UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Il lavoro e il welfare nella prospettiva della Comunità Europea

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6 Settembre 2000

ropea, la stessa convinzione che ha dimostrato nel nostro Paese. E siamo sicuri che questo avverrà. Alcune soluzioni sono già state prospettate, vorrei aggiungere solo un elemento. So quanto le sia caro il tema dell'allargamento dell'Europa ad Est e quello del rapporto dell'Europa con il Mediterraneo. Lei ha annunciato queste come assi politiche fondamentali della sua azione di governo e crediamo che siano da condividere. Vogliamo però sottolineare che esiste, in queste prospettive di azione, una dimensione politica generale, ma c'è anche una dimensione di proposta di meccanismi e modelli di sviluppo. Siamo convinti che il terzo settore, come pilastro del welfare, sia una proposta che l'Europa deve esportare nel momento in cui entra in relazione con nuovi Paesi che devono costruirsi nuovi sistemi di welfare. Non si deve correre il pericolo di esportare modelli di welfare che si sono dimostrati obsoleti da noi e che rischierebbero di essere tragicamente pesanti per paesi che non dispongono comunque dell'accumulazione di ricchezza di cui abbiamo goduto e godiamo noi. Questo vale per i Paesi dell'Est, per il Mediterraneo e per tutti i Paesi in via di sviluppo. Troppo spesso rischiamo di esportare "auto vecchie", quanto a modelli di organizzazione di welfare, e questo credo sia moralmente inaccettabile e politicamente inopportuno, mentre il modello evolutivo, che all'interno dell'Europa il terzo settore sta proponendo, può essere veramente il pilastro, in questo settore, delle politiche nei confronti dei paesi extraeuropei. 1. Signor Presidente, le persone che si trova dinanzi rappresentano una realtà complessa ed articolata che nel nostro Paese sta dando un contributo decisivo nell'affrontare il problema dell'occupazione. Mi permetta di citare brevemente alcuni fatti.
§ Il terzo settore in Italia negli ultimi anni ha creato mediamente 20/25000 nuovi occupati all'anno. Una nuova Melfi (anche qualcosa di più) che ogni dodici mesi viene messa in campo. Si tratta di buona occupazione: con stipendi contenuti, ma con un elevato tasso di stabilità e di soddisfazione dei lavoratori. E in corso d'uscita una poderosa ricerca effettuata intervistando, in 16 province italiane, oltre 2500 lavoratori dei servizi sociali. Emergono dati molto interessanti che sfatano pregiudizi e maldicenze, troppo spesso diffuse, soprattutto in ambito sindacale. Comparando il lavoro nella Pubblica Amministrazione, in organizzazioni for profit ed in organizzazioni non profit, emerge che sono queste ultime quelle più impegnate a tutelare ed offrire continuità di lavoro alle persone impiegate.
§ Si tratta di occupazione per giovani ma non solo. Accanto ad essi , sono i soggetti più deboli del mercato del lavoro che trovano opportunità: donne ultraquarantenni, ultracinquantenni maschi espulsi dai processi e tutti i soggetti svantaggiati inseriti dalle cooperative sociali.
§ E questo un mondo che crea occupazione attraverso meccanismi di coesione sociale. L'impresa, come Ella più volte ha ricordato ed insegnato, se vuole sopravvivere nel lungo periodo, ha sempre la necessità di essere strumento di coesione sociale. Le nostre imprese sociali, da questo punto di vista, esprimono un di più, fatto di partecipazione, di destinazione sociale di tutto il valore prodotto, di impegno per l'integrazione sociale, di dedizione allo sviluppo del territorio e delle comunità locali.
§ Complessivamente il terzo settore in Italia "pesa" oltre 500.000 addetti. Veramente molti se si effettua un confronto intelligente (no n quelli che ci vengano spesso proposti dalla stampa) con altri paesi nei quali al terzo settore risultano affidati gran parte dei settori sanitario, scolastico ed universitario che il nostro Paese continua a riservare in via, quasi totalitaria, alla gestione pubblica.
2. Dove crea occupazione questo settore? Soprattutto nell'ambito dei servizi sociali e questo è uno dei motivi per cui si sta sviluppando molto. C'è un dato significativo, esposto in un documento della Commissione che Ella presiede, da cui risulta che in Europa siamo assolutamente allineati con gli Stati Uniti, come tasso d'attività in agricoltura e nell'industria. Il nostro delta occupazionale discende dall'area dei servizi. Entrando più dettagliatamente nell'analisi, risulta che il gap è determinato, in larga parte, dai maggiori tassi di attività nel comparto dei communal services, dove negli Stati Uniti è occupato il 25,6% dell'intera popolazione, contro il 18% dell'Unione Europea ed il 13,5% dell'Italia. Quindi, il problema vero a me pare dipendere dal fatto che il welfare europeo - che tanto cerchiamo di difendere - in realtà è un welfare che, confrontato con quello degli USA, si rivela molto meno consistente dal punto di vista della prestazione dei servizi ai cittadini di quanto non sia il cosiddetto "non welfare" americano che sovente, e forse anche un po' superficialmente, critichiamo. Se nel welfare americano, infatti, i communal services, che sono in gran parte servizi sociali e servizi sanitari, fanno registrare una così notevole maggior occupazione, rispetto a noi, significa che vi è un grande spazio da occupare e molta, molta occupazione da creare anche da noi.
Sono convinto che il tema occupazione e terzo settore si collochi attorno a questa problematica. C'è uno spazio enorme di occupazione in questo settore ed è necessario avere dei "minatori" che vadano a scavare questi "giacimenti occupazionali" - come li chiama l'Unione Europea - altrimenti i giacimenti restano inesplorati . Il terzo settore - l'imprenditoria sociale - le forme associative d'impresa, l'impresa associata democratica - stanno dimostrando di poter essere i minatori che vanno a scavare i giacimenti occupazionali della nuova occupazione nell'ambito del welfare state, il che significa più lavoro, più servizi per le persone svantaggiate, più integrazione, più coesione sociale. Ma perché riescono a fare questo? Propongo alcune riflessioni sintetiche che sono state, spesso, oggetto di discussione anche al nostro tavolo.
4. Il terzo settore sta rompendo il monopolio pubblico del sistema di welfare italiano ed europeo. Infatti, esiste un problema di rottura di monopoli non solo nelle aree delle utilities, di cui Ella più si è occupato nel corso della sua carriera non solo politica, ma anche di dirigente di grandi imprese pubbliche e per cui tanto si è battuto. E necessaria la rottura del monopolio pubblico anche nel settore dei servizi alle persone. Il terzo settore sta dimostrando che, superando il monopolio pubblico, si produce sviluppo e occupazione, e che questo può essere fatto da parte di soggetti che comunque mantengono l'idea di dover lavorare per il bene comune e non soltanto per il perseguimento del profitto individuale. Crediamo che questa sia una chance formidabile per il nostro Paese e per l'Europa. Il terzo settore, in questi anni, ha assunto, anche se a fatica e in modo problematico, la dimensione economica come un tema cruciale della propria riflessione e della propria azione. Il tema dell'economia, della buona economia, sta diventando il tema cruciale del terzo settore che sta altresì sviluppando nuovi modelli d'impresa, che permettono di realizzare performances interessanti.
5. Abbiamo molto apprezzato il lavoro che Ella ha realizzato alla Presidenza del Consiglio e in molti eravamo a Padova a sottoscrivere il patto con il Forum del Terzo Settore. Speriamo che, nel suo nuovo incarico, porti a livello di dimensione eu