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Etica, sviluppo e finanza

Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro

Introduzione
C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco… (Lc 16, 19–21).
L’immagine con cui si apre la parabola di Lazzaro e del ricco epulone è purtroppo una perfetta descrizione del mondo in cui viviamo: da una parte i popoli dell’abbondanza, il 20% dell’umanità che dispone dell’80% delle risorse del pianeta; dall’altra la smisurata moltitudine di poveri, senza nome e senza volto, che non hanno di che soddisfare le più elementari esigenze vitali. Su una popolazione mondiale di circa 6,5 miliardi di persone, più della metà vive nel gruppo dei Paesi «a basso reddito», soltanto 900 milioni abitano nei Paesi «ad alto reddito» e il resto nei Paesi «a medio reddito». 1,3 miliardi di persone «vivono» con meno di 1 dollaro al giorno e 3 miliardi con meno di 2 dollari al giorno!
Queste intollerabili sperequazioni all’interno della famiglia umana interpellano ogni uomo e con particolare intensità ogni credente, spingendo alla ricerca delle cause e soprattutto di azioni capaci di porvi rimedio. Non si tratta soltanto della «convenienza» di ridurre queste distanze, ma di un imperativo etico che vede nelle ferite alla dignità di tanti uomini e donne una lesione alla dignità della vita nel suo complesso. Di fronte a tale imperativo, è inevitabile un richiamo alla corresponsabilità di tutti: la responsabilità di ogni uomo nell’assumere comportamenti coerenti con questo dettato, e la responsabilità di promuovere relazioni sociali, economiche e politiche che salvaguardino la dignità della vita umana e contribuiscano a realizzare un umanesimo plenario e planetario. Tale richiamo è particolarmente attuale, in un mondo in cui la globalizzazione e l’interdipendenza rendono visibile ogni conseguenza delle azioni dell’uomo. Come leggiamo nella Populorum progressio: «Lo sviluppo integrale dell’uomo non può aver luogo senza lo sviluppo solidale dell’umanità» (n. 43).
E dunque compito dei credenti — in collaborazione con tutti gli uomini e donne di buona volontà — contribuire alla comprensione dei meccanismi sociali ed economici che hanno come conseguenza la violazione della dignità dell’uomo, per individuare, con fatica e non senza contraddizioni, obiettivi, mezzi e forme organizzative per apportare i necessari correttivi. Si tratta, in altre parole, di esercitare un dovere di cittadinanza globale, ricercando i più corretti strumenti di valutazione perché sia possibile un confronto aperto e inclusivo. Le scienze sociali ed economiche possono offrire un contributo importante, nella consapevolezza degli ambiti di loro competenza e della necessità di una complementarità con discipline di altra natura.
La spinta ad assumersi tale compito non può che venire dalla virtù della solidarietà. Questa, come ha insegnato Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis, «non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti» (n. 38). La virtù della solidarietà ci spinge a porci a fianco dei poveri del pianeta, a sentire come nostra la loro situazione di bisogno e spesso di disperazione e a guardare al mondo dal loro punto di vista. A loro per primi rivolgiamo la nostra attenzione, il nostro cuore e la nostra parola, promettendo di fare quanto è in nostro potere per costruire un mondo più giusto che tuteli meglio la loro dignità.
E questa l’intenzione alla base del presente Sussidio, che vuole porsi come strumento a disposizione delle comunità cristiane del nostro Paese per affrontare con maggiore consapevolezza gli scottanti temi dello sviluppo e della giustizia internazionale, alla ricerca di concrete linee di azione e di impegno. In questo senso costituisce la naturale prosecuzione dei precedenti Sussidi elaborati dal Gruppo di studio «Etica e finanza» dell’Ufficio Nazionale dei Problemi Sociali e del Lavoro della Conferenza Episcopale Italiana: Etica e finanza, del 2000, e Finanza internazionale ed agire morale, del 2004.
Rispetto al rapporto fra finanza e sviluppo, il giudizio etico intende certamente evidenziare fenomeni negativi da cui astenersi, ma soprattutto le possibilità di operare il bene: l’etica è innanzi tutto una proposta e un invito a compiere il bene, prima che un divieto di compiere il male, che è comunque insufficiente nelle prospettiva della vita cristiana.
Quanto appena affermato rende ragione della struttura del Sussidio: si comincia con un capitolo dedicato a una riflessione sui criteri di valutazione etica dei fenomeni della crescita e dello sviluppo economico. Il capitolo 2 illustra brevemente gli snodi del dibattito scientifico attuale sul problema dello sviluppo: senza un’adeguata comprensione, anche tecnica, dei fenomeni, giudizio morale e successive azioni sono sottoposti al rischio di equivoci ed errori che vanificherebbero l’intenzione di compiere il bene. Il capitolo 3 prosegue sulla stessa linea esaminando in concreto i principali strumenti di finanza per lo sviluppo, cioè le opzioni concretamente disponibili a chi voglia agire in questo settore. Segue il capitolo 4, che considera invece le responsabilità dei diversi soggetti coinvolti, con particolare attenzione all’esercizio del diritto–dovere di cittadinanza, cioè alle forme di possibile impegno concreto. Nelle conclusioni si offrono alcune prospettive di azione per i diversi soggetti: senza il passaggio a gesti concreti, ogni ragionamento morale è infatti tronco e, in fin dei conti, vuoto.
Nella redazione del Sussidio, il Gruppo di lavoro ha seguito una prassi ormai sperimentata. Prima di passare alla stesura, si è dato spazio a una fase conoscitiva, attraverso incontri con esperti delle materie in questione, ma soprattutto con testimoni: persone, associazioni e istituzioni che hanno accolto l’invito a esercitare i propri doveri di cittadinanza e di solidarietà globale e hanno sperimentato percorsi di azione con risultati positivi. Di queste esperienze si trova traccia nel Sussidio, in particolare in alcuni riquadri, nella convinzione che esistono spazi di azione e come stimolo alla creatività del lettore.
Il lavoro del Gruppo è stato ispirato e guidato dalla tradizione della Chiesa in materia di solidarietà praticata e dalla dottrina sociale della Chiesa, in particolare dai due documenti espressamente dedicati al tema dello sviluppo: la Populorum progressio di Paolo VI e la Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II, di cui nel 2007 ricorreranno rispettivamente il 40º e il 20º anniversario. Il Sussidio intende essere un tentativo di tradurre nella situazione concreta in cui ci troviamo i principi di riflessione, i criteri di giudizio e le direttive di azione che animano il magistero della Chiesa sul tema dello sviluppo. Soprattutto intende essere uno strumento e uno stimolo per le comunità cristiane del nostro Paese, perché attuino quel discernimento illuminato che loro spetta e intraprendano scelte e impegni concreti che mettano la finanza a servizio dello sviluppo integrale dell’umanità. Per questo Sussidio e soprattutto per le iniziative che da esso eventualmente muoveranno, il Gruppo di lavoro «Etica e finanza» auspica che possano valere le parole del n. 48 della Sollicitudo rei socialis: «Nulla, anche se imperfetto e provvisorio, di tutto ciò che si può e si deve realizzare mediante lo sforzo solidale di tutti e la grazia divina in un certo momento della storia, per rendere “più umana” la vita degli uomini, sarà perduto né sarà stato vano».
 
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Vedi articolo di "La Civiltà Cattolica"