UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

La presa di coscienza della responsabilità verso il creato come dimensione essenziale della vita della Chiesa

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31 Maggio 2000

1. Prese di posizione dottrinali
Può essere utile ricordare innanzitutto quanto il Magistero della Chiesa ha già espresso in merito alla responsabilità per il Creato. A ben guardare non risulta fondata l'impressione che il Magistero della Chiesa cattolica e più in generale le chiese cristiane non abbiano reagito tempestivamente alla sfida etica posta dalla minaccia del nostro ambiente e dell'habitat per ogni forma di vita sulla terra. E senz'altro vero che, fino agli anni Sessanta, fino ai tempi del Concilio Vaticano II non era presente ancora una chiara consapevolezza ecologica. I testi del Concilio, in particolare la Costituzione pastorale riguardante il rapporto della Chiesa col mondo, Gaudium et spes, respirano ancora un ottimismo sorprendente, esprimendo la convinzione che l'uomo riuscirà a sottomettere a sé la terra, a umanizzarla, ad andare incontro alla crescita della popolazione mediante un'accresciuta produzione agricola e industriale (GS 34, 63-64). Con ciò il Concilio volle innanzitutto rispondere all'accusa secondo la quale la religione cristiana, con la sua speranza rivolta all'aldilà, allontanerebbe l'uomo dall'impegno concreto in questo mondo (GS 20). Poco dopo il Concilio la situazione cambiò. Già nel 1971 un anno prima del famoso Rapporto del Club di Roma sui limiti della crescita , il Sinodo romano dei vescovi, nel suo documento De Iustitia in mundo si espresse sulla crisi ambientale e il papa Paolo VI, nella sua lettera apostolica Octogesima adveniens affermò in tutta chiarezza: "Improvvisamente l'uomo diventa consapevole che a causa di uno sconsiderato sfruttamento della Natura corre il rischio di distruggerla e di diventare egli stesso vittima di una profanazione che si ripercuote su di lui". Da quel momento, anche in concomitanza con catastrofi naturali - si ricordi l'avvelenamento del Reno, gli incidenti causati dai gas tossici a Bhopal (India), Seveso (Italia), alla moria dei boschi a causa delle piogge acide, in particolar modo al l'incidente al reattore di Chernobyl (Ucraina), al buco dell'ozono, al disboscamento delle foreste vergini, al surriscaldamento del clima ecc. - ci fu tutta una serie di documenti di singoli vescovi e di conferenze episcopali regionali o nazionali. Da parte dell'attuale papa citiamo il Messaggio per la giornata mondiale per la pace 1990, Pace con Dio - Pace con tutto il creato , nel quale la crisi ecologica viene definita un problema etico, che coinvolge la responsabilità di tutti, di modo che le soluzioni necessarie si possano cercare in una nuova solidarietà; citiamo inoltre i singoli accenni nelle encicliche Sollecitudo rei socialis (1987, n. 34), Centesimus Annus (1991, nr. 38), che conia il concetto di 'Ecologia Umana', ed Evangelium Vitae (1995, nr. 10, 27,43, 42). Negli ultimi mesi in particolare, le dichiarazioni del Papa su questi temi si sono moltiplicate. Non passa mese senza che il Papa o un rappresentante della Santa Sede, in un breve discorso o in un documento, non faccia riferimento a questioni ecologiche. Voglio pertanto citare il messaggio della Giornata della Pace del 1999, riguardante la questione dei diritti umani che al nr. 10 sottolinea espressamente anche la responsabilità nei confronti dell'ambiente; anche la lettera apostolica presentata a Città del Messico, Ecclesia in America, al n.56, tra i "peccati che gridano al cielo" cita anche l'irresponsabile distruzione della natura; o ricordiamo il breve discorso all'Accademia Pontificia delle Scienze del 12.03.1999 dal titolo Rispetto dei diritti umani - vivere con il creato, nel quale sono menzionate questioni concernenti uno stile di vita responsabile. Qui viene detto: "Affinché il pianeta sia abitabile anche domani e tutti vi abbiano il loro posto, sollecito le autorità pubbliche e tutti gli uomini di buona volontà ad analizzare criticamente il proprio comportamento quotidiano e le decisioni che devono prendere. Queste non possono essere determinate da infinite e smodate aspirazioni ve rso beni materiali senza riguardo al contesto nel quale viviamo e che deve essere tale da poter soddisfare i bisogni fondamentali delle generazioni attuali e future. Questa rispettosa attenzione costituisce un aspetto essenziale della solidarietà tra le generazioni" . L'ampio documento della Commissione per le questioni sociali della Conferenza episcopale tedesca Agire per il futuro della creazione , pubblicato il 22 ottobre 1998, tratta dettagliatamente le numerose prese di posizione da parte della Chiesa (n. 42, 55) e ne sviluppa anche i punti focali; tuttavia poi sostiene: „Sul piano delle