UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Francesco… operatore di pace

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19 Dicembre 2000

i sono andati tra gli infedeli e li hanno convertiti tutti alla fede, oppure che io abbia ricevuta da Dio tanta grazia da sanar gli infermi e da far molti miracoli; ebbene io ti dico: neppure qui è perfetta letizia. "Ma cosa è vera letizia?"
"Ecco, tornando io da Perugia nel mezzo della notte, giungo qui, ed è inverno fangoso e così rigido che, all'estremità della tonaca, si formano dei ghiaccioli di acqua congelata, che mi percuotono continuamente fino a far uscire il sangue da siffatte ferite. E io tutto nel fango, nel freddo e nel ghiaccio, giungo alla porta e dopo aver a lungo picchiato e chiamato, viene un frate e chiede: "Chi sei?". Io rispondo: "Frate Francesco". E questi dice: "Vattene, non è ora decente questa di arrivare, non entrerai". E mentre io insisto, l'altro risponde: "Vattene, tu sei un semplice e un idiota, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti e tali che non abbiamo bisogno di te". E io sempre resto davanti alla porta e dice: "Per amore di Dio, accoglietemi per questa notte". E quegli risponde: "Non lo farò. Vattene dai Crociferi e chiedi là".
Ebbene, se io avrò pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell'anima. Dalla Leggenda Perugina (FF 1593)
In quello stesso periodo, mentre giaceva malato, avendo già composto e fatte cantare le Laudi, accade che il Vescovo di Assisi allora in carica, scomunicò il podestà della città. Costui, infuriato, a titolo di rappresaglia, fece annunziare duramente questo bando: che nessuno vendesse al vescovo o comprasse da lui alcunché o facesse contratti con lui. A tal punto erano arrivati a odiarsi reciprocamente.
Francesco, malato com'era, fu preso da pietà per loro, soprattutto perché nessun ecclesiastico o secolare si interessava di ristabilire tra i due la pace e la concordia. E disse ai suoi compagni: "Grande vergogna è per noi, servi di Dio, che il vescovo e il podestà si odino talmente l'un l'altro, e nessuno si prenda pena di rimetterli in pace e concordia". Compose allora questa strofa da aggiungere alle Laudi: Laudato si, mi Segnore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore e sostengono infirmitate et tribolazione. Beati quelli kel sosterrano in pace, ka da te, Altissimo, saranno coronati.
Poi chiamò uno dei compagni e disse: "Vai, e dì al podestà da parte mia, che venga al vescovado lui insieme con i notabili della città e da altri che potrà condurre con sé". Quel frate si avviò, e il Santo disse ad altri due compagni: "Andate, e cantate il Cantico di Frate Sole alla presenza del vescovo e del podestà e degli altri che sono là presenti. Ho fiducia nel Signore che renderà umili i loro cuori, e faranno pace e torneranno all'amicizia e all'affetto di prima".
Quando tutti furono riuniti nello spiazzo interno del chiostro dell'episcopio, quei due frati si alzarono e uno disse: "Francesco ha composto durante la sua infermità le Laudi del Signore per le sue creature, a lode di Dio e a edificazione del prossimo. Vi prego che stiate a udirle con devozione". Così cominciarono a cantarle. Il podestà si levò subito in piedi, e a mani giunte, come si fa durante la lettura del Vangelo, pieno di viva devozione, anzi tutto in lacrime, stette ad ascoltare attentamente. Egli aveva infatti molta fede e venerazione per Francesco.
Finito il Cantico, il podestà disse davanti a tutti i convenuti: Vi dico in verità, che non solo a messer vescovo, che devo considerare mio signore, ma sarei disposto a perdonare anche a chi mi avesse assassinato il fratello o il figlio". Indi si gettò ai piedi del vescovo, dicendogli: "Per amore del Signore nostro Gesù Cristo e del suo servo Francesco, eccomi pronto a soddisfarvi in tutto, come a voi piacerà".
Il vescovo lo prese tra le braccia, sia alzò e gli rispose: "Per la carica che ricopro dovrei essere umile. Purtroppo ho un temperamento portato all'ira. Ti prego di perdonarmi". E così i due si abbracciarono e baciarono con molta cordialità ed affetto.

Dalla Leggenda Perugina (FF 1617-1619)
A questo proposito si ebbe a dire una volta: "L'Ordine e la vita dei Frati Minori si assomiglia a un piccolo gregge, che il Figlio di Dio, in quest'ultima ora, ha chiesto al suo Padre celeste, dicendo: "Padre, vorrei che tu suscitassi e donassi a me in quest'ultima ora un nuovo umile popolo, diverso per la sua umiltà e povertà da tutti gli altri che lo hanno preceduto, e fosse felice di non possedere che me solo". E il Padre rispose al suo Figlio diletto: "Figlio. Ciò che hai chiesto è fatto"".
Aggiungeva quindi Francesco che il Signore ha voluto che i frati si chiamassero "Minori", perché appunto questo è il popolo chiesto dal Figlio di Dio al Padre suo, e di esso si dice nel Vangelo: "Non vogliate temere, piccolo gregge, poiché è piaciuto al Padre vostro di concedere a voi il Regno"; e ancora: "Quello che avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli (minori), lo avete fatto a me". Sebbene qui il Signore parli di tutti quelli che sono poveri in spirito, tuttavia egli intendeva riferirsi in modo particolare all'Ordine dei Frati Minori, che sarebbe fiorito nella sua Chiesa.
Fu rivelato a Francesco che il suo movimento doveva chiamarsi dei Frati Min ori, e così fece scrivere nella prima Regola, che portò a Innocenzo III, e il Papa gliela approvò e concesse; in seguito il Papa annunciò questa sua decisione a tutti nel Concilio. Il Signore rivelo a Francesco anche il saluto che dovevano dare, come ricorda nel suo testamento: "Il Signore mi rivelò che dicessi questo saluto: "Il Signore ti dia pace"".
Nei primordi dell'Ordine, mentre Francesco era in cammino con uno dei primi dodici frati, questi salutava uomini e donne che incontrava lungo la strada o vedeva nei campi, con le parole: "Il Signore ti dia pace!". La gente, che finallora non aveva mai udito un religioso salutare con quella formula, si mostrava stupita. C'erano anzi quelli che ribattevano indispettiti: "Cosa vorrebbe dire questo nuovo genere di saluto?". Il frate ci rimase male e disse a Francesco: "Fratello, permettimi di usare un altro saluto". Ma il Santo osservò: "Lasciali dire, perché non intendono le cose di Dio. Tu non provare vergogna per le loro reazioni, poiché ti dico, fratello, che perfino i nobili e i principi di questo mondo avranno riverenza per te e per gli altri in grazia di questo saluto".
Disse ancora: "Non è meraviglioso, che Dio abbia voluto avere un piccolo popolo, fra tutti gli altri venuti prima, che sia felice di possedere Lui solo, altissimo e glorioso?"

Conservare la pace davanti alle tribolazioni e persecuzioni (FF 278)
Un giorno il beato Francesco, presso S. Maria degli Angeli, chiamò frate Leone e gli disse: "Frate Leone scrivi". Questi rispose: "Eccomi, sono pronto". "Scrivi - disse - cosa è la vera letizia". Viene un messo e dice che tutti i maestri di Parigi sono entrati nell'Ordine; scrivi: non è vera letizia.
Così pure che sono entrati nell'Ordine tutti i Prelati d'Oltr'Alpe, arcivescovi e vescovi, non solo, ma perfino il Re di Francia e il Re d'Inghilterra; scrivi: non è vera letizia. E se ti giunge ancora notizia che i miei frat