ù ricchi del pianeta confrontata con la necessità, per tutti, di raggiungere un accesso universale ai servizi sociali di base. Si stima che il costo addizionale per raggiungere e mantenere un accesso diffuso all'istruzione di base per tutti, alle cure sanitarie di base per tutti, alle cure mediche per la procreazione di tutte le donne, ad una adeguata alimentazione per tutti, ad acqua potabile e al miglioramento delle condizioni igieniche per tutti, si aggirerebbe attorno ai 40 miliardi di dollari l'anno: il che rappresenta meno del 4per cento della somma delle ricchezze concentrate nelle mani delle 225 persone più ricche del mondo. Il quinto più ricco della popolazione mondiale consuma il 45per cento di carne e di pesce disponibili, il quinto più povero il 5per cento; il quinto più ricco consuma il 58per cento dell'energia totale disponibile, il più povero meno del 4per cento; il quinto più ricco consuma l'84per cento della carta disponibile, il quinto più povero consuma l'1,1per cento; il quinto più ricco possiede il 74per cento delle linee telefoniche esistenti, il quinto più povero possiede l'1,5per cento; il quinto più ricco detiene l'87per cento del traffico navale mondiale, il quinto più povero meno dell'1per cento . Nel corso della vita un bambino nato nei Paesi industrializzati aggiunge consumi e più inquinamento di 30-50 bambini nati nei Paesi in via di sviluppo. Il consumo medio di proteine pro capite è di 115 grammi in Francia e di soli 32 in Mozambico. Nel mondo mediamente ci sono 90 automobili per ogni 1.000 persone di cui 405 nei Paesi industrializzati, 11 in Africa sub-sahariana, 6 in Asia dell'est, e 5 in Asia del sud.dott. Giuseppe Rotunno ("Conquiste del Lavoro", 24-25 ottobre 1998)
L'A. presenta gli squilibri economici e sociali presenti fra le diverse parti del mondo servendosi dell'ultimo rapporto UNDP sullo Sviluppo Umano. Si fornisce un'ampia sintesi dell'intervento rinviando, per la lettura del testo integrale, al file allegato. L'ultimo rapporto Undp sullo Sviluppo Umano 1998 ci dice che negli ultimi 25 anni il consumo mondiale è aumentato annualmente del 2,3per cento nei paesi industrializzati. Paesi come il Canada, la Francia, la Norvegia e gli Stati Uniti si collocano al primo posto dell'Indice di Sviluppo mano (Isu). Una vera e propria lievitazione dei consumi ha poi investito i paesi asiatici dove i livelli hanno toccato punte del 6,1per cento nell'Asia dell'est e del 2per cento nell'Asia del sud (anche se ciò non li porta al grado di sviluppo dei paesi industrializzati). Altri Paesi come Barbados, Costa Rica, Corea del Sud, rivelano cifre solo di poco inferiori ai livelli di sviluppo di paesi industrializzati come la Grecia e l'Italia. Ma la spia rossa della povertà riguarda più della metà della popolazione mondiale. 4,4 miliardi di persone vivono nei Paesi in via di sviluppo. Soltanto 21 di questi Paesi presentano n aumento del Prodotto interno lordo pro capite che si aggira intorno al 3per cento (cioè con un tasso sufficiente alla riduzione della povertà). Per altri 70 i consumi risultano essere inferiori a quelli di 25 anni fa: in Africa il consumo pro capite sia pubblico che privato è sceso del 20per cento rispetto al 1980. Il che significa che i tre quinti degli abitanti del terzo mondo sono costretti a vivere senza accesso a servizi di base, senza infrastrutture igieniche, servizi sanitari moderni, acqua potabile, in condizioni abilitative totalmente inadeguate. 