encicliche, la problematica ecologica non è stata fino ad ora trattata in modo esauriente. Manca ancora una 'Enciclica sull'ambiente' (n.44)" . Si dovrebbero citare anche i documenti nati da una collaborazione ecumenica, come ad esempio per la Germania, la dichiarazione comune del Consiglio delle Chiese Evangeliche della Germania (EKD) e della Conferenza episcopale tedesca (DBK) Assumersi la responsabilità nei confronti del creato, pubblicata nel 1985, e ancora la dichiarazione comune del 1997 Per un futuro nella solidarietà e nella giustizia. Innanzitutto, però, devono essere menzionati i documenti nati sulla scia del cosiddetto processo conciliare: il documento finale della Prima Assemblea ecumenica europea di Basilea, del 1989, Pace nella giustizia ; i documenti della assemblea mondiale di Seoul, i quali espressamente hanno fatto di "Giustizia, pace e salvaguardia del creato" il loro tema; ed infine le Raccomandazioni della Seconda assemblea ecumenica europea di Graz . Proprio la prima raccomandazione per il quinto ambito tematico, "Nuova pratica di responsabilità ecologica", suggerisce: „Raccomandiamo alle chiese di considerare e promuovere la salvaguardia del creato come componente essenziale della vita della Chiesa a tutti i livelli. Ciò potrebbe avvenire anche grazie a una giornata comune dedicata al creato come già viene celebrata dal Patriarcato ecumenico". E come motivazione viene addotta: "In considerazione dell'importanza della problematica ecologica per il futuro dell'umanità è molto importante risvegliare e rafforzare nelle Chiese la consapevolezza che l'impegno per la salvaguardia del creato non rappresenta un ambito di lavoro discrezionale accanto a molti altri, ma deve costituire una dimensione essenziale della vita della Chiesa".

2. Difficoltà intraecclesiali nei confronti della ricezione della responsabilità verso il creato
I redattori della raccomandazione sopracitata e in particolare della motivazione addotta partirono dal presupposto che nelle Chiese d'Europa deve, in primo luogo, essere risvegliata la consapevolezza che la responsabilità verso il creato deve veramente costituire una dimensione essenziale della vita della Chiesa. Certamente è presente tra i cristiani una coscienza ecologica - a testimonianza di ciò esistono mirate indagini demoscopiche. Tuttavia alla domanda: "Quale è una dimensione essenziale della vita della chiesa?", la maggior parte dei cristiani e dei loro pastori non risponderebbero che questa è anche e proprio la responsabilità verso il creato. L'impegno per l'ambiente viene ascritto più all'ambito sociale e politico per il quale le chiese non avrebbero alcuna competenza particolare, né un compito specifico. Tuttavia la questione è se si possa effettivamente suddividere il tutto esattamente in questo modo, se con ciò si possa rendere giustizia all'introduzione della costituzione pastorale Gaudium et spes che inizia con le seguenti parole eloquenti: „Le gioie e le speranze, le tristezze e le paure degli uomini d'oggi, particolarmente degli oppressi, sono anche le gioie e le speranze, le tristezze e le paure dei discepoli di Cristo. E non vi è nulla di veramente umano che non trovi eco nei loro cuori". Non viviamo forse ancora nella prassi di un celato dualismo, cosicché la prospettiva di redenzione, considerata in un certo senso come isolata, si trova ancora in primo p iano nella vita ecclesiastica e nell'impegno dei pastori e che la prospettiva della creazione viene per questo trascurata? Ha senz'altro costituito un passo avanti il fatto che, nel periodo post-conciliare, ci sia stato un allontanamento dalla visione individualistica (salvezza delle anime), per assumere piuttosto una prospettiva ecclesiologica (costituzione sul posto di una comunità cristiana secondo le penitenze fondamentali del martirio, della liturgia, della diaconia). In qualche modo, tuttavia, negli ultimi tempi la nostra Chiesa - per lo meno nei paesi europei - sta sperimentando lo shock della secolarizzazione. La Chiesa non è riuscita ancora a superare la perdita d'influenza sulla società e la diminuzione della pratica religiosa. Desidererebbe far fronte a tutto ciò mediante un maggiore sforzo di rinnovamento ecclesiale. In tutto questo la prospettiva è eccessivamente limitata all'interno della chiesa, è troppo centrata sulla chiesa stessa. Questa difficoltà, che si manifesta anche in una peculiare debolezza nell'impegno ecologico delle Chiese , dovrebbe essere superata da un lato mediante una maggiore accentuazione della teologia della creazione, che ad esempio, secondo le stesse affermazioni del Card. Ratzinger , negli ultimi decenni è stata molto trascurata, dall'altro mediante una più forte visione d'insieme tra Creazione e Redenzione e tramite il ricorso all'annuncio del Regno di Dio e della sua dimensione escatologica.
