UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Giubileo dei lavoratori
1° maggio 2000

-
15 Gennaio 2001

lieto della vostra presenza e vorrei dirvi che mi siete vicini in modo particolare. Desidero tanto che nella nostra Patria abbiano tutti il la voro, che possano guadagnare il pane con lo sforzo delle proprie mani e abbiano degne condizioni di occupazione. Che il vostro lavoro sia al servizio del bene comune, del bene della persona e della società. Che unisca e non divida, che sia fonte di gioia e di benedizione. Portate il mio saluto a tutti i lavoratori che si trovano in Polonia. Buona festa, buona festa a tutti voi, buona festa del Primo Maggio a tutti i lavoratori del mondo. Indirizzo di saluto di S. E. Mons. Fernando Charrier
Con gioia, Padre Santo,
Le presento i lavoratori intervenuti qui, a Tor Vergata, per celebrare con Lei il loro Giubileo. Essi rappresentano le categorie degli imprenditori e dei lavoratori dipendenti con i loro sindacati, degli operatori della finanza, della cooperazione e del commercio. Provengono da 45 Paesi delle diverse parti del mondo; vivono situazioni culturali, sociali ed economiche assai differenti: conoscere e farsi carico di condizioni di vita così dissimili e sovente sperequate, è presupposto per contribuire, con azione comune, a dar vita ad uno sviluppo armonico dell'umanità, come Vostra Santità si è espresso nell'Enciclica "Centesimus Annus". Sono qui per pregare con Lei e per accogliere il suo Magistero che da sempre ha presente la condizione dell'uomo lavoratore; ognuno di loro, pur nelle diverse collocazioni sociali, sa di avere in Lei un attento interprete dei problemi, delle difficoltà e degli impegni indispensabili perché il lavoro si realizzi nel pieno rispetto della dignità dell'uomo e della solidarietà ad ogni livello. Dalle sue Encicliche e dai suoi discorsi essi traggono indicazioni chiare per realizzare "una società del lavoro libero, dell'impresa e della partecipazione" (CA n. 35); e unendo le loro volontà, i loro ideali e i loro progetti, con azione concordata, sanno operare per "salvaguardare nel mondo del lavoro le condizioni morali di un'autentica ecologia umana" (CA n. 38), facendo proprio, così, l'obiettivo di venire incontro ai Paesi poveri, oberati da un debito insostenibile. Ora, Santo Padre, tutti noi qui presenti attendiamo dalla Celebrazione Eucaristica e dalla sua parola luce, incoraggiamento e conforto per l'impegno quotidiano, affinché ogni uomo, di ogni parte del mondo, possa svilupparsi secondo la volontà di Dio, in piena giustizia ed equità. Ci sia di esempio e di aiuto Giuseppe di Nazareth, il carpentiere del quale celebriamo la memoria.

Omelia del Sa nto Padre Giovanni Paolo II
1. "Benedici, Signore, l'opera delle nostre mani" (Sal. resp.). Queste parole, che abbiamo ripetuto nel Salmo responsoriale, esprimono bene il senso dell'odierna giornata giubilare. Dal vasto e multiforme mondo del lavoro si leva oggi, 1° maggio, una corale invocazione: Signore, benedici e consolida l'opera delle nostre mani! Il nostro faticare - nelle case, nei campi, nelle industrie, negli uffici - potrebbe risolversi in un logorante affannarsi, vuoto in definitiva di senso (cfr Qo 1,3). Noi chiediamo al Signore che esso sia piuttosto la realizzazione del suo disegno, così che il nostro lavoro ricuperi il suo significato originario. E qual è l'originario significato del lavoro? Lo abbiamo ascoltato nella prima Lettura, tratta dal Libro della Genesi. All'uomo creato a sua immagine e somiglianza, Dio dà il comando: "Riempite la terra; soggiogatela..." (Gn 1,28). A queste espressioni fa eco l'apostolo Paolo, che scrive ai cristiani di Tessalonica: "Quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare, neppure mangi", ed esorta a "mangiare il proprio pane lavorando in pace" (2 Ts 3,10.12). Nel progetto di Dio il lavoro appare, pertanto, come un diritto-dovere. Necessario per rendere utili i beni della terra alla vita di ogni uomo e della società, esso contribuisce ad orientare l'attività umana a Dio nell'adempimento del suo comando di "soggiogare la terra". Risuona, in proposito, nel nostro spirito un'altra esortazione dell'Apostolo: "Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio" (1 Cor 10,31).
