UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Intervento di Giuseppe Tesauro alla Tavola Rotonda 1 della Sessione Economia e Finanza

44ma Settimana Sociale
30 Marzo 2005

Ringrazio il’intero Comitato Scientifico delle Settimane sociali dei cattolici italiani per l’invito a partecipare a questo utile momento di riflessione, intorno ad una tavola rotonda certamente “di alto profilo economico” viste le persone qui riunite. L’invito è particolarmente gradito anche per l’opportunità che mi si offre di confrontarmi con un mondo scientifico, quello economico, diverso da quello da cui provengo. Sono convinto , come chiaramente espresso nel Documento Preparatorio,anch’io che non si possa parlare di democrazia limitando l’analisi alle forme di governo e quindi alle istituzioni politiche che ne derivano e che esercitano i poteri, ma sia indispensabile risalire ai valori che sono o dovrebbero esservi alla base. Proprio per questo, la nozione di democrazia trova il suo riflesso nella giustizia sociale;, ed a questa che i soggetti coinvolti nel mondo economico e istituzionale devono mirare. Per affrontare questo tema ritengo diUn grande insegnamento per il tema che ci occupa troviamo quanto ha sostenuto il Sommo Pontefice, Giovanni Paolo II, nell’enciclica “Centesimus Annus”, dove i.In modo molto lucido Giovanni Paolo II afferma (art. 19) che dopo la seconda guerra si è assistito ad uno sforzo positivo per ricostruire una società democratica e ispirata alla giustizia sociale. Tali tentativi in genere cercavano di mantenere i meccanismi del libero mercato, assicurando mediante la stabilità della moneta e la sicurezza dei rapporti sociali le condizioni di una crescita economica stabile e sana, in cui gli uomini col loro lavoro potessero costruire un futuro migliore per sé e per i propri figli. Al tempo stesso, essi cercavano di evitare che i meccanismi di mercato fossero l'unico termine di riferimento della vita associata, tendendo ad assoggettarli ad un controllo pubblico, che facesse valere il principio della destinazione comune dei beni della terra. Una certa abbondanza delle offerte di lavoro, un solido sistema di sicurezza sociale e di avviamento professionale, la libertà di associazione e l'azione incisiva del sindacato, la previdenza in caso di disoccupazione, gli strumenti di partecipazione democratica alla vita sociale, in questo contesto si sarebbe dovuto sottrarre il lavoro alla condizione di «merce» e garantire la possibilità di svolgerlo dignitosamente. Tuttavia, ed è lo stesso Pontefice a insinuare il dubbio, un simile modello non si è compiutamente realizzato ed ha mostrato tutti i suoi limiti quanto a crescita a vantaggio del “bene sociale” e del singolo in particolare. Detto altrimenti, se nel mondo occidentale ci si è avviati verso un assetto della società e dell’economica sicuramente “aperto”, nel senso di assenza di barriere ideologiche, amministrative ed economiche (si pensi al modello comunitario europeo), questo non ha assicurato sempre il superamento dei divari tra aree interne ai singoli Paesi e tra Paesi, non ha condotto ad una re-distribuzione del reddito equilibrata, non ha sempre indirizzato ad investire correttamente le risorse umane e finanziarie della società, ha alimentato la ricerca, spesso anche con mezzi non “proprio” leciti, di rendite elevate, rapide e concentrate (a livello di paesi e di singoli).

ALLEGATI