3. Rivalutazione della Teologia della Creazione
Si tratta allora di mettere in evidenza che cosa significa effettivamente creazione; che è necessario, di fronte a correnti oggi molto diffuse di panteismo o di panenteismo, conservare la differenza tra Creatore e creature; che la creazione testimonia un rapporto continuo tra Creatore e creature. Non è sufficiente un semplice atto creatore iniziale a dare avvio al mondo lasciando poi che questo proceda per il suo corso (si tratterebbe in questo caso di deismo); nel nostro Cred o cristiano, Dio ha intrapreso con la creazione un rapporto d'amore e di benevolenza con tutte le creature: egli le mantiene continuamente in esistenza. Bisogna a questo punto richiamare alla memoria la dottrina della "creatio continua" . Allo stesso modo la creazione deve essere vista come l'opera di Dio Trinitario, scaturente dall'amore di Dio Padre, dal creatore del cielo e della terra, che ha creato tutto tramite la sua Parola, per mezzo e in vista del suo Figlio e che tutto conserva e porta a compimento nello Spirito Santo, il donatore della vita. Ciò conferisce alla Creazione una dimensione sacramentale , poiché Dio stesso è presente in lei fino a raggiungere la massima concentrazione nell'Eucarestia, tramite la quale il frutto della terra e del lavoro dell'uomo viene trasformato nel corpo di Cristo. E ancora, tutto ciò ha una dimensione escatologica, perché noi attendiamo un nuovo cielo e una nuova terra in quanto l'intera creazione sta soffrendo le doglie del parto e sospira nell'attesa di essere finalmente accolta nella gloria dei figli di Dio, nella partecipazione al Cristo risorto. Così scrive infatti Georg Kraus nel suo "Manuale di dottrina della creazione" dell'anno 1997: "Uniche nell'ambito del Nuovo Testamento sono le asserzioni, in cui Paolo pone in strettissima correlazione il destino dell'intera creazione con il destino dell'uomo. La creazione intera partecipa pertanto alla redenzione dell'uomo e deve in tal modo, in occasione del compimento finale dell'umanità, essere liberata dalla sua caducità e conseguire la condizione della pace eterna" . Medard Kehl muove - in un articolo anch'esso pubblicato nel 1997 - dalla domanda: "che cosa aggiunge la 'lode di Dio ' da parte della creazione terrestre e materiale alla lode angelica ed umana?" ed afferma: " Ecco, qui ci aiuta a fare un passo in avanti la promessa biblica del Regno di Dio: il Regno di Dio infatti deve essere alla fine riconosciuto come universalmente operante, ed a tal fine c'è bisogno in toto del compimento della creazione e della lode da essa rivolta a Dio. Infatti solo se la creazione è compiuta nella sua totalità, se aderisce completamente alla volontà divina di giustizia, di pace e di vita, diviene palese che Dio è veramente il Creatore e perciò l'esclusivo Signore di tutta la realtà... Proprio ed anche per porre termine al dominio del peccato dell'umanità che è profondamente radicato nelle condizioni naturali del mondo presente e che con la sua azione pervertisce, nel senso di una distruttivo egoismo, il rapporto dell'uomo nei confronti di Dio, degli altri uomini e dell'intera creazione, proprio per questo c'è bisogno - per l'avvento escatologico del Regno - del 'rinnovamento cosmico del mondo' in cui spera l'intera tradizione giudeo-cristiana, ovvero di un 'nuovo cielo' e di una 'nuova terra'. Se queste prospettive fossero più presenti alla coscienza dei cristiani medi e della prassi pastorale, ciò avrebbe come conseguenza una grande sdrammatizzazione dei problemi. Si supererebbe definitivamente un atteggiamento di fissazione sui propri problemi e si rivolgerebbe lo sguardo sull'agire di Dio stesso. L'annuncio del Regno di Dio è in prima linea l'annuncio della potenza dell'operare divino, della sua azione