2. L'Anno giubilare, mentre porta il nostro sguardo sul mistero dell'Incarnazione, ci invita a riflettere con particolare intensità sulla vita nascosta di Gesù a Nazaret. Fu lì che egli passò la maggior parte della sua esistenza terrena. Con la sua operosità silenziosa nella bottega di Giuseppe, Gesù offrì la più alta dimostrazione della dignità del lavoro. Il Vangelo odierno riferisce come gli abitanti di Nazaret, suoi compaesani, lo accolsero con stupore chiedendosi a vicenda: "Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? Non è egli forse il figlio del carpentiere?" (Mt 13,54-55). Il Figlio di Dio non ha disdegnato la qualifica di carpentiere, e non ha voluto dispensarsi dalla normale condizione di ogni uomo. "L'eloquenza della vita di Cristo è inequivoca: egli appartiene al mondo del lavoro, ha per il lavoro umano riconoscimento e rispetto; si può dire di più: egli guarda con amore questo lavoro, le sue diverse manifestazioni, vedendo in ciascuna una linea particolare della somiglianza dell'uomo con Dio, Creatore e Padre" (Enc. Laborem exercens, 26). Dal Vangelo di Cristo deriva l'insegnamento degli Apostoli e della Chiesa; deriva una vera e propria spiritualità cristiana del lavoro, che ha trovato espressione eminente nella Costituzione Gaudium et spes del Concilio Ecumenico Vaticano II (nn. 33-39 e 63-72). Dopo secoli di accese tensioni sociali e ideologiche, il mondo contemporaneo, sempre più interdipendente, ha bisogno di questo "vangelo del lavoro", perché l'attività umana possa promuovere l'autentico sviluppo delle persone e dell'intera umanità.
3. Carissimi Fratelli e Sorelle, a voi, che quest'oggi rappresentate l'intero mondo del lavoro raccolto per la celebrazione giubilare, che cosa dice il Giubileo? Che cosa dice il Giubileo alla società, che ha nel lavoro, oltre che una struttura portante, un terreno di verifica delle sue scelte di valore e di civiltà? Fin dalla sue origini ebraiche, il Giubileo riguardava direttamente la realtà del lavoro, essendo il popolo di Dio un popolo di uomini liberi, che il Signore aveva riscattato dalla condizione di schiavitù (cfr Lv 25). Nel mistero pasquale, Cristo porta a compimento anche questa istituzione della legge antica, conferendole pieno senso spirituale, ma integrandone la valenza sociale nel grande disegno del Regno, che come "lievi to" fa sviluppare l'intera società nella linea del vero progresso. L'Anno giubilare, pertanto, sollecita ad una riscoperta del senso e del valore del lavoro. Invita, inoltre, ad affrontare gli squilibri economici e sociali esistenti nel mondo lavorativo, ristabilendo la giusta gerarchia dei valori, con al primo posto la dignità dell'uomo e della donna che lavorano, la loro libertà, responsabilità e partecipazione. Esso spinge, altresì, a risanare le situazioni di ingiustizia, salvaguardando le culture proprie di ogni popolo ed i diversi modelli di sviluppo.
4. Non posso, in questo momento, non esprimere la mia solidarietà a tutti coloro che soffrono per mancanza di occupazione, per salario insufficiente, per indigenza di mezzi materiali. Mi sono ben presenti allo spirito le popolazioni costrette ad una povertà che ne offende la dignità, impedendo oro di condividere i beni della terra e obbligandole a nutrirsi con quanto cade dalla mensa dei ricchi (cfr Incarnationis mysterium, 12). Impegnarsi perché queste situazioni vengano sanate è opera di giustizia e di pace. Mai le nuove realtà, che investono con forza il processo produttivo, quali la globalizzazione della finanza, dell'economia, dei commerci e del lavoro, devono violare la dignità e la centralità della persona umana né la libertà e la democrazia dei popoli. La solidarietà, la partecipazione e la possibilità di governare questi radicali cambiamenti costituiscono, se non la soluzione, certamente la necessaria garanzia etica perché le persone ed i popoli diventino non strumenti, ma protagonisti del loro futuro. Tutto ciò può essere realizzato e, poiché è possibile, diventa doveroso. Su questi temi sta riflettendo il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che segue da vicino gli sviluppi della situazione economica e sociale nel mondo per studiarne le conseguenze sull'essere umano. Frutto di questa riflessione sarà un Compendio della dottrina sociale della Chiesa, attualmente in elaborazione.

