruppo n. 1 - L'evangelizzazione
Sono Restituta De Lucia, della diocesi di Nola; sono segretaria della pastorale del lavoro ma anche del movimento lavoratori di Azione Cattolica.
Al primo gruppo hanno partecipato trentacinque persone. Le regioni presenti erano: Lazio, Lombardia, Marche, Liguria, Campania, Calabria, Sardegna, Veneto, Umbria, Sicilia ed Emilia Romagna. Erano presenti anche rappresentanti di gruppi: ACLI, CL, GIOC, MLAC, Cursillos, Rinnovamento dello Spirito e UCID.
Siamo andati avanti ponendoci delle domande: 1. Riguardo al progetto complessivo di riferimento della pastorale dei lavoratori c'è un consenso di massima? 2. Riguardo alla pastorale sociale e del lavoro si può procedere ad una chiarificazione ed integrazione degli obiettivi, superando i rischi di una concezione riduttiva? 3. A proposito delle associazioni e dei movimenti, distinti secondo i loro carismi e modelli cui s'ispirano, è possibile ipotizzare un cammino maggiormente integrato nella pastorale sociale e del lavoro riguardo alla realizzazione di questi gruppi? 4. Abbiamo anche qualche proposta operativa comune per andare avanti? 5. Quale interazione vedi con altri elementi della progettualità, vale a dire con gli altri gruppi: formazione, spiritualità e opere?
Tutti i componenti del gruppo hanno preso la parola ed il discorso si è orientato non solo a dare gradualmente le risposte ai vari quesiti posti, ma soprattutto ad elencare le varie difficoltà e le possibili realizzazioni. Asserito che la pastorale consiste nel portare il vangelo ad ogni uomo in qualsiasi situazione di vita - e nel nostro caso all'uomo che lavora - sono state sottolineate le seguenti difficoltà:
1. La mancanza di progetti formativi sulle problematiche sociali e politiche rivolte ai laici e tante volte anche nei seminari. 2. La pastorale è poco attenta e sensibile verso il lavoro, l'economia, la politica, il sociale ed è più caratterizzata dalla conservazione che dalla missionarietà. 3. C'è talvolta una pastorale occasionale in quanto si compiono dei gesti, si vivono degli episodi scambiandoli con progetti pastorali per il mondo del lavoro. 4. In genere la pastorale è orientata più verso la liturgia, e si notava che non basta andare a celebrare la Messa in fabbrica. E orientata verso la catechesi ma la dottrina sociale non è conosciuta; è orientata verso gruppi devozionali: si fa tanta preghiera staccata dalla vita e dall'impegno di vita; è orientata verso la carità e si nota che si fa più assistenza che scelte per procurare lavoro.
C'è bisogno di una pastorale non burocratizzata ma intesa come l'attività di tutta la Chiesa che evangelizza, tenendo presente il senso stesso del lavoro che non è una realtà a sé stante ma che coinvolge tutti. Quasi tutti hanno espresso consenso al progetto complessivo e quindi, per voler elencare delle realizzazioni, si è detto che bisogna: - sollecitare le comunità diocesane e parrocchiali intorno ai problemi sociali e del lavoro; - creare sinergie tra le varie pastorali; - incoraggiare il sorgere di gruppi parrocchiali diocesani di ambiente, ecc.; - sostenere le scuole di formazione e incaricarsi per la formazione dei responsabili di gruppo.
Per quanto riguarda le associazioni e i movimenti è da notare che, là dove sono presenti in gruppi di evangelizzazione, è sicuramente possibile proporre e realizzare la pastorale sociale. Per tutti gli altri si richiede più attenzione alla vita della Chiesa e più partecipazione al suo progetto di evangelizzazione.
Per l'interazione con altri elementi della progettualità: - alle scuole di formazione si chiede che si adoperino per l'educazione all'importanza di fare discernimento in piccoli gruppi; - alla spiritualità si chiede che si ricerchino tratti caratteristici legati alla vita dei lavoratori e al mondo del lavoro; - alle opere si propone di formare gruppi di evangelizzazione all'interno di esse.
E stato considerato ottimo il progetto Policoro. Sono s ta te riferite alcune esperienze positive: il gruppo del Lazio per la pubblica amministrazione, quelle della scuola di formazione e altre sparse per l'Italia. Si ringrazia l'Ufficio centrale per il sussidio per i gruppi di lavoratori cristiani.