850 milioni di individui sono inoltre analfabeti e per questo totalmente esclusi da ogni accesso ad una vasta ed essenziale gamma di conoscenze ed informazioni. Circa 17 milioni di persone poi muoiono ogni anno nel Terzo Mondo a causa di infezioni e patologie curabili. Un quinto dei bambini non frequenta la scuola e non usufruisce di un regime dietetico sufficiente. Il problema della sottoalimentazione è poi particolarmente grave nell'Africa sub-sahariana, dove il numero delle persone sottoalimentate non accenna a diminuire: dai 103 milioni di persone sottonutrite nel 1970 si è passati a 215 milioni di persone nel 1990. Anche il Nord ha i suoi Sud. Ciò che sorprende non è solo la quantità del problema, ma le radici e la prossimità di dislivelli e contraddizioni così alte. Nelle società più ricche e industrializzate come gli Stati Uniti - il Paese con il livello di consumo alimentare pro capite più alto del mondo - si contano 30 milioni di poveri che soffrono la fame, di cui 13 milioni sono bambini. In Canada, nel 1994, si sono contati 2,5 milioni di abitanti che hanno ricevuto aiuti alimentari. 1,5 milioni di persone non hanno potuto permettersi una dieta adeguata in Gran Bretagna. Il problema della malnutrizione è molto alto soprattutto nei Paesi dell'Est europeo. In Russia il 15per cento dei bambini di due anni è scarsamente nutrito, come anche in Bulgaria dove i livelli di malnutrizione infantile sono approssimativamente gli stessi. dopo aver accennato alle piaghe della povertà (guerre, epidemie, ecc.) ed aver sottolineato che i Paesi poveri stanno pagando i consumi di una minoranza di ricchi anche in termini di inquinamento, l'A. si domanda come sia possibile pensare ad un futuro nel quale si spendono in un anno 435 miliardi di dollari in pubblicità, mentre 1,3 miliardi di persone non hanno accesso all'acqua potabile e altrettanti vivono con un dollaro al giorno? Gli scenari futuri non sono molto rassicuranti se si pensa che la carenza di beni come l'acqua, l'energia, il cibo potranno essere motivo di conflitti. Se il grande limite del nostro benessere è stato quello di uno sviluppo costruito tutto sulla materializzazione dei consumi, oggi bisogna riconvertire globalmente questo modello. Attraverso le innovazioni tecnologiche. Guardando alla qualità e alla sostenibilità dei consumi. Attraverso politiche responsabili dei governi e la partecipazione democratica dei cittadini, delle associazioni, delle organizzazioni civili e sindacali, alle scelte globali. Se questo non sarà sufficiente a risolvere le grandi contraddizioni dello sviluppo umano, almeno eviterà che l'umanità ritorni all'età della pietra. A riguardo del cappio del debito estero che sta strangolando le economie dei Paesi poveri, l'A. propone: Adottare criteri di eleggibilità più flessibili e rapidi. Stando agli attuali accordi Hipc, i Paesi devono sottostare a due successivi programmi del FMI, il che implica un periodo di tempo fino a sei anni. Riducendo il periodo di eleggibilità da sei a tre anni, si accelerebbero i progressi e si offrirebbero benefici immediati ai paesi candidati. L'inflessibilità nell'applicazione delle condizioni è apparsa chiara nel caso dell'Etiopia. Nonostante i risultati ottenuti in campo macroeconomico, pienamente riconosciuti dai Paesi donatori, l'entrata dell'Etiopia nell'iniziativa Hipc è stata ulteriormente tardata a causa del disaccordo sugli obiettivi di politica fiscale e monetaria. Allargare e approfondire il condono del debito. La relazione tra sostenibilità del debito e condizioni per il condono è troppo gravosa. Il rapporto tra il valore attuale dello stock di debito e le esportazioni (200-250per cento ) deve essere abbassato a 100-150per cento e il rapporto fra servizio sul debito ed esportazioni (20-25per cento ) portato al 10-15per cento . Legare il condono del debito alle strategie dello sviluppo umano. Il condono del debito Hipc deve essere legato ad iniziative di priorità sociale, in modo da convertire il carico del debito in finanziamento per lo sviluppo umano e la riduzione della povertà. Un altro stridente contrasto è rappresentato dalla ricchezza dei 225 pi