5. Carissimi lavoratori, illumina questo nostro incontro la figura di Giuseppe di Nazaret, la sua statura spirituale e morale, tanto più alta quanto più umile e discreta. In lui si realizza la promessa del Salmo: "Beato l'uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie. Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai d'ogni bene ... Così sarà benedetto l'uomo che teme il Signore" (127,1-2). Il Custode del Redentore insegnò a Gesù il mestiere di carpentiere, ma soprattutto gli diede esempio validissimo di ciò che la Scrittura chiama il "timore di Dio", principio stesso della sapienza, che consiste nella religiosa sottomissione a Lui e nell'intimo desiderio di ricercare e compiere sempre la sua volontà. Questa, carissimi, è la vera sorgente della benedizione per ogni uomo, per ogni famiglia e per ogni nazione. A san Giuseppe, lavoratore e uomo giusto, e alla sua santissima Sposa, Maria, affido questo vostro Giubileo, voi tutti e le vostre famiglie. "Benedici, Signore, l'opera delle nostre mani". Benedici, Signore dei secoli e dei millenni, il lavoro quotidiano, con cui l'uomo e la donna procurano il pane per sé e per i loro cari. Alle tue mani paterne offriamo anche le fatiche ed i sacrifici legati al lavoro, in unione con il tuo Figlio Gesù Cristo, che ha riscattato il lavoro umano dal giogo del peccato e l'ha restituito alla sua originaria dignità. A Te lode e gloria oggi e per sempre. Amen.

Saluto di Juan Somavia, Presidente del BIT/OIL a Giovanni Paolo II a nome di tutti i lavoratori
Santo Padre,
Grazie per aver convocato questo evento. Grazie per essere con noi. Grazie per avermi invitato a parlare. In questo Primo Maggio, mi sia consentito proporre di rendere onore alle lotte sociali del passato così come a coloro che negli anni recenti hanno rischiato la loro vita per opporsi a quei poteri che rifiutano di ascoltare la voce organizzata dei lavoratori.. Penso a Lech Walesa in Polonia, a Manuel Bustos in Cile, a Steve Biko e a tutto il movimento sindacale in Sud Africa. E penso a Pakpahan in Indonesia, che oggi per fortuna è un uomo libero, e ad una moltitudine di altre donne e uomini coraggiosi. Santità, noi riuniti qui oggi rappresentiamo varie dimensioni del mondo del lavoro. Tuttavia, al di là delle nostre diverse prospettive, condividiamo una comune responsabilità, quella di offrire a ciascuno un lavoro dignitoso - un lavoro decente per tutti - nella travagliata economia globale del giorno d'oggi. Noi dobbiamo porre rimedio all'enorme sensazione di insicurezza che pervade le case di così tante famiglie in tutto il mondo. Si tratta di una lotta globale per la dignità umana. Io vengo dall'Organizzazione internazionale del lavoro, con n appello laico a tutte le persone di fede: dobbiamo agire ora, senza indugio, con urgenza. In primo luogo, abbiamo bisogno, ciascuno di noi, di vivere i nostri valori, di integrare i principi di giustizia, equità, uguaglianza ed amore per il prossimo nella nostra vita di ogni giorno, nell'intimità delle nostre case come nelle relazioni con il mondo esterno. Di usare con coscienza la nostra bussola morale per prendere decisioni e per influenzare decisioni. Di far ascoltare le nostre voci. Di promuovere una solidarietà senza confini. - Troppe donne e troppi uomini sono esclusi dal lavoro, dalla proprietà, dalla rappresentanza, dalla tutela effettiva dei loro diritti. - L'instabilità dei sistemi finanziari globali provoca crisi che hanno costi sociali enormi. - Il lavoro è diventato più precario negli uffici, nei campi, nelle fabbriche. - Un sentimento di incertezza si va diffondendo non solo tra i poveri e i diseredati, ma anche nei ceti medi. - Lavorare duramente non garantisce una vita libera dalla povertà. Il mondo è pieno di poveri che lavorano, per lo più nel Sud ma anche nel Nord.
