della chiusura della fabbrica. I portatori di inte resse che l'azienda e l'economia vadano bene sono diventati tanti; non solo più gli azionisti ma anche l'ambiente intorno, cioè i lavoratori, i fornitori, i clienti, come pure le forze politiche che sono attente che l'impresa partecipi all'evoluzione dell'economia in maniera corretta. Volevo dire ancora una parola sulla prevenzione degli infortuni che era un vecchio obiettivo dell'UCID. Questo discorso sta tornando di attualità, non tanto nelle grandi fabbriche dove gli infortuni sono diminuiti moltissimo ma nelle imprese che lavorano come terziste, dove invece sono aumentati in modo preoccupante. Sono convinto che questo è un tema da mettere sul tavolo perché, ultimamente, le morti per infortuni sul lavoro, in Italia, sono eccessive e molto legate allo sviluppo del sommerso, o delle imprese che dimenticano le regole del gioco da osservare. Vorrei chiudere auspicando che, in questa sede, nelle prossime riunioni si approfondisca questa svolta dell'economia e il ruolo dell'impresa all'inizio del nuovo secolo perché il panorama è molto inquietante e dobbiamo farcene carico sia come attenzione sia come preparazione per reagire positivamente ad un sistema che sta evolvendo sotto i nostri occhi. Etimologicamente il termine "economia" rimanda all'idea di "governo del mondo" e quindi, in senso generale, all'idea di una graduale attivazione, da parte dell'uomo, della fruibilità della multiforme gamma di "potenzialità" insite nel cosmo. Per il credente tale approccio trova riscontro e, soprattutto, trova legittimazione nelle affermazioni di Genesi 1,28, laddove alla coppia umana viene detto di soggiogare la terra e di dominare su ogni altro essere vivente in essa presente. In questa prospettiva, per il credente l' "economia" è pertanto cosa potenzialmente buona, anzi "molto buona" (cf Gen 1,31), nel Progetto di Dio sulla storia e sull'uomo. Nello stesso tempo, all'economia, il racconto di Genesi, sia pure allusivamente, assegna però anche delle finalità che in certo modo la trascendono e quindi in definitiva la normano, condizionandola nella concretizzazione della sua potenziale positività. E ciò almeno sotto due profili. Per quanto riguarda i rapporti tra economia e natura, innanzitutto. A questo proposito il messaggio è che, nei processi di valorizzazione delle potenzialità della natura, questa non può essere considerata come un "oggetto" aperto a qualsiasi tipo di manipolazione in quanto materiale grezzo privo di una sua logica interna, ma va invece riconosciuta come "soggetto" dotato di un suo "inptinting" particolare e di una specifica vocazione, che dev'essere scoperta, rispettata e assecondata: in Gen 2,15 si dice infatti che la natura dev'essere dall'uomo "coltivata e custodita". E considerazioni analoghe valgono a maggior ragione per quanto riguarda i rapporti tra l'economia e l'uomo. Il messaggio, anche e più ancora in questo caso, è che, nei processi di valorizzazione delle potenzialità della natura, l'uomo in quanto tale (e quindi ogni uomo) non può essere considerato come una realtà puramente strumentale al conseguimento di fini a lui estranei, ma sono al contrario i processi di cui sopra che devono essere considerati strumentali allo sviluppo di una certa idea di uomo. In Gen 1,26-28, l'uomo è infatti presentato non solo come il prodotto dell'ultimo giorno della creazione e quindi, in certo modo, come il vertice, il compimento della stessa, ma addirittura come immagine di Dio e per questo, come signore delle cose sia pure in via subordinata. Finalizzazione questa che è ulteriormente evocata, con più diretto riferimento al processo economico, in Gen 2,16, là dove viene detto che l'uomo potrà mangiare di tutti gli alberi del giardino terrestre, salvo che dell'albero della conoscenza