UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Messaggio per la Giornata del Ringraziamento

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16 Ottobre 2001

i lavoratori della terra per il domani, sia in Italia che nelle nazioni povere. Questo lavoro sia apprezzato e stimato, favorito e scelto nelle famiglie con orgoglio e fierezza, in una sempre alta considerazione sociale.
La Giornata del Ringraziamento diventi quest'anno invito ad un cammino di pace, una pace fondata sul pane spezzato, cioè sulla giustizia, che resta l'unica risorsa per capire e risolvere le tragedie del nostro tempo. Ogni parrocchia organizzi segni visibili di sobrietà, proponga gesti di giustizia, scelga bene il luogo e le modalità di celebrazione.
E la gioia del Creato rallegri la nostra terra, profumi di pane condiviso la nostra mensa e renda bella la nostra eucaristia domenicale, a lode di quel Dio che fa "crescere il frumento per gli uomini" e corona l'anno con i suoi benefici (cf Sal 65,10.12).
La Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace
MESSAGGIO PER LA GIORNATA DEL RINGRAZIAMENTO 11 novembre 2001 "Dacci oggi il nostro pane quotidiano..." (Mt 6,11)
Carissimi fratelli e sorelle,
vi scriviamo, come Pastori delle Chiese che sono in Italia, invitandovi a dire grazie con noi al Signore per i doni che sempre ci rinnova. Ogni anno infatti Dio si dimostra generoso e buono nei frutti della terra, che sono il nostro sostentamento e la nostra gioia.
"Di gioia fai gridare la terra" (Sal 64,9). Buona è la terra che ha fatto per noi, affidandola alle nostre mani operose, perché ne facessimo un giardino irrigato, dove ogni colore trova bellezza ed ogni creatura trova pienezza. Ripensiamo alle immagini, tratte dal salmo 64, salmo del ringraziamento, che mirabilmente conclude: "Tutto canta e grida di gioia"; è lo stupore del contadino, che guarda con ammirazione i suoi campi carichi di frutta, dalle mele e dalle uve delle nostre colline agli aranceti dai colori vivissimi, agli argentei olivi che portano fragranza, ai frutti e fiori che sotto le serre crescono nello stupore della natura. Fino al grano che biondeggia e si incurva per il vento che lo accarezza, accanto ai prati che si coprono di greggi.
"Attorno alla mensa". Ogni agricoltore gode di questi doni. Esulta per la generosità della sua terra. Si asciuga il sudore, ma lo vede ricambiato. Immagine di questa bellezza, dono divino, è il pane, dorato e ben cotto, che esce dal forno e che profuma di casa tutto quanto avvolge. La gioia è piena quando il pane si fa "cuore" della tavola imbandita, con "i tuoi figli come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa" (Sal 127,3).
"L'altare". Ma la pienezza di questo inno di gratitudine che sale a Dio si ha quando quel pane, profumato di fatica e di gioia, diventa pane consacrato sull'altare delle nostre chiese, piccole o grandi che siano. Nelle mani del sacerdote, quel pane, levato al cielo in segno di perenne benedizione, assume un valore di riscatto immenso. E il Corpo del Cristo, immolato per amore. E donato con il Sangue, gratuitamente versato, come speranza per ogni sofferenza ed ogni lacrima, che qui viene asciugata.
La Giornata del Ringraziamento è così Terra, Mensa ed Altare.
Ma quest'anno, lo sguardo va oltre i nostri campi che ci hanno dato il pane, per abbracciare il mondo intero. E ci dice che questo pane, che noi spezziamo con grande gioia familiare e fraterna, deve essere posto sulle tavole di tutti gli uomini. Di tutti e non di pochi privilegiati. Perché tutti possano gridare fiduciosi: "Dacci oggi il nostro pane" (Mt 6,11).
Che fare allora? Tre cose: ringraziare, vivere sobriamente, impegnarsi per la giustizia! Questi i tre impegni che ci chiede la Giornata del Ringraziamento.
Prima di tutto, imparare a ringraziare di più chi ci ha dato questo pane: gli agricoltori che lo hanno lavorato sotto il sole, il fornaio che di notte lo ha cotto, il padre e la madre che lo hanno portato a tavola e che lo hanno spezzato per tutti i figli. E con il pane, ognuno sappia dire, sempre e a tutti: "Grazie!". Cioè faccia della sua vita un dono e non una pretesa. Una gioia e non una tristezza. Chi dice grazie, infatti, entra nella casa della gioia. Mentre l'opposto del grazie diventano le frasi spesso sentite: "voglio... dammi... portami!". Cioè l'egoismo, il centrare tutto su se stessi. Lo sentiamo non solo nelle nostre case, ma anche nella società, per cui chi più grida crede di valere di più, in un modello fatto non di servizio ma di dominio, schiacciando i più poveri. E i più poveri sono quelli che il pane sulla tavola non ce l'hanno.
Occorre perciò in questa Giornata spezzare e condividere il pane con tutti. Ce lo ricorda San Martino, la cui memoria coincide quest'anno con la festa del ringraziamento: egli non esitò a condividere quello che aveva con chi era nel bisogno. Pochi di noi hanno pane in abbondanza e talvolta lo gettano, purtroppo, nella spazzatura. Un peccato gravissimo! Molti invece sognano questo pane e non ne hanno. Se la gente cresce nella cattiveria è anche perché cresce nella fame. Per cui conserva nel cuore una grande rabbia: la mensa di pochi è carica di frutti, mentre la mensa di molti ha solo le briciole. Ci sia di esempio il racconto del Lupo di Gubbio, dove san Francesco, con l'aiuto del Signore, va incontro al lupo, feroce e cattivo, rimproverandolo fortemente per la sua cattiveria ma anche certo di poter sfamare il lupo. Gli diceva frate Francesco: "io so bene che per la fame tu hai fatto ogni male". La fame si può e si deve sconfiggere. Proprio come prometteva san Francesco a frate Lupo: "Tu non patirai più fame!" (I Fioretti di San Francesco D'Assisi, cap. XXI). Questo vuol dire impegnarsi e lottare per la giustizia, l'unica arma che fonda la pace. Cambierà allora il nostro tenore di vita, nel sacrificio e nella sobrietà, globalizzando la solidarìetà. Niente spreco, il pane avanzato è raccolto, la mensa si fa parca, la gioia nasce da cose vere. Qualità e non quantità, per tutti e non per pochi.
La giustizia ci chiede poi altre cose specifiche, con delle richieste più dirette a chi ci governa, che possono e devono diventare scelta di cultura: - Rispettare la naturale vocazione agricola dei vari territori, in ogni parte del mondo. Spesso infatti devono produrre ciò che piace al mercato e non ciò per cui sono naturalmente destinati. Così si impoveriscono ulteriormente. - La scienza sia molto prudente nella manipolazione dei prodotti agricoli. Rispetti invece le risorse primarie, favorisca i prodotti tipici, aiuti gli agricoltori in progetti piccoli ma ben mirati. Non cada nel vuoto la lezione della cosiddetta "mucca pazza"! - La politica crei infrastrutture, apra nuovi mercati per i prodotti della terra, aiuti seriamente l'agricoltura nella produzione dei beni primari, contrastando l'assistenzialismo e favorendo investimenti con scelte lungimiranti sul territorio, senza violarlo e senza abbandonarlo. - La scuola prepari