Cosa dobbiamo fare? Santo Padre, Voi lo avete detto molto chiaramente. "Forse è giunto il momento di nuove e più profonde riflessioni sulla natura e sugli scopi dell'eco nomia". Seguendo la Vostra saggia guida, io credo che dovremmo ripensare le regole e le politiche che governano la nostra economia globale. Dovremmo sviluppare la volontà politica di ridefinire quelle regole per far sì che la globalizzazione produca benefici per molti e non solo per pochi. In modo che tutti possano godere dei vantaggi di mercati e società aperte. In modo tale che le promesse della società dell'informazione raggiungano coloro che ne sono esclusi e non creino nuove diseguaglianze. In modo che la globalizzazione acquisisca quella vasta legittimizzazione sociale che oggi le manca. Questa è la ragione per cui io faccio appello a noi tutti ad esercitare le nostre responsabilità individuali e collettive allo scopo di far funzionare i mercati per tutti. Allo scopo di realizzare l'obiettivo di n lavoro decente come via di uscita dalla povertà e componente essenziale nel raggiungere pienezza di vita e dignità personale. Io faccio appello a tutti voi a liberare il potenziale creativo della nostra imprenditorialità, a inventare nuove imprese capaci di rispondere ai bisogni umani non soddisfatti, a massimizzare non solo il profitto ma anche l'impatto sociale, a misurare il ritorno dell'investimento al di là dei risultati di bilancio. A prendersi cura allo stesso tempo della gente e dell'ambiente. Io propongo una coalizione globale per un lavoro decente. Come il Giubileo del duemila ha dimostrato, è possibile mobilitarsi con successo per l'eliminazione del debito dei paesi poveri. Con uno spirito analogo, possiamo promuovere le norme fondamentali del lavoro come un base sociale minima per l'economia globale. Far avanzare i diritti di tutti i lavoratori ad organizzarsi ed a negoziare. Rendere realtà l'uguaglianza tra donne e uomini. Con il vostro aiuto per la ratifica e l'applicazione della nuova Convenzione dell'OIL, possiamo porre fine alle forme peggiori di lavoro minorile. Insieme, dobbiamo far cessare il lavoro forzato. Con il vostro sostegno al mic rocredito, alle piccole imprese e a politiche macro economiche orientate alla piena occupazione, possiamo offrire ad ogni persona maggiori opportunità di lavoro. Possiamo promuovere allo stesso tempo la libertà di impresa e la libertà di associazione, con vantaggi per tutti. Con il vostro amore, la vostra speranza, il vostro sostegno noi possiamo creare una società dell'inclusione. Una comunità globale nella quale ciascuno può prendere parte al banchetto della vita. Sono solo sogni? O possiamo lavorare tutti insieme verso questi obiettivi? Io credo di sì. Per quanto forti ci possano sembrare le differenze fra di noi, non dobbiamo mai perdere la speranza di poter condividere comuni aspirazioni. L'aspirazione ad un lavoro decente per le nostre famiglie, e per le famiglie dei nostri figli in ogni parte del mondo, può diventare realtà. Le risorse e le conoscenze sono disponibili, ma mancano una volontà e delle politiche. La dottrina sociale della Chiesa ha aiutato molti a trovare i giusti percorsi. Sappiamo che, nel tempo, la forza dell'animo umano ha dimostrato che situazioni che apparivano immutabili in realtà non lo erano: la caduta dello schiavismo, del colonialismo, del muro di Berlino, dell'apartheid, di dittature ferree, così come la creazione dei sindacati, il voto delle donne e altre forme di progresso civile sono state rese possibili dalla forza di persone semplici che hanno lavorato insieme. Possiamo ripetere questi successi se rafforziamo le convinzioni morali che sostengono il nostro impegno pratico ad agire. Questo significa oggi dare all'economia globale il fondamento etico che le manca. Santo Padre, noi riuniti qui oggi siamo un riflesso della "famiglia globale", come Voi avete definito l'insieme dell'umanità nel Vostro ultimo messaggio in occasione della celebrazione della Giornata Mondiale per la Pace. Siamo qui per ricevere la Vostra guida, la Vostra ispirazione e la Vostra infaticabile energia.