del bene e del male. Nella prospettiva ebraico-cristiana c'è quindi l'idea di un duplice valore fondante dell'economia: la sua vocazione ecologica (la natura, nei suoi vari aspetti, va resa fruibile rispettando le logiche che basilarmente la fondano); la sua vocazione umanistica (l'uomo, ogni uomo, colto nella sua chiamata a concretizzare la propria somiglianza a Dio - cf Mt 5,48 - è il destinatario privilegiato delle fruibilità che l'economia realizza e, in definitiva, è il fine che deve orientare i processi di sviluppo di queste fruibilità). Ing. Fiorenzo Savio Ferma restando l'idea generale dell'economia come "governo del mondo", nell'accezione corrente questa idea tende a concretizzarsi (e spesso anche a confinarsi) in particolare nel riferimento a due specifiche realtà: a) i "criteri" attraverso i quali ci si propone di "misurare", in termini monetari, l'efficienza delle operazioni di valorizzazione delle potenzialità della natura, sia a livello macro (un indicatore di efficienza correntemente adottato a questo livello è il "prodotto interno lordo" di una regione o di uno stato), sia a livello micro (un indicatore di efficienza correntemente adottato a questo livello è il "margine operativo" della gestione di un'impresa); b) gli "schemi concettuali" attraverso i quali si tende a descrivere, ed a controllare, i meccanismi che regolano i processi di valorizzazione delle risorse naturali (è a questo titolo che si parla di "leggi dell'economia", di "modelli econometrici", di "politiche economiche", ecc.) Su questi temi, com'è noto, tra gli studiosi ed anche a livello politico, è oggi in corso un dibattito piuttosto serrato sulla validità dei modelli di riferimento adottati o proposti. Per quanto riguarda i metodi di "misura" dei risultati dei processi economici, oggi ci si chiede per esempio se il criterio monetario sia, da solo, sufficiente per valutare in modo adeguato l'efficienza degli atti del governo economico del mondo e vengono anche suggerite e sperimentate varie integrazioni a questo criterio per tenere conto dei fenomeni che (in positivo o in negativo) hanno certamente valenza economica in senso lato, ma attualmente non vengono monetizzati o sarebbero in ogni caso difficilmente monetizzabili (come per esempio talune attività di cura delle persone o taluni fenomeni di inquinamento o di consumo di risorse non rinnovabili, ecc.). Per quanto invece riguarda gli "schemi concettuali" utilizzati per descrivere e pilotare i processi economici, fa invece certamente problema, ed è causa di vivaci discussioni, non solo la coesistenza di una varietà di "scuole" e di "modelli" in competizione ed il fatto che le "predizioni" elaborate utilizzando i vari modelli correnti vengono spesso disattese, almeno in parte, dagli eventi successivi, ma, soprattutto, fa difficoltà il fatto che, sia a livello globale sia a livello locale, spesso subisce ritardi vistosi, ed addirittura arretramenti, quella diffusione del benessere che l'applicazione dei vari modelli proposti tenderebbe invece a promettere. Sarebbe ovviamente improprio e comunque non produttivo cercare negli enunciati dalla fede risposte tecniche ai problemi ora richiamati. Ma l'orizzonte della fede, in quanto delinea un quadro generale di riferimento, anche a questo livello esercita una funzione critica e di orientamento di cui il credente non solo deve, ma può utilmente tenere cont o. Di fronte alla tendenza (arbitraria, pericolosa, ma sempre ricorrente perché rassicurante) alla assolutizzazione dei "criteri" e degli "schemi operativi", di fronte cioè al rischio che degli "strumenti", funzionali ma sempre imperfetti, vengano trasformati in "ideologie" che si autolegittimino e, come tali, diventino oggetto di una più o meno consapevole "credenza", la fede offre alcuni antidoti importanti.