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Gruppo n. 2 - La formazione
Sono don Giuliano Parravicini della diocesi di Milano; sono responsabile della segreteria diocesana per la formazione all'impegno sociale e politico. Vorrei sviluppare brevemente la mia sintesi e il mio intervento attorno a due poli. Il primo è quello delle domande che sono state fatte, domande che debbono rimanere continuamente aperte, anche come volontà e come intelligenza, creando una sinergia interpretativa tra loro. Tenendo vive e aperte queste domande si può intravedere un impegno che possa contribuire all'esercizio spirituale della conversione della pastorale. Le domande poste erano sei: 1. L'ultima nota pastorale della commissione episcopale sulla formazione all'impegno sociale e politico è stata conosciuta nelle idee di fondo e nei quattro livelli possibili di lavoro? 2. Come la pastorale sociale e del lavoro, le aggregazioni e le diocesi portano avanti la formazione? 3. Quali difficoltà esistono con le aggregazioni laicali? 4. Quali difficoltà esistono sulla progettualità comune? 5. Quali iniziative di progettualità comune si stanno mettendo in atto? 6. L'esperienza delle scuole: a che punto siamo?

Secondo polo è il tentativo di rispondere a queste domande aperte; lo raggruppo in cinque punti:
1. Sembra che la conoscenza della nota pastorale, nella sua impostazione e nello sviluppo dei quattro livelli, stia entrando nella mentalità pastorale. Quindi la progettualità della pastorale sociale e del lavoro e di quegli organismi che sono deputati alla formazione socio-politica sembra che stia acquisendo la mentalità della nota. Si intuisce globalmente la bontà della proposta di dare spazio, nell'ordinarietà della pastorale, all'educazione all'essere cittadini e a ll'i mpegno sociale e politico. C'è però la necessità di mettere al centro della conversione della nostra pastorale la persona e non semplicemente i servizi che la persona fa, magari solo i servizi ministeriali. E dunque c'è la necessità di educare a diventare cristiani adulti nella fede, partendo dai problemi reali della gente e suscitando una domanda formativa che non sia avulsa dall'ordinarietà della vita e che cerchi di mettere al centro - o di rimettere al centro - la dottrina sociale della Chiesa come elemento significativo. Il rischio contrario è che il grande patrimonio della dottrina sociale della Chiesa rimanga nello zaino di pochi cristiani e non entri nel circuito della pastorale ordinaria: questa sembra la grande scommessa della formazione di questi tempi.
2. Emerge ancora una volta l'esigenza di rendere la formazione del clero, sia nei seminari sia nella formazione permanente, più attenta, non tanto direttamente all'impegno sociale e politico, quanto all'educazione all'essere cristiani cittadini, capaci di stare dentro gli organismi pastorali, di svolgere ministeri, ma anche capaci di stare dentro i luoghi dove si decide la storia del Paese. In questa formazione presbiterale, cioè nel rendere capaci i presbiteri di educare cristiani adulti, sembra giocarsi un ritorno vero nelle nostre comunità a questa sensibilità.
3. Emerge un problema serio di coordinamento dentro le realtà pastorali diocesane. Tra i vari uffici c'è una fatica legata spesso ad un'autoreferenzialità. C'è anche un problema di coordinamento tra gli uffici di curia e le associazioni e i movimenti. C'è il desiderio e la necessità di raccordarsi, affinché si possa mettere a disposizione di ciascuno il patrimonio di esperienze e di metodologie di tutti. Due piccoli sentieri da praticare: fare piccoli progetti e, su questi, tentare qualche coordinamento. Secondo: inventare piccole sinergie, anche fuori delle diocesi, magari tra le diocesi piccole, cercando di coinvolgere le unive rsità ed i centri culturali, come già, in alcuni casi, si sta facendo.
4. La scelta del territorio: andare a fare formazione non tanto centralmente ma piuttosto nei vicariati, nei decanati. Quindi la scelta seria del territorio, e dentro questa scelta dare tempo per la formazione di educatori, di formatori, che possono risultare il volano di una nuova attenzione globale alla formazione all'impegno sociale e politico.