Saluto di Paola Bignardi, Presidente nazio nale dell'Azione Cattolica Italiana a nome di tutte le donne
Padre Santo,
vorrei che nelle mie parole Lei potesse ascoltare la voce di tutte le donne presenti a questa celebrazione, ma anche la voce di tutte coloro che cercano e desiderano la piena valorizzazione della loro vita di donne: - le donne che lavorano e quelle che dal lavoro sono escluse; - le donne che cercano con fatica di comporre in armonia il loro ruolo di spose e di madri con quello di lavoratrici; - quelle che stanno accompagnando la vita che cresce e quelle impegnate a sollevare la sofferenza del declino dei loro anziani; - quelle che svolgono un lavoro riconosciuto e quelle che vivono l'umile e nascosto lavoro della casa; - quelle donne che cercano spesso con fatica di mettere a disposizione della società le loro risorse nella professione, nella politica, nell'attività economica e che devono fare i conti con modelli di organizzazione all'insegna spesso esclusiva dell'efficienza, del profitto, dell'affermazione di sé…; e che sperimentano la fatica di realizzare e di esprimere quel genio femminile che Lei, Santità, ci ha insegnato a considerare come il nostro specifico e prezioso contributo alla vita e alla Chiesa; - le donne che nel silenzio vivono il loro legame con la Chiesa e il loro quotidiano servizio in essa. - Vorrei che qui, questa mattina, avessero voce soprattutto quelle donne che oggi consumano nel silenzio e nella solitudine il dramma della loro esclusione e della loro umiliazione; quelle che subiscono la violenza delle guerre, l'angoscia di non sapere che cosa dare da mangiare ai loro figli; quelle che nella società dei paesi ricchi vivono ai margini, povere di cultura e di risorse; private della dignità e dei diritti, spesso nell'indifferenza di tutti, anche di quelle stesse organizzazioni che in passato si sono spese per l'emancipazione delle donne.
A nome di tutte le donne vorrei dirLe il grazie per la sua continua attenzione al mondo femminile; per ciò che ha detto su di noi nella Mulieris dignitatem, nella Lettera alle donne del 1995; soprattutto per quel coraggioso "mea culpa" con cui ha voluto riconoscere ciò che anche nell'azione dei cristiani è mancato per contribuire al pieno riconoscimento dei diritti della donna e del dono che essa è per il mondo e per la Chiesa. E un gesto che ci ha commosso, che ci ha fatto sentire più vicina questa Chiesa, con la quale ora vorremmo intessere un dialogo più stretto perché, anche con il nostro contributo, non accada mai più che le donne siano umiliate ed emarginate, anche con l'acquiescenza dei cristiani (Cfr Richiesta di perdono del 12 marzo scorso). Vorremmo che una nuova soggettività della donna fosse promossa, desiderata, accolta nella Chiesa quando si ascolta la Parola di Dio, quando si discutono i problemi della vita e del lavoro, della famiglia e della politica; così come quando si cercano le vie per una nuova evangelizzazione di questo nostro tempo. Sostenute e incoraggiate dal Suo magistero e dalla Sua continua attenzione, sentiamo che è meno duro: - assumere il compito di elaborare stili di vita nei quali si esprima il "genio femminile"; - contribuire ad elaborare una cultura che con l'apporto della sensibilità femminile sappia superare la parzialità di schemi esclusivamente razionali per attingere anche alla ricchezza del sentimento e dell'emozione come risorse per la conoscenza della realtà; - contribuire ad una società più attenta all'originalità di ciascuna persona, accolta con dedizione, riconosciuta nella sua identità, accompagnata nelle sfide della vita, suscitando libertà e responsabilità; - assumere con maggiore decisione la solidarietà verso le donne più sole e umiliate, dando voce al loro silenzio, lottando per la loro dignità, accompagnandoci al loro dolore.