Richiama innanzitutto e costantemente il primato delle finalità (ecologiche ed umanistiche) che legittimano ma al tempo stesso normano le attività economiche. E, nella misura in cui mette in gioco valenze che toccano il cuore delle situazioni, lo fa con una penetrazione che potenzialmente investe tutti gli aspetti e tutte le fasi dei processi economici; evidenzia cioè le implicazioni etiche sia delle decisioni relative al tipo di finalità da attivare (cioè al prodotto), sia delle decisioni relative al modo con cui le fruibilità vengono attivate (cioè al processo produttivo), sia infine dalle decisioni relative al modo con cui le fruibilità vengono messe a disposizione delle diverse utenze potenziali (cioè alla distribuzione del prodotto in sé, ma anche delle risorse finanziarie generate attraverso il processo produttivo). Colloca gli sviluppi delle diverse iniziative in campo economico all'interno di una prospettiva dinamica, quella della creazione per tappe di Gen 1, ma anche di Rom 8, 19-22 dove si dice che la creazione attende con impazienza la progressiva rivelazione dei figli di Dio e, nel tempo presente, geme e soffre come per delle doglie di parto. E questa una prospettiva all'interno della quale, se per un verso possono trovare accoglienza comprensiva le "approssimazioni", per difetto, con le quali, a causa dei vincoli dei tempi e delle situazioni, l'economia via via persegue i fini prima richiamati, resta però ferma la tensione verso il "meglio" e diventa costantemente imperativo lo sforzo per qualificare il futuro nella direzione di u n progresso verso questo "meglio". L'attitudine a mantenersi liberi nei confronti degli schemi consolidati ma messi in crisi dall'evoluzione delle cose, ed a porre invece attenzione vigile ai problemi emergenti (oggi per esempio: la globalizzazione, la virtualizzazione finanziaria, la spersonalizzazione dei rapporti, ecc. nell'economia), sono valori importanti che la fede suggerisce e promuove presso coloro che operano in economia. Ma la fede immunizza anche chi opera in economia dalle tentazioni di onnipotenza, oggi più che mai ricorrenti a causa della grande efficacia e versatilità della strumentazione tecnica di cui l'economia ora dispone. Ricordando all'uomo che è nudo di fronte alla pretesa d'impadronirsi del senso ultimo delle cose (Gen 3,7) e che anch'esso geme aspettando redenzione (Rom 8, 23), La fede lo aiuta a conservare lucidità critica nei confronti dei propri fallimenti, ma anche nei confronti delle possibili collateralità negative delle proprie iniziative apparentemente di successo (realtà che invece si tende spesso a rimuovere) e in definitiva, anche sotto questo profilo, lo aiuta a perseverare nella ricerca prudente ma tenace del meglio. E la fede infine aiuta gli operatori dell'economia a difendersi dalla sua assolutizzazione, dall'accaparramento dell'agire nei confronti dell'essere, proponendo un orizzonte dell' "oltre" come compimento e premio per l'operare. E l'orizzonte del sabato in cui Dio (Gen 2, 1-4), avendo portato a termine la sua opera, consacra il settimo giorno al riposo e alla contemplazione, passeggiando nel giardino alla brezza del giorno (Gen 3,8).