nell'ambito della creazione e della redenzione sino al compimento escatologico. I concetti del processo conciliare su "Giustizia, pace e salvaguardia del creato" sono in ultima istanza anche concetti, che trascendono l'agire dell'uomo. La giustizia e la pace sono anzitutto attributi divini, ovvero connotano l'agire di Dio, che nel tempo escatologico si rivela come compiuto. La salvaguardia, la "conservatio" della creazione è allora propriamente azione di Dio, che nuovamente dischiude nel tempo della fine delle prospettive, che per noi uomini non sono concepibili e neppure pienamente comprensibili. Di fronte a tale operare di Dio noi siamo chiamati esclusivamente ad un atteggiamento di stupore caratterizzato da rispetto e lod e, insomma ad una spiritualità della creazione, e, sul piano etico, ad una responsabilità verso quest'ultima.
4. Sviluppo di una specifica spiritualità della creazione
La percezione della responsabilità per la creazione deve iniziare anzitutto nelle menti e nei cuori, ovvero è richiesto un nuovo atteggiamento di fondo da parte dell'uomo nei confronti della creazione divina, che ripudi una visione strumentale ed utilitaristica della natura in favore di una attitudine di rispettoso stupore e di gratitudine nei confronti del perdurante dono della creazione divina (creatio continua). "Quanto più l'uomo riduce la natura al mero oggetto a sua arbitraria disposizione, tanto più ne conseguono non solo la messa in discussione delle basi naturali della vita e della stessa sopravvivenza umana, ma anche la cosificazione del mondo naturale, umano e storico" . Si potrebbe - a questo proposito - connotare in tal senso l'intero sviluppo della storia del pensiero moderno, che ha condotto ad un tale restringimento del rapporto uomo - natura e prendere posizione anche sulle accuse, che sono state avanzate in particolare all'indirizzo del cristianesimo . Ma qui non stiamo discutendo di questo. Si deve allora iniziare dalla definizione del rapporto dell'uomo con la natura, il che può essere fatto in prima istanza a livello filosofico, entrando in dialogo con tutti quei tentativi di fondazione di un'etica ecologica che, di fronte all'antropocentrismo biblico-cristiano, visto come corresponsabile della devastazione ambientale della modernità, propugnano una attitudine bio o fisiocentrica , rifiutano insomma la posizione privilegiata dell'uomo e domandano il rispetto della natura per il bene di quest'ultima. Tra le più conosciute su questa linea è certamente la visione di Albert Schweitzer, con la sua celebre espressione "Io sono vita che vuole vivere, in mezzo alla vita che vuole vivere". In questo contesto si è affermata una comunanza di diritti del mondo extraumano e si è talora individuato nella "naturalità" il più elevato criterio etico. Il contributo conoscitivo di queste prospettive consiste nel fatto che esse hanno fatto emergere atteggiamenti e disposizioni decisive al fine di un rapporto responsabile con la natura. Essa non può essere sicuramente degradata ad oggetto di sfruttamento tecnico-economico, come purtroppo si verificò nella specifica dinamica del processo industriale: la natura ha un valore in sé. E sufficiente un approccio antropologico-culturale per evidenziare che l'uomo stesso subisce dei danni nella sua umanità qualora non sia capace di realizzare il suo rapporto con la natura anche sotto l'aspetto etico (in quanto la natura è affidata alla sua responsabilità), sotto quello religioso (nella forma del ringraziamento per il dono della creazione) e quello estetico (come esperienza del bello). Le proposte fisiocentriche soffrono tuttavia per una debolezza di principi sotto il profilo etico, poiché se l'uomo non ha una posizione particolare nell'insieme della natura, allora non si può ultimativamente