Vorremmo, Santità, che anche da questo incontro prendesse vita una più attenta riflessione sul difficile rapporto tra le donne e il lavoro, perché il tempo delle donne non sia vissuto come sem pre rubato a qualcosa d'altro; perché le diversità delle vite di ciascuna siano rispettate; perché il riconoscimento sociale ed economico del nostro lavoro sia effettivo; perché la vita e il contributo originale di ogni donna possano effettivamente essere percepiti come una risorsa per la società e per la Chiesa. Le chiediamo, Santità, di benedire i nostri desideri e le nostre intenzioni; di continuare a stare vicino alla ricerca e all'impegno delle donne che vogliono contribuire a far sì che il terzo millennio segni un passo avanti verso quella civiltà dell'amore che noi in particolare sentiamo corrispondere alle attese più profonde di ogni cuore umano. Giuseppe e Maria ci sono coraggiosi compagni nel cammino; loro che hanno consentito che l'azione di Dio sconvolgesse la loro vita e la rendesse nuova, aiutino anche noi a intraprendere il cammino della novità dell'amore.

Messaggio di Giovanni Paolo II al mondo del lavoro
1. Al termine di quest'incontro giubilare, vorrei ancora una volta rivolgere a tutti voi il mio più cordiale saluto. Grazie a quanti hanno organizzato quest'importante manifestazione in questo luogo, che vedrà altri raduni nel corso del Giubileo, soprattutto in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù. Uno speciale ringraziamento va al Signor Juan Somavia, Direttore Generale dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro ed alla Dottoressa Paola Bignardi, Presidente Nazionale dell'Azione Cattolica Italiana, per le gentili e profonde parole che a nome di tutti mi hanno rivolto. Saluto tutte le autorità presenti, fra le quali il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Professor Giuliano Amato. Attraverso voi qui presenti, vorrei far pervenire il mio cordiale pensiero all'intero mondo del lavoro.
2. La festa del lavoro richiama alla mente l'operosità degli uomini che vogliono, sul comando del Signore della vita, essere costruttori di un futuro di speranza, di giustizia e di solidarietà per l'intera umanità. Oggi su que sto cammino di civiltà, grazie alle nuove tecnologie ed alla telematica, si affacciano inedite possibilità di progresso. Non mancano, però, nuovi problemi, che vanno ad assommarsi a quelli preesistenti e che suscitano una legittima preoccupazione. Perdurano, in effetti, e talora s'aggravano in alcune parti della terra fenomeni come la disoccupazione, lo sfruttamento dei minori, l'insufficienza dei salari. Bisogna riconoscere che non sempre l'organizzazione del lavoro rispetta la dignità della persona umana, né viene tenuta nel dovuto conto l'universale destinazione delle risorse. L'impegno per risolvere, in ogni regione del mondo, queste problematiche coinvolge tutti. Interessa voi, imprenditori e dirigenti; voi, uomini della finanza, e voi, artigiani, commercianti e lavoratori dipendenti. Dobbiamo tutti operare perché il sistema economico, in cui viviamo, non sconvolga l'ordine fondamentale della priorità del lavoro sul capitale, del bene comune su quello privato. E quanto mai necessario che, come poc'anzi ha ricordato il Signor Juan Somavia, si costituisca nel mondo una globale coalizione a favore del "lavoro dignitoso". La globalizzazione è oggi un fenomeno presente ormai in ogni ambito della vita degli uomini, ma è fenomeno da governare con saggezza. Occorre globalizzare la solidarietà.