dott. Luca Lazzaron
Non ho preparato un intervento formale, ma due o tre riflessione dettate dalla mia giovanissima esperienza. Attualmente sto vivendo delle esperienze significative dirigendo delle aziende americane in Italia e in Europa, con tecnologie tipicamente informatiche che cambiano le scelte strategiche e la conduzione delle aziende con ripercussioni drammatich e sull'organizzazione del personale. Da questo punto di vista, sia quello che ho sperimentato, in un primo momento, in Italia con piccoli e medi imprenditori, sia che quello che adesso sperimento con grandi aziende di telecomunicazioni, dove gli interlocutori non sono gli imprenditori ma il dirigente che si deve fare carico di questo tipo di decisione, è molto significativo Sono profondamente d'accordo con quanto si diceva prima sulla nuova rivoluzione, non più industriale, ma informatica e della comunicazione. Si tratta soprattutto di una rivoluzione del tempo di accesso alle informazioni, una rivoluzione che ha dei lati positivi e dei lati negativi. Ad esempio con Internet oggi è possibile il telelavoro, si può lavorare a casa, con dei ruoli che sono tipicamente quelli di chi lavora, da solo, di fronte ad un computer. Il lato positivo è che si abbattono delle barriere, perché ci sono persone che non hanno la possibilità di fare determinati lavori dal momento che, per esempio, non possono muoversi. I lati negativi riguardano prevalentemente i rapporti interpersonali, che con i nuovi strumenti di comunicazione sono più rapidi e impersonali, ma rischiano di isolare le persone. Ci sono lati positivi e negati anche sulla qualità delle informazioni, perché attraverso strumenti come Internet si può avere accesso a qualsiasi tipo di informazione, ma la qualità di queste informazioni è decisa da altri, per cui bisogna sempre vigilare sul livello della qualità delle informazioni che vengono date a tutti. Tornando al discorso delle scelte tecnologiche, gli strumenti informatici che permettono una maggiore efficienza dell'azienda, portano l'imprenditore a ricercare il ritorno sull'investimento. Il ritorno sull'investimento nelle nuove tecnologie, può essere fatto secondo diversi criteri, e più esplicitamente secondo due scelte di fondo: una maggiore efficienza o una crescita maggiore dell'azienda. Se un imprenditore chiede un ritorno sugli investimenti di questa tecnologia senza voler vedere una crescita, cercherà un risparmio di ore lavoro a parità di persone, o un risparmio di lavoratori a parità di produzione. Anche a questo livello la decisione riguarda l'etica. Per le imprese americane è più facile prendere decisioni di crescita perché il coinvolgimento di tutti i dipendenti, dalla centralinista al programmatore, è totalmente diverso. Esistono degli strumenti come ad esempio le "stock option" che permettono all'imprenditore di legare a sè maggiormente i dipendenti a tutti i livelli e quindi condividere maggiormente i rischi che la crescita comporta. Il mercato americano è totalmente diverso perché anche un'azienda piccolissima può essere quotata in borsa e quindi aver più facilmente accesso ai mezzi finanziari necessari per poter crescere. E strano, però, constatare come l'America, se per un verso è il paese che si preoccupa di più di creare la fedeltà all'azienda e la partecipazione, d'altro canto è il paese con minor tutela in assoluto del posto di lavoro, perché chiunque può essere licenziato, con una e-mail, con una lettera in giornata, senza che esista la giusta causa. A questo livello, per restare sul mercato, si pongono le scelte più difficili per gli imprenditori: ricorrere alle nuove tecnologie per crescere o per ridurre gli occupati. Credo che l'obiettivo di incontri come questo consista nell'aiutare a trovare il criterio di scelta nei valori che si basano sulla solidarietà, stimolando imprenditori e dipendenti a vivere dei momenti di condivisione di questi valori. Questo può essere un impegno dei sacerdoti e di quanti fanno parte delle associazioni di ispirazione cristiana come l'UCID, nel tentativo di portare un messaggio non semplicemente a chi è già credente, ma anche a chi è disposto a puntare su dei valori comuni. e ad aprire un dialogo che può anche riuscire ad andare oltre per giungere ad un confronto sulla fede. Porto un esempio personale, banalissimo, che non c'entra nulla, ma che per me è stato importante. Sono sposato da due anni e mi sono riavvicinato molto