giustificare, perché egli debba farsi carico della responsabilità per la natura e come si possa giungere mai, nel caso delle molte decisioni che ci stanno di fronte, - si pensi per esempio al problema del transito - ad una responsabile ponderazione dei beni in gioco. Le proposte fisiocentriche conducono spesso insomma ad atteggiamenti fondamentalisti, che esercitano solo più opposizione nei confronti di qualsivoglia proposta di soluzione. Per una fondazione etica sembra pertanto in questione solo una proposta, che muove dall'uomo come soggetto morale, ma che estende questo principio personalistico all'ambiente sociale e naturale (antropocentrismo moderato o relativo ). Sulla base della grande tradizione etica si può mostrare che l'uomo si rivolge contro la sua stessa ragione morale, se degrada il proprio con-mondo, che esperisce in molti modi nel suo specifico valore, esclusivamente ed unicamente ad oggetto di arbitrario sfruttamento. Tutte le dimensioni ed i rapporti oggettivi, che sono stati nuovamente richiamati alla coscienza nel corso della sensibilizzazione ecologica degli ultimi decenni, devono essere rispettati, per il bene dell'uomo, sia di questa che delle prossime generazioni, e subordinatamente anche per il bene delle altre creature. Dopo una riflessione a livello più teoretico sui rapporti fondamentali, in cui l'uomo sta, e sulla necessità di una trasformazione a livello coscienziale, si deve però anche passare all'esercizio concreto ed all'attuazione di questi atteggiamenti interiori. Dal punto di vista religioso ciò avviene attraverso una corrispondente spiritualità della creazione e nella tradizione etica attraverso i corrispondenti atteggiamenti virtuosi. Suggerimenti preziosi in vista di una spiritualità della creazione offre il "manuale" pubblicato da Georg Kraus nel 1997 . Secondo questo autore "il punto di partenza per tale spiritualità... è la persuasione viva, che il Dio creatore é presente nell'intero ambito del mondo. Concretamente, gli uomini che credono sviluppano la disposizione spirituale della concreaturalità, poiché sperimentano se stessi come creature tra le altre. Una tale spiritualità pone il fondamento più profondo per una coscienza ecologica"
a) La spiritualità della mistica cosmica: "La mistica cosmica percepisce un incontro con Dio in tutte le creature, quale lo hanno sperimentato e descritto in forma particolarmente viva le mistiche cristiane (ad esempio Ildegarda di Bingen e Mechthild di Magdeburgo) ed i mistici (vedi Meister Eckhart, Giovanni della Croce e Jacob Böhme). Ignazio di Loyola ha riportato la mistica cosmica alla formula: "cercare e trovare Dio in tutte le cose". 1) Tutte le creature sono in Dio e Dio è in tutte le creature: Att. 17,24.27 sg.; Ger. 23,24; Tommaso d'Aquino: "Come l'anima è tutta intera in ogni parte del corpo, così anche Dio è tutto in tutto ed in ogni cosa", STh I,8,2,3. Da ciò deriva come conseguenza: Tutti gli esseri della natura hanno un alto valore perché in essi è presente Dio". 2) Tutte le creature sono una testimonianza di Dio: In una prospettiva mistica anche le creature non umane divengono soggetti del rendimento di lode a Dio (cfr. Sal 145,10; Sal 19,2 ed il Cantico di frate Sole). 3) Presenza del Dio trinitario nel cosmo "La mistica cosmica percepisce tale presenza della Trinità nella creazione e rende coscienti del fatto che l'olismo dell'ecologia è fondato di già nel Dio trinitario" . Nella creazione è presente in modo speciale il Cristo cosmico (Eucarestia) e pure allo stesso modo lo Spirito cosmico di Dio: "Con la fede nella onnipresenza cosmica dello Spirito di Dio la mistica cosmica rende coscienti, in ecologia, del fatto che tutti gli esseri del mondo meritano attenzione, perché recano in sé una traccia dello Spirito divino" .
