UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Intervento di Pietro Pisarra alla Tavola Rotonda della Sessione Democrazia e Informazione

44a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani
9 Ottobre 2004

Da utopia a ideologia potenzialmente totalitaria: la comunicazione ha ormai invaso ogni spazio, dettando le sue regole, imponendo la sua grammatica. Mai come ora sono state costruite tante macchine per comunicare, mai come ora si sono celebrate le virtù della comunicazione in tempo reale, senza gli schermi o i filtri del passato. Comunicare è il nuovo imperativo categorico, il diktat al quale nessuno può sottrarsi, pena l’esclusione dal teatro dei rapporti sociali. Ridotta a tecnica o a insieme di tecniche, a esercizio formale o a strategia di marketing, la comunicazione minaccia ora anche l’informazione. E ha ragione Mario Perniola quando scrive che «di tutte le mistificazioni della comunicazione indubbiamente la più grande è stata quella di presentarsi sotto le insegne del progressismo democratico, mentre costituisce la configurazione compiuta dell’oscurantismo populistico» (Contro la comunicazione, Einaudi, 2004). Se comunicare – come affermava E. Levinas – è «rendere il mondo comune», cioè favorire la convivenza democratica e il dialogo, oggi assistiamo al tradimento della comunicazione e del suo autentico significato. Quali sono le conseguenze di questo tradimento per l’informazione e la democrazia? Trionfo del tempo reale, culto dell’emozione e della trasparenza («tutto può essere detto e mostrato»), accumulo di “conoscenza inutile”, prevalenza delle opposizioni binarie anche nella costruzione del racconto (noi e gli altri, l’asse del bene e l’asse del male, la civiltà e la barbarie...), imperialismo delle immagini: il mondo dell’informazione è in un vicolo cieco, una impasse da cui non potrà uscire senza il contributo della società civile, senza i contrappesi e i contropoteri di un sistema democratico.

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