UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

L’eucarestia per una rinnovata evangelizzazione del mondo rurale

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29 Marzo 2001

e reggono la società con la ragione e in conformità al p rogetto di Dio. Il regno di Cristo, che non è di questo mondo, è un "regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace" (Prefazio della festa di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'universo). E proprio queste caratteristiche sono il fondamento dell'impegno dei laici cristiani i quali "Per loro vocazione è proprio cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e orinandole secondo Dio" (Lumen gentium, 31).

3. Conclusione
Vivere la morte e la risurrezione di Cristo richiede e aiuta ad assumersi il peso dell'impegno nel mondo, per sentirsi responsabili del bene degli altri e, guardando al mondo intero, del bene comune, cioè "l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente" (Gaudium et spes, 26). L'Eucarestia, frequentata con fede, aiuterà a non lasciarsi prendere dallo scoraggiamento e a non abbandonare il campo nel quale Dio ci ha posto ad operare. Chi agisce secondo quest'ottica si opporrà al tentativo, oggi assai presente, di lasciarsi convincere che la fede è quasi d'ostacolo all'impegno sociale, o, peggio, che il cristiano è costituzionalmente incapace ad operare in politica e in economia. E necessario accogliere l'invito più volte rivolto al mondo agricolo da Papa Giovanni Paolo II di tradurre l'amore cristiano in solidarietà perché tutti possano sedersi alla tavola dei beni della terra che Dio ha preparato per tutti. 1. Una premessa necessaria.
Scrive Friedrich Herr: "Charles Péguy ha mosso a Dante il rimprovero di aver percorso l'inferno come un turista. I cristiani d'oggi prendono spesso parte al mondo solo come turisti, con qualche curiosità, con una sincera partecipazione, ma senza quel radicale "esser-presi" che vede come io qui e adesso sia collaboratore di Dio, corresponsabile della crescita dell'umanità fino alla piena età di Cristo, comunicando con tutti gli uomini che vengono a me, accettando in tutti Cristo e lasciandomi schiudere e maturare con essi, in modo da diventare io sempre più cristiano ed essi sempre più uomini". (Cristianesimo aperto, La Locusta). Per essere cristiani nell'esperienza quotidiana, sia del lavoro sia del tempo libero, bisogna prendere sul serio la propria vita e la propria fede, ed essere coscienti della propria identità cristiana; senza questa determinazione di mente e di cuore si rimane insignificanti e incapaci di orientare la propria vita, e quella degli uomini che si incontrano, secondo la singolare e a volte paradossale legge evangelica. Vi sono, pur in una società che pone i cristiani alla sbarra con il suo materialismo pratico e il suo radicale secolarismo, ancora troppi cristiani all'"acqua di rose", inefficaci nella loro testimonianza a causa del loro adeguamento al modo di pensare e di agire di tutti; unica loro diversità è partecipare a qualche funzione religiosa. "Andare controcorrente" è per il cristiano, nella cultura dei tempi nostri, un imperativo; è far propria l'esortazione di Gesù: "Avete inteso che fu detto agli antichi… ma io vi dico…".