b) La spiritualità della concreaturalità:
1) Attenzione per la dignità di ogni creatura: Le creature devono essere valutate non unicamente sul valore d'uso che esse hanno per l'uomo, bensì sul loro valore ontologico, e da ciò nasce un profondo rispetto per esse. 2) Stupore riferito alla pienezza ed alla bellezza delle altre creature: Una tale spiritualità rende aperti gli occhi ed i sensi dell'uomo, affinché possano vedere e percepire la smisurata pluralità degli esseri organici ed inorganici; essa apre l'animo dell'uomo a lasciarsi catturare ed incantare dalle bellezze del mondo . 3) Sensibilità in solidarietà con le creature che soffrono: Una tale spiritualità sperimenta che gli esseri viventi conoscono il dolore, le malattie, l'età e la morte e che nella natura ci sono catastrofi e violenta distruzione. Una solidarietà con-creaturale significa concretamente "impegnarsi a partire da una comunanza con le altre creature sofferenti, affinché possano essere rimosse le sofferenze eliminabili ed anzitutto le cause ecologiche del patire" . A questo proposito può servire da esempio la spiritualità de lla misericordia di Isacco il Siro menzionata dall'Assemblea ecumenica di Graz .
5. Lineamenti di un'etica ecologica
Sotto il profilo etico possiamo rappresentarci gli atteggiamenti richiesti servendoci anche dello schema classico delle virtù cardinali ed evidenziare in base ad esso quattro virtù ecologiche fondamentali. In prima linea si potrebbe collegare il già citato atteggiamento di rispetto con la virtù della giustizia, intesa nel suo esteso significato biblico, che quindi ci si impegni a rispettare tutte le dimensioni dell'uomo, i suoi rapporti con gli altri uomini e con ogni altra creatura, che si veda l'uomo inserito nel grande ordine della creazione, poiché Dio stesso ha reso il mondo - in virtù del suo operare - uno spazio di integrità della vita. Il primo accesso al mondo ed all'ambiente deve nuovamente consistere in un atteggiamento di stupore e di rispetto, quale trova espressione, ad esempio nei Salmi 8, 19 o 104. Quale seconda virtù ecologicamente rilevante si potrebbe indicare la prudenza. Qui s'intende concretamente un curarsi del giudizio, ovvero di un sapere in tema di ecologia: ciò significa fare ogni sforzo per comprendere veramente le situazioni oggettive e dispiegare questa saggezza anche a livello di decisioni concrete. Come terza virtù vorrei citare quella della moderazione, ovvero la virtù della giusta misura. Si tratta insomma di accettare l'uomo ed il mondo con i loro limiti e di ricavare da ciò le conseguenze corrispondenti per preservare questo mondo anche per le generazioni future. La quarta virtù, la fortezza, in ambito ambientale non significa solo risolutezza e determinazione nel non rinunciare al proposito di tutelare l'ambiente nonostante alcuni contrattempi, ma vuol dire anche fiducia nella determinazione da parte dell'uomo a voler sopravvivere ed a mobilitare, a tal fine, tutte le sue forze, e ciò nonostante ogni profezia apocalittico-catastrofica sul destino del mondo. Tutte queste virtù etiche sono nuovament e incardinate per i cristiani nelle virtù teologali della fede, della speranza e dell'amore, insomma nella risposta dell'uomo al Dio che gli si dona e rivela nell'amore e sfociano pertanto nelle sopracitate dimensioni di una spiritualità della creazione. A partire dai ricordati atteggiamenti fondamentali nei confronti della creazione (piano delle virtù) e dalle corrispondenti motivazioni si svilupperà un'etica teologica, che a partire dalle comuni premesse etiche e dai principi specificamente rilevanti per l'ecologia (particolarmente i principi di giustificazione, previdenza e causalità) percorra il cammino della formulazione di regole vincolanti di priorità valoriale e di criteri per i differenti ambiti in cui siano in conflitto beni ed interessi divergenti, sino alla definizione di norme concrete, che devono trovare la loro traduzione a vari livelli anche a livello di legislazione civile. Questo cammino normativo tuttavia non deve venir qui ulteriormente esplorato. Sarebbe tuttavia anche importante, che la teologia ed il Magistero riflettessero in misura più ampia sul senso del lavoro umano. Noi abbiamo visto il lavoro - nella tradizione dell'etica sociale - quasi esclusivamente come trasformazione della natura in vista della sussistenza umana ed anche come forma di autorealizzazione dell'uomo. Abbiamo sottolineato troppo poco l'ambivalenza del lavoro umano, che significa in concreto il suo coinvolgimento nel processo di una costante crescita economica, e ci siamo poco o nulla interrogati sul fatto se tutti gli effetti del lavoro siano frutto di responsabilità e - dal punto di vista teologico - su quale e quanto lavoro sia gradito a Dio. Ma in tal modo si aprirebbe un nuovo ed ampio ambito di discussione.