alla Chiesa e alla preghiera nel corso prematrimoniale, una situazione vissuta sull'onda delle emozioni, che però mi ha fatto molto pensare. Secondo me bisogna inventarsi qualche punto di contatto perché le cose che diciamo non rimangano ristrette a chi ne discute, o semplicemente a chi fa già parte delle associazioni cattoliche. Ad esempio, nel corso prematrimoniale, c'erano una quindicina di coppie, persone diverse di educazione, di formazione, di posizione lavorativa, uniti, però, in quel momento dai valori attraverso le discussioni e la preghiera. A mio parere, il primo obiettivo su cui dobbiamo puntare è quello trovare un punto di contatto basato su dei valori comuni che sono cristiani ma che sono vissuti anche da chi non è un praticante perché cosi sarà più facile trasmettere anche ulteriori valori. Per quanto riguarda il nostro Paese, si diceva che esiste più la cultura dei diritti che dei doveri. Ricordo una frase bellissima di Kennedy: "Non pensate che cosa il vostro paese può fare per voi, pensate che cosa potete fare voi per il vostro paese!". Purtroppo, in Italia, e soprattutto al settentrione c'è da parte di molti la convinzione di aver fatto di più di quello che il paese ha fatto per loro e questo è un concetto che non consente molto di collaborare insieme. Il concetto fondamentale più che mai è quello di valori che non riguardano solo lo Stato, ma anche il governo delle aziende. E se in Italia il sistema legislativo non ci permette di capovolgere le situazioni, il modello americano dal punto di vista del capitale e del funzionamento delle imprese è eccezionale, ma dal punto di vista dell'etica sociale è una disperazione. I ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
dott. Matthias Kissing
Per me come imprenditore, una delle domande chiave è se Dio c'entra con la mia azienda, e in che modo, o se devo vivere la mia fede in modo dissociato; la fede è una cosa che mi riguarda solo fuori dall'azienda, oppure mi può accompagnare anche nella mia attività quotidiana? Nella mia esperienza credo di aver dato questa risposta: Dio c'entra con l'azienda, e ci vuole entrare il più possibile, ma non vuole entrare nella mia azienda attraverso proclami, bensì silenziosamente attraverso il mio cuore. Se noi, come imprenditori, Dio l'abbiamo nel cuore, Lui nell'azienda c'è con noi e probabilmente riusciremo a fare cose molto buone, ma se Dio non è nel mio cuore, sono convinto che probabilmente farò tante cose non buone a causa della mia fragilità umana. Per far entrare Dio nel mio cuore, ho trovato un modo che in questo momento mi aiuta molto e mi dà forza. Appena posso cerco, durante il giorno, di trovare il modo per lasciare il lavoro per tempo, tornare a casa per leggere una pagina del vangelo oppure di un libro di meditazione, fare silenzio, immaginarmi Gesù recuperando il suo volto attraverso l'iconografia, la stratificazione di tutte quelle immagini che ognuno di noi ha dentro di sé, e di stare in silenzio davanti a Dio. Non avevo mai capito cosa significasse adorare Dio, mi sembrava una cosa troppo difficile e quasi asettica. Ora penso che questo sia il mio modo per adorare Dio, perché mi hanno insegnato che Dio merita il nostro amore che è la cosa più importante della nostra vita. Per me adorare Dio significa rimanere nel suo ascolto, mettersi al suo cospetto, passare del tempo in sua compagnia. Tutte le volte che faccio questo, traggo un grandissimo beneficio perché sento che aumentano le mie energie, la mia capacità di concentrazione, la mia serenità ed esco sempre rinvigorito da questo incontro spirituale. Se non riesco a farlo, sento la sete di questo incontro e dopo due o tre giorni ne avverto la mancanza perché mi viene a mancare qualcosa di importante. Sono persuaso, nella mia esperienza di imprenditore, che la ricerca di Dio porta anche l'impresa a fare cose straordinarie che vorrei defi nire miracoli che non sono frutto solo del nostro comportamento. Infatti, se cerco di avere un rapporto con il Signore nella mia vita quotidiana, so di poter contare sulla provvidenza che agisce costantemente per il bene della mia azienda. Di questo ne sono fermamente convinto perché, per quanto ci diamo da fare, non tutto è prevedibile, e non abbiamo le leve per poter gestire tutto. Quindi anche nella mia micro azienda, di fronte al mondo, so che tantissime cose dipendono dall'azione della provvidenza. Cerco, poi, di coltivare il valore