2. Eucarestia e lavoro agricolo
"Dalla Liturgia, e particolarmente dall'Eucarestia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene, con la massima efficacia, quella santificazione degli uomini e glorificazione di Dio in Cristo, verso il quale convergono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa". Non vi potrà, quindi, essere autentica evangelizzazio ne che non passi attraverso l'Eucarestia la quale innanzitutto ci evangelizza, ci rende forti nella fede per spingerci a partecipare a tutti gli uomini le verità evangeliche con le parole e con una testimonianza comprensibile per ogni uomo. Nell'offerta della celebrazione eucaristica il Sacerdote, a nome di tutti, dice a Dio: "Benedetto sei tu, Signore, Dio dell'universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della terra (questo vino frutto della vite) e del lavoro dell'uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna (bevanda di salvezza)". Quel pane e quel vino trasformati nel corpo e sangue di Cristo saranno, per chi li riceve con fede, luce e forza; Cristo entra così nella storia degli uomini anche per mezzo nostro, e porta la sua salvezza lungo tutto il cammino della esperienza terrena. Si è così spinti a rendere operativa la "nuova evangelizzazione" se, ricchi dei doni dello Spirito, "fungiamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro" (2 Cor 5, 20). Non essere turisti nel mondo ha qui il suo pieno significato: siamo evangelizzati per evangelizzare; e l'esortazione: "La Messa è finita: andate in pace" è la traduzione nella vita di ciascuno del "duc in altum" del Vangelo, cioè "sciogli le vele e parti". Vi è tutto un mondo che, anche se inconsciamente, attende chi gli si proponga il senso vero della vita e che gli si ricordino i valori alla luce dei quali è giovevole spendere la propria avventura terrena. L'incontro con Cristo nell'Eucarestia impone la domanda: "Che debbo fare per avere la vita eterna?". La risposta passa precisamente attraverso alcuni atteggiamenti e virtù che l'Eucarestia suggerisce e sui quali vogliamo fare qualche puntualizzazione.
* La fraternità e la solidarietà
L'Apostolo Paolo scrive ai cristiani di Corinto: "Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo. Quando dunque vi radunate insieme, il vostro no n e più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno, infatti, quando partecipa alla cena, prende prima il proprio pasto e così uno ha fame, l'altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla chiesa di Dio e far vergognare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo" (1 Cor 11, 18-22). Se si legge questo rimprovero di Paolo con attenzione al mondo moderno si deve concludere che ve n'è bisogno più ai giorni nostri che ai tempi dell'Apostolo. La cultura, in cui siamo immersi, è impregnata di personalismo, di egoismo, di disunione, di disprezzo e di indifferenza per l'"altro". L'Eucarestia ci parla, al contrario, e ci educa alla comunione, all'amore del prossimo fino al dono della propria vita perlomeno alla partecipazione alle gioie e alle sofferenze del fratello, all'accoglienza di tutti, all'abbraccio di pace che è segno di comunione fraterna. Il sacerdote nel Canone della Messa prega perché coloro "che mangeranno di quest'unico pane e berranno di quest'unico calice siano riuniti in un solo corpo dallo Spirito Santo" (Preghiera eucaristica IV), invocazione che tiene in conto l'inclinazione d'ogni uomo alla chiusura in se stesso e nelle proprie faccende. S'impone, oggi, un annuncio esplicito della solidarietà, la quale "sia nella comunità cristiana, sia nella società, non è una virtù accanto alle altre, ma espressione unificante della vita cristiana".
* La riconciliazione
Le rotture della fraternità sono all'ordine del giorno nella mentalità e nei comportamenti odierni; anzi, chi non sa opporsi all'altro, non solo chi non entra in competizione (il che salvaguarderebbe la dignità di colui con il quale si compete poiché con essa si vuol fare emergere solo ciò che è più conveniente) ma chi non entra in sfrenata concorrenza (la quale tende ad eliminare il concorrente), non è considerato uomo capace e furbo. La competitività non è da demonizzare, si richiede solamente che vi siano re gole che salvaguardino la giustizia, l'equità e il rapporto di fraternità. "Per portare riconciliazione - ci ha ricordato il Convegno ecclesiale di Loreto (9-13 aprile 1985) -, dobbiamo essere chiesa riconciliata, perciò stesso capace di apertura ecumenica agli altri fratelli cristiani ed esperta a promuovere il dialogo della salvezza nei più vasti e anche più difficili ambiti della comunità degli uomini". E compito nostro, questo, in modo imprescindibile. La riconciliazione inizia, però, nel cuore dell'uomo; pare singolare, ma l'uomo necessita prima di tutto di una vera riconciliazione con il suo essere uomo inserito in una comunità. Solo in seguito