6. Uno stile di vita ecologico
Ma l'impegno dei cristiani e delle chiese per la "salvaguardia del creato" è credibile solo se supportato da una corrispondente testimonianza di vita, insomma se i cristiani e le chiese sviluppano e promuovono uno sti le di vita, orientato ai criteri della sostenibilità e della giustizia sociale. Così recita un'altra raccomandazione operativa di Graz. Il problema non è oggi dato dalla conoscenza adeguata, che abbiamo a disposizione, e neppure risiede nelle corrispondenti prescrizioni a livello ambientale, per quanto anch'esse siano insufficienti e meritevoli di miglioramento, il problema non consiste neanche in una carente coscienza ambientale - che nei nostri paesi è sorprendentemente elevata -, il problema risiede piuttosto nello iato tra la coscienza ambientale ed i concreti atteggiamenti nei confronti dell'ambiente. Alcune ricerche hanno mostrato , che laddove interessi professionali o personali si trovano in conflitto ultimo con la tutela ambientale, si constatano dei meccanismi di rimozione o eliminazione. Spesso ci si orienta maggiormente su ciò che direttamente nel mondo della vita anche gli altri fanno, spesso sono più decisivi stimoli materiali (come per esempio corrispondenti salari o imposte), ma possono a poco a poco prevalere anche valori immateriali, come una migliore qualità della vita, più tempo per la famiglia ecc. Un problema risiede anche nell'impossibilità di percepire direttamente gli effetti a lunga durata, ad esempio sul clima. In ogni caso è importante che i proposti cambiamenti nello stile di vita siano praticamente realizzabili e che ci sia una generale fiducia nelle autorità statali, affinché non possa sorgere l'impressione che l'atteggiamento ambientalista a livello individuale sia in sostanza solo una messa in scena, un alibi, mentre in grande si procede ancora impunemente nell'infliggere danni all'ambiente. Importanti ed efficienti sotto il profilo dell'apprendimento si sono dimostrati qui anzitutto dei progetti concreti, in cui gli scolari o i cittadini di un comune e sicuramente anche i membri di comunità ecclesiali, si sono associati ed hanno allora raggiunto anche risultati misurabili a livello di realizzazione concreta. In quest'ottica l e nostre chiese stanno già facendo qualcosa. Il già menzionato documento dei Vescovi tedeschi "Agire per il futuro della creazione", nella sua terza parte offre degli esempi impressionanti di quanto viene già realizzato in quest'ambito. In vista della promozione e del coordinamento di queste molteplici opportunità, in alcuni paesi sono stati istituiti degli specifici "incaricati per l'ambiente" a livello diocesano e parrocchiale, che l'Assemblea ecumenica di Graz ha raccomandato di collegare a livello europeo in una rete di coordinamento. In ogni caso, se le Chiese vedono nella responsabilità verso la creazione una delle dimensioni essenziali della loro esistenza, se operano in modo esemplare attraverso un coerente stile di vita, esse diverranno allora attive anche a livello socio-politico, entrando in sinergia con l'impegno profuso da altre forze sociali e particolarmente - a livello mondiale - con il processo legato all'Agenda 21 approvata a Rio de Janeiro (che riguarda tra l'altro la difesa del clima). Il tempo è maturo per una inevitabile ristrutturazione del nostro stato sociale, poiché una società industriale edificata su un costante tasso di crescita non è alla lunga più sostenibile, ne tanto meno proponibile come modello per tutte le nazioni della terra. Si annuncia una innovazione ambientale, come strategia complessiva per il lavoro, l'ambiente e la solidarietà con tutti gli uomini e gli esseri del creato. In questa impresa grande ed unica nelle sue dimensioni i cristiani e le chiese si sentono coinvolti. Ed in essa infondono una speranza, quale il mondo non può avere, una speranza che riposa sulla partecipazione ed il permanente rapporto di Dio con la sua creazione, per la quale egli ha predisposto una meta che trascende ogni prospettiva naturale.
Traduzione dal tedesco