5. La Nota ultima parla di un quarto livello chiamato accompagnamento spirituale e culturale degli impegnati. Sembra, questo, un livello da frequentare: fare intuire, innanzitutto alle Chiese, la necessità di accompagnare questi cristiani, spiritualmente e culturalmente. Insomma, fare intuire alla Chiesa la necessità di continuare a fare formazione, di fare formazione permanente facendo comprendere agli impegnati che la comunità cristiana è una compagna di viaggio che aiuta a scegliere gli elementi essenziali da portare nella bisaccia di colui che si fa pellegrino dietro a Gesù, scegliendo di servire l'uomo e il bene comune. Una comunità che continua a regalare, a tutti gli impegnati, la bussola, che è la dottrina sociale della Chiesa; una comunità che non smette di portare, nei momenti di fatica, la bisaccia e di spronare gli impegnati a tirar fuori la bussola.

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Gruppo 3 - La spiritualità
Sono Maria Ghione, responsabile nazionale della GIOC (Gioventù Operaia Cristiana) e sono della diocesi di Torino. Abbiamo preparato questa sintesi insieme a Luigi Russo, che oggi non è presente per altri impegni. E stato molto ricco il lavoro del gruppo.
Ci è sembrato importante all'inizio - visto che questo sulla spiritualità è un po' l'avvio di un lavoro - riprendere quattro presupposti della questione che era stata posta da Russo al mattino, su cui poi abbiamo condiviso il lavoro. Quindi riprenderò alcuni presupposti, le reazioni dei partecipanti al gruppo (la rappresentanza nel nostro gruppo era molto variegata, sia per quanto rigu arda la pr ovenienza territoriale che le esperienze); riporterò poi alcune proposte ed esperienze ed alcune domande aperte per il futuro.
I presupposti che abbiamo condiviso sono questi:
1. E presente nell'uomo una domanda profonda di spiritualità nel senso specifico di rapporto con Dio, con il Dio di Gesù Cristo. A volte però questa spiritualità rimane nascosta e oscurata. Quindi, essendo una caratteristica dell'uomo, c'è un compito di dare luce a questa domanda. 2. Poi si è detto che c'è un forte rapporto fra il rilancio dell'evangelizzazione nel sociale e l'impegno per una spiritualità fondata su una forte interiorità. Infatti, c'è un rischio di coltivare una spiritualità della "fuga", disincarnata, oppure di lasciarsi prendere dall'attivismo. Quindi, curare una spiritualità ordinata all'evangelizzazione può far superare questi rischi. 3. Non c'è una spiritualità univoca, una ricetta per tutti; anzi, spesso, la vita di fede è un'esperienza un po' sul filo del rasoio tra il rapporto con Dio totalizzante ed esclusivo e il dono senza riserve agli uomini. Quindi, ogni cristiano, deve alimentare la sua vita interiore e il suo impegno nel mondo basandosi su questo equilibrio. Si tratta di fare, più che di avere delle certezze, un cammino serio, disciplinato di ricerca. 4. Ci siamo ritrovati, infine, sul modello di spiritualità che emerge dalla Trinità. Si diceva: in questo tempo di frammentarietà, di idolatria del pensiero unico, la Trinità sembra essere un'immagine cui poter fare con forza riferimento.
Le reazioni dei partecipanti al gruppo sono state queste.
1. Si vedeva una crisi dell'identità cristiana, nel senso di una perdita della centralità di Cristo. Per chi è impegnato nel sociale occorre, quindi, avviare una ricerca che dia anche degli spazi di deserto, di recupero dell'incontro con Dio, che rafforzano l'impegno nel mondo. 2. C'è bisogno di una robusta spiritualità per i laici, specialmente in ordine al nostro compito specifico di impegno n el sociale, nel mondo del lavoro. Si diceva, quindi, una spiritualità laicale che assume, purifica, eleva le realtà terrene non nonostante il mondo ma attraverso il mondo. Lo stesso impegno diventa perciò parte della spiritualità laicale. 3. L'esito di questa spiritualità è la capacità di mettere segni concreti, profetici, sia critici rispetto alla mentalità presente e alla cultura dominante, ma anche che aprano alla speranza, che sappiano entrare in dialogo con gli ambienti. 4. Si è messo in evidenza il rapporto fecondo fra spiritualità, sacramenti e vita comunitaria. In questa ottica l'esito di questa spiritualità può essere il superamento della frattura fra un impegno ecclesiale e l'impegno nel sociale e nel lavoro. Emergeva un'immagine di Tonino Bello, del laico cristiano, corroborato da una robusta vita interiore, che porta la veste battesimale in fabbrica e la tuta in chiesa. 5. Infine si è parlato di una spiritualità della mediazione, ovvero di un annuncio che va incarnato attraverso l'ascolto, la condivisione e il cammino concreto con la gente.
