UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Intervento all’incontro delle Associazioni Ecclesiali tenutosi al teatro Carlo Felice

8 Luglio 2001

ittadini del mondo intero. In concreto rileviamo tre strade da percorrere: quella del volontariato, destinato alla costruzione del "villaggio globale" (dove l'accento è da porsi sul "villaggio", come luogo di incontro, di dialogo, di partecipazione libera e responsabile, di condivisone, di servizio); quella della partecipazione fiduciosa e coraggiosa alla vita politica, come forma privilegiata di carità sociale; quella della testimonianza personale di vita (una vita più sobria, una condivisione più generosa e costante delle situazioni più varie di povertà, il riconoscimento effettivo della funzione sociale della stessa proprietà privata, ecc.). 5. Ma c'è un "perché" e un "come" che risultano essere tipici e originali per noi cristiani, in forza della nostra fede e della nostra carità. A noi cristiani, infatti, viene affidato da Dio stesso, in Gesù Cristo il Figlio fatto uomo, per mezzo dello Spirito, il compito faticoso ed esaltante di costruire un mondo più unito e più solidale. C'è una dottrina sociale della Chiesa che chiede di essere riscoperta e vissuta, non solo a livello di conoscenza, ma anche a livello di realizzazione coraggiosa e profetica, nel segno del dialogo e della speranza, e con l'obiettivo fondamentale della pace! Come cristiani dobbiamo essere seri e gioiosi ad un tempo, consapevoli della verità che "Chiunque segue Cristo, l'uomo perfetto, si fa lui pure più uomo" (Gaudium et spes, n. 41). Dionigi Card. Tettamanzi Arcivescovo di Genova G8 - GLOBALIZZAZIONE Intervento all' incontro delle Associazioni Ecclesiali tenutosi al Teatro Carlo Felice. Cari amici, carissimi giovani 1. Devo rilevare, anzitutto, un filo rosso tra Tor Vergata e questo incontro di Genova: non solo per il titolo che avete scelto "Sentinelle del mattino: guardiamo il G8 negli occhi" e per la conclusione del Manifesto "ai Leader del G8" con la citazione delle parole del Papa la cui voce abbiamo potuto riascoltare con profonda emozione, ma soprattutto per l'introduzione che fa da fondamento al Manifesto, splendidamente incentrata sulla persona umana e sulla sua dignità incommensurabile e inviolabile. La persona umana: è questo il "cuore" stesso della dottrina sociale della Chiesa. In tal senso ricordo uno striscione che è stato posto sul frontale della cattedrale di saint Dènis a Parigi in occasione di un pellegrinaggio di Giovanni Paolo II. Vi era scritta questa frase: "Un giovane lavoratore vale più dell'universo". Quanti striscioni dovremmo appendere un po' dappertutto con formulazioni diversissime eppure monotone, perché terminanti allo stesso modo "vale più dell'universo". Questa frase, ad esempio: "Un bambino africano colpito da AIDS vale più dell'universo". La persona umana: è questo il criterio - non affatto astratto o lontano o estraneo ai problemi della vita, bensì estremamente concreto e incisivo - per giudicare l'attuale processo di globalizzazione e per affrontare, ossia assumere le nostre responsabilità a suo riguardo. Siamo di fronte a un processo "storico" e dunque ambivalente, carico di potenzialità e di minacce, che l'uomo deve affrontare con la sua libertà, essendo egli della storia non un destinatario passivo ma un soggetto attivo e responsabile. Come dice il Papa: "la globalizzazione sarà ciò che le persone ne faranno". 