3. Il Giubileo offre un'occasione propizia per aprire gli occhi sulle povertà e le emarginazioni, non solo delle singole persone ma anche dei gruppi e dei popoli. Ho ricordato nella Bolla di indizione del Giubileo che "non poche Nazioni, specialmente quelle più povere, sono oppresse da un debito che ha assunto proporzioni tali da renderne praticamente impossibile il pagamento" (Incarnationis mysterium, 12). Ridurre o addirittura condonare questo debito: ecco un gesto giubilare che sarebbe quanto mai auspicabile! Questo appello è per le nazioni ricche e sviluppate; è, altresì, per coloro che detengono grandi capitali, e per quanti hanno capacità di suscitare solidar ietà tra i popoli. Risuoni esso in questo storico incontro, che vede uniti in un medesimo sforzo lavoratori credenti e organizzazioni lavorative non confessionali. Cari lavoratori, imprenditori, cooperatori, operatori della finanza, commercianti, unite le vostre braccia, le vostre menti, i vostri cuori per contribuire a costruire una società che rispetti l'uomo e il suo lavoro. L'uomo vale più per quello che è che per quello che ha. Quanto si realizza al servizio di una giustizia più grande, di una fraternità più vasta e di un ordine più umano nei rapporti sociali conta di più di ogni progresso in campo tecnico. Carissimi Fratelli e Sorelle, il Papa ha ben presenti i vostri problemi, le vostre preoccupazioni, le vostre attese e speranze. Egli apprezza la vostra fatica, il vostro attaccamento alla famiglia, la vostra coscienza professionale. Vi è vicino nel vostro impegno per una società più giusta e solidale, vi incoraggia e vi benedice. Alla fine, vorrei ringraziare gli organizzatori dell'odierna bella celebrazione. Ringrazio l'Università di Tor Vergata, il Comune di Roma, il Vicariato di Roma ed il Governo Italiano per la preparazione di questa vastissima area che già io vedo gremita in agosto dai giovani di tutto il mondo. Soprattutto ringrazio voi qui riuniti. Ringrazio il Signor Presidente del Consiglio, il Signor Sindaco e tutte le Autorità. Ho saputo che molti di voi hanno dovuto raggiungere questo luogo percorrendo a piedi lunghi tratti di strada. Mi dispiace, ma speriamo che per l'avvenire anche queste difficoltà siano risolte per il bene di tutti, specialmente dei pellegrini. Sono sicuro che Roma continuerà ad essere ospitale ed accogliente verso tutti, specialmente verso i pellegrini del Grande Giubileo dell'Anno 2000.
Saluti
I greet the English-speaking pilgrims who have taken part in this Jubilee celebration for workers. Through the intercession of Saint Joseph, through whose words and example Jesus learned the value of honest lab our, I pray that Almighty God will bless and prosper the work of your hands: may all that you do serve to promote the human dignity of workers and their families. Upon all of you I invoke the grace and peace of our Lord Jesus Christ.
Je salue cordialement les travailleurs de langue française venus célébrer la fête du travail. Que votre labeur et vos peines soient bénis ! En ce jour, toute l'Église s'unit à votre prière, honorant votre travail dans ce qu'il a de noble et de méritoire. Elle croit que l'activité humaine, individuelle ou collective, s'inscrit dans le dessein de Dieu, prolongeant l'œuvre du Créateur. Au nom du Christ, divin travailleur, je vous accorde la Bénédiction apostolique.
En el día de San José Obrero os saludo a todos los peregrinos de lengua española que estáis participando en este encuentro jubilar. Que vuestro trabajo cotidiano, tantas veces duro y costoso, sea medio de realización personal, participación en el proyecto de Dios, que creó al hombre para que continuase su obra, y camino de santificación para vuestra vida. Muchas gracias.
Ein herzliches Willkommen rufe ich den Pilgern deutscher Sprache zu. Jeden Tag überschreitet ihr verschiedene Türen zu eurem Arbeitsplatz: in den Fabriken und Büros, in den Betrieben und Geschäften. Die Heilige Pforte, die in diesem Jahr weit offen steht, ist eine besondere Tür: Sie steht für Christus, der die Tür zum Leben ist. Ich wünsche euch Leben in Fülle, das uns Christus gebracht hat.
Polacco - Traduzione Saluto cordialmente i lavoratori che sono giunti dalla Polonia per questo incontro giubilare a Roma. Indirizzo parole di particolare saluto ai membri ed alle autorità di "Solidarnosc". Sono contento che la vostra partecipazione all'odierno raduno sia così numerosa. Saluto inoltre i vari gruppi professionali, i lavoratori e gli imprenditori. Sono