Le proposte e le esperienze sono state ricche e variegate. Non è stato facile farle emergere, però sono state importanti. - Il primo ambito è quello della spiritualità fondata sulla Parola, sulla ricerca biblica e quindi sono stati riportati sia incontri delle comunità ma anche delle commissioni di pastorale sociale e del lavoro intorno alla Parola che rilegge la vita. - E stata presentata l'esperienza della spiritualità della revisione di vita, del vedere, valutare, agire, come modalità di attenzione alla vita e al mondo del lavoro. - Sono stati riportate esperienze positive di ritiri della comunità, che coinvolgono sia i singoli che le associazioni ed i vari movimenti; gli esercizi spirituali per laici; il valore della preghiera nelle comunità e nei movimenti laicali, compresa l'adorazione eucaristica.
Infine, delle domande aperte su cui pare ci sia ancora lavoro da fare. - E emerso un bisogno forte di tornare a ricercare sul tema della spiritualità, che ci è sembrata intrecciata in modo forte con l'impegno di pastorale sociale e del lavoro. - In particolare, sarebbe interessante individuare itinerari concreti, percorsi di preghiera e contemplazione per i laici impegnati nel sociale e nel lavoro. - L'intreccio che ci sembrava più interessante è quello con l'evangelizzazione, ovvero comprendere ed aiutare a coltivare una spiritualità del lavoro orientata all'evangelizzazione degli ambienti. - Infine, ci sembrava importante incoraggiare, soprattutto per la pastorale giovanile e del lavoro, l'attenzione a costruire itinerari educativi che aprano i giovani lavoratori ad una vita spirituale e ad un'evangelizzazione degli ambienti.

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Gruppo 4 - Testimonianza delle opere
Sono Mario Garello e con Natalino Stringhini ieri sera abbiamo impostato questa sintesi che vi riporto, cosciente che non sarà esaustiva di tutto quanto è stato detto. Il lavoro del gruppo, formato da persone provenienti da tutto il territorio nazionale e con la presenza di aggregazioni laicali e di varie rappresentanze, è stato molto intenso e fruttuoso. Articolerei la sintesi su tre aspetti: da un lato quattro questioni centrali su cui si sono articolati i diversi interventi, poi le sfide che ne nascono e i nodi aperti, infine una serie di proposte concrete.
A. Gli aspetti centrali
1. Il primo di questi, attorno a cui si sono articolati i diversi interventi è stato il Giubileo, come momento forte, come grossa occasione di testimonianza del vangelo nelle opere della Chiesa. A proposito di questo ci sono anche delle proposte concrete. Il Giubileo come riscoperta delle radici comuni e dell'ispirazione originaria delle nostre opere. E ancora un passo in avanti: il Giubileo come un'occasione di riconciliazione di quelle realtà presenti tra noi che negli anni hanno subito delle divisioni.
2. Un secondo aspetto centrale su cui si sono articolati alcuni interventi è st ata proprio la v elocità del cambiamento. Siamo in un'epoca di grosse trasformazioni, è una realtà veloce, spesso sfuggente, difficile da leggere e da interpretare. Però leggere questa realtà è un compito a cui non possiamo sottrarci se le nostre opere vogliono testimoniare Gesù Cristo nella storia, nelle povertà e nei bisogni d'oggi. Qualcuno diceva: "Questa lettura è necessaria se vogliamo fare la verità nella carità".
3. L'altra cosa che è emersa con forza - in questo discorso della testimonianza delle opere - è ridare centralità alla comunità ecclesiale. Nella discussione è emersa più volte la parrocchia come luogo di formazione, di conoscenza, di sensibilizzazione alla realtà sociale e dei problemi del lavoro. Però la comunità ecclesiale è fatta di sacerdoti, di laici, di aggregazioni laicali... ognuno fa la sua parte. L'immagine che emergeva, rispetto al tema della conoscenza e delle analisi, è quella della parrocchia come sentinella nel territorio a partire proprio dalle comunicazioni, dalle relazioni e dalle conoscenze che i parrocchiani hanno del loro ambiente.