sarà chiamato a riconciliarsi con la natura, in special modo con la terra per non distruggerla ma per coltivarla e custodirla,; con gli altri uomini per salvaguardare non solo la propria libertà ma anche quella altrui; e con Dio, dal quale viene ogni bene. Scrive l'Apostolo Paolo ai cristiani di Corinto: "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2 Cor 5, 20). Un appello accorato che si realizza nel mistero eucaristico. Prega il sacerdote nella S. Messa: "Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, noi ti offriamo, o Padre, il sacrificio di riconciliazione, che ci ha lasciato come pegno del suo amore e che tu stesso hai posto nelle nostre mani", e prosegue: "…donaci il tuo spirito, perché sia tolto ogni ostacolo sulla via della concordia, e la Chiesa risplenda in mezzo agli uomini come segno di unità e strumento di pace" (Preghiera eucaristica della riconciliazione II). Un mondo riconciliato è un mondo ove l'uomo può vivere in libertà e pienezza tutta la sua esperienza, da quella familiare, a quella del lavoro dei campi e degli impegni economici e politici. Annunciare il necessario bisogno di riconciliazione tra i popoli, le nazioni e le singole categorie di cittadini è una conseguenza della riconciliazione che Dio accorda a noi che lo preghiamo e ci conformiamo a l suo comando: "Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono" (Mt 5, 23-24).
* Il servizio
Un aforisma di Tagore traduce in poesia il dovere del servizio, sull'esempio di Gesù "che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti" (Mt 20, 28). Scrive Tagore: "Io dormivo e sognavo che la vita non era che gioia; mi svegliai e ho visto che la vita non era che servizio. Io ho servito e ho visto che il servizio era la gioia". Il lavoro è un eminente modo di servire. L'agricoltore non coltiva solo per sé; pur non conoscendo gli uomini che si varranno del frutto del suo sudore, tuttavia si pone in comunione con essi e, si può dire, a loro servizio. La diaconia del lavoro, così dimenticata e a volte disprezzata dall'attuale cultura, rimane una delle più inevitabili. L'uomo non è autosufficiente, l'uomo ha bisogno che altri gli offrano quanto è necessario per la sua vita. Se si fosse capaci di vedere al di là dell'impegno quotidiano nell'ufficio, nella fabbrica, nel lavoro dei campi i volti di molte persone che mai lo potranno ringraziare per aver loro preparato quanto da soli non possono produrre, se si intuisse questa catena che lega gli uni agli altri, il mondo avrebbe una piattaforma su cui costruire quella pace che è dono desiderato e voluto. Gesù nell'ultima cena dopo aver lavato i piedi ai suoi discepoli commenta: "Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque Io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi" (Gv 13, 12-15). L'Evangelista Giovanni pone questo fatto quasi a commento dell'istituzione dell'Eucarestia, che lui tralascia nel suo racconto; frutto di quest'ul tima è certamente conformarsi al Signore che ha servito gli ultimi, i sofferenti, i poveri e ogni uomo in necessità. Se l'azione politica e l'occuparsi dell'economia fossero stimati un servizio, se il lavoro, qualsiasi lavoro, da quello imprenditoriale a quello dipendente, dal lavoro professionale a quello tecnico, da quello del settore dei servizi a quello dei campi, fossero pensati in funzione alla relazione tra gli uomini, il mondo si ritroverebbe nella felice situazione voluta ed espressa dal Signore nelle beatitudini (cfr. Mt 5, 1ss) e nel giudizio finale dei benedetti dal Padre suo (cfr. Mt 25, 31ss).
* La giustizia
"L'Eucarestia educa all'amore sociale, col quale antepone al bene privato il bene comune" (Misterium fidei, 36). Gli uomini del lavoro, quando si riuniscono in associazioni e movimenti in nome di Cristo, diventano strumento comunitario per dare corpo alla giustizia attuando la vocazione ad essere apostoli nel campo sociale e testimoni della fede in sintonia con gli impegni del battesimo. Giovanni Paolo II così esplicita tale impegno: "Quanti partecipiamo dell'Eucaristia, siamo chiamati a scoprire, mediante questo Sacramento, il senso profondo della nostra azione nel mondo in favore dello sviluppo e della pace; ed a ricevere da esso energie per impegnarci sempre più generosamente, sull'esempio di Cristo che in tale Sacramento dà la vita per i suoi amici. Come quello di Cristo e in quanto unito al suo, il nostro personale impegno non sarà inutile, ma certamente fecondo". Sarà più facile ai laici cristiani, operanti nel mondo rurale, portare il glorioso peso del cambiamento di quanto si oppone, nel lavoro e in tutte le relazioni che tale mondo ha con gli altri ambiti del lavoro e del vivere sociale, alla giustizia; di più, la loro fede, e le opere che ne conseguono, devono renderli quasi una "icona" per ogni lavoratore dei campi: icona per l'impegno e per le virtù civiche e cristiane ch