2. Noi, come uomini e come cristiani, siamo per una globalizzazione ben precisa e definita: siamo per una globalizzazione "umana e umanizzante", secondo il principio "evangelico" - semplicissimo, eppure formidabile e rivoluzionario - che non è l'uomo per la globalizzazione, ma è la globalizzazione per l'uomo! Ciò significa che la visione dell'uomo come persona discerne, distingue, separa i contenuti veramente umani, e dunque positivi, da quelli disumani e disumanizzanti e dunque negativi: per accogliere i primi e per rifiutare i secondi. Per questo, di fronte alla globalizzazione siamo pronti a pronunciare dei "sì" e insieme a gridare categoricamente anche dei "no". Volendo esemplificare, rileviamo sinteticamente qualche tratto fondamentale della persona umana, con la sua immediata ricaduta sulla globalizzazione. Così, la persona è un essere non unidimensionale ma pluridimensionale, fatto di corpo e di anima: ha pertanto bisogno non solo dei beni materiali, come il cibo, il lavoro, la casa, ecc., ma anche e non meno di altri beni, come la salute, l'istruzione, la libertà, la partecipazione alla vita sociale, gli affetti, ecc. Sono allora tutti questi beni che chiedono di essere globalizzati, ossia assicurati a tutti. Non dimentichiamo: il mendicante Lazzaro ha diritto non solo alle briciole, ma anche al pane, anzi al convito, al luogo cioè dell'incontro interpersonale, del dialogo, della comunione, della fraternità, dell'amicizia, della gioia di vivere. La persona umana è un essere in relazione, un io aperto al tu, secondo cerchi concentrici che vanno dal nucleo di base - che è la famiglia- sino ai gruppi, alle comunità, all'intera famiglia umana. Si tratta di relazioni "umane", che nascono e crescono sulla base di "diritti" che sono assolutamente eguali in tutti gli uomini: i diritti dei deboli non sono diritti "deboli", ma diritti del tutto eguali a quelli dei forti, dei grandi, dei ricchi! E ciò vale non solo per i singoli, ma anche per i popoli. E' questione di giustizia, prima ancora che di solidarietà! E per concludere: l'uomo è un essere etico, cosciente e libero, responsabile in coscienza di fronte a sé stesso, agli altri,a Dio (il vero e unico "Grande" della terra e del cielo!), chiamato pertanto ad accogliere e a vivere le istanze etiche della giustizia, della solidarietà e della fraternità. E questo per essere veramente uomo, coerente cioè con la propria dignità personale! 3. Nell'abituale discorso sulla globalizzazione la tendenza prevalente, se non esclusiva, è quella di voler esercitare una "pressione" sugli altri. Non c'è dubbio: questo è lecito, anzi è doveroso, perché "tutti siamo veramente responsabili di tutti" (Giovanni Paolo II, Sollecitudo rei socialis, n. 38). Di qui le richieste rivolte in particolare agli operatori economici e finanziari, e ancor più - nonostante la loro debolezza - ai responsabili della politica. Ed è in questa direzione che si muove anche il manifesto "ai Leader del G8". E' necessario però premere anzitutto su noi stessi: noi per primi siamo interpellati, sfidati nella nostra libertà, che deve pertanto farsi massimamente seria e responsabile. Occorre il coraggio di investire in pienezza ciascuno la propria libertà, "segno altissimo dell'immagine di Dio nell'uomo" (Concilio vaticano II, Gaudium et spes, n. 16). 4. Ma perché e come coinvolgerci con la nostra libertà e responsabilità? "Perché?". Due fatti emergono, in particolare. Il primo è che i popoli "poveri" del mondo - le prime "vittime" di una certa globalizzazione - sono anche i popoli "giovani": la maggioranza dei giovani della terra! Il secondo: proprio i giovani sono i costruttori del mondo nei prossimi decenni, in questo nuovo secolo del terzo millennio! Perché allora non instaurare un vero e proprio feeling tra i giovani del Nord e i giovani del Sud? Tocca a noi, giovani del Nord, affrontare e risolvere il divario che ci allontana e ci separa dai nostri coetanei del Sud! "Come?". Le modalità sono diverse e passano attraverso una rinnovata coscientizzazione della "soggettività" della società civile, e dunque delle potenzialità e delle responsabilità che toccano ciascuno di noi come c