4. Il quarto aspetto possiamo declinarlo secondo due concetti: quello della rete e quello dell'unità, che è forse un concetto a noi più vicino. Oggi parliamo di opere esigenti perché non è più sufficiente la buona volontà, ma bisogna sviluppare competenza, abilità, qualità per avere dei risultati. Questo richiede necessariamente sinergia - ma meglio potremmo dire unità - una sinergia tra la pastorale sociale e del lavoro, le aggregazioni laicali ognuna con il suo carisma e le parrocchie. Si pone, però, anche la necessità di aprirsi ed intervenire in opere comuni, in opere non solo tra cristiani. Qui emergono alcune domande su aspetti importanti come il rapporto fede e etica, e i valori sui quali trovare un terreno comune per confrontarsi.

B. Sfide e nodi.
1. Una prima sfida è quella che rileva un'assenza è quindi una necessità di una spiritualità comunitaria sul lavoro che consenta d i stare insieme co me cristiani sul lavoro per realizzare la prima opera di testimonianza proprio in quest'ambiente. Non si tratta veramente di fare delle opere, ma si tratta di inserirsi con la propria opera là dove siamo. Per questo è necessaria questa spiritualità comunitaria.
2. Un'altra sfida è quella di una solida prassi di discernimento che possa garantire le opere dallo scadere nel 'prassismo' (quindi nel ripetersi per ripetersi) e nell'idolatria, dove è l'opera che diventa padrona, che diventa il tema principale dimenticando l'origine e la causa che l'ha generata.
3. Un terzo aspetto che ci sembrava necessario affrontare per realizzare delle opere, è il riconoscimento delle altre opere, organizzazioni e realtà. Cioè si deve realizzare una conoscenza profonda dei vari carismi, ci si deve guardare con stima, deve esserci una comunicazione profonda per superare l'autoreferenzialità e l'atteggiamento troppo competitivo che talora esiste.
4. Un quarto aspetto centrale nell'ordine delle sfide è il ruolo dei laici che deve essere reale e non solo proclamato, perché la testimonianza delle opere e la conoscenza delle realtà e dei bisogni, non può avvenire senza l'apporto del laicato singolo ed associato. Si è evidenziato, anche da parte di molti sacerdoti, il rischio di una centralità del clero. E un problema di spazi che devono essere riconosciti e sui quali i laici devono acquisire una consapevolezza maggiore; è necessario intervenire anche su alcune strutture, per esempio gli statuti dei Consigli Pastorali, perché i laici possano concretamente ricoprire il loro ruolo.
5. Una quinta sfida riguardava il fatto che le opere della carità non sempre sono segno della fede perché ci sono due tentazioni che emergono: la tentazione del potere e quella del mercato, quindi il rischio della mercificazione delle opere che si realizzano. Potremmo dire, con uno slogan, che alcune opere rischiano di divenire dei segni del potere e non rappresentare il potere dei seg ni. Questo è un nodo abbastanza delicato.
E necessaria, nelle nostre comunità, una conoscenza precisa delle nuove forme di povertà: queste vanno ricercate, scoperte, analizzate se vogliamo effettivamente fare la scelta degli ultimi. Però è necessario anche capire come la società di oggi si è organizzata e le nuove forme con cui si può essere alternativi per il conseguimento del bene comune; e qui si sviluppa il discorso del terzo settore. Questo è un aspetto da non sottovalutare: da una parte bisogna scoprire i nuovi bisogni, dall'altra, però, anche conoscere a fondo le nuove forme di organizzazione che sono possibili. In questa lettura dei bisogni il ruolo dei laici è fondamentale perché rientra nel loro compito e nella loro competenza fino ad ipotizzare se non si possa parlare di una forma di magistero laicale.

C. Le proposte.
1. Una prima proposta, legata soprattutto al Giubileo e in sintonia con le esortazione del Papa, è quella di farci carico pienamente della campagna ecclesiale per la remissione del debito internazionale dei Paesi più poveri. E questo a partire da una domanda che bisogna rivolgere personalmente ad ogni cristiano: "Come condividere il nostro benessere?". La domanda ci stimola ad agire con scelte concrete sia sull'economia mondiale come sulle povertà di casa nostra.
2. Un'altra proposta è quella di prendere l'esperienza di Policoro, che è già stata citata e sulla quale ci sono molti consensi, come modello per realizzare delle opere che siano segno e testimonianza cristiana nel nostro ambiente. Un modello che ha visto la convergenza di tante forze diverse, di diversi uffici, istituzioni, aggregazioni, comunità locali e fondazioni. Effettivamente è un'esperienza che potrebbe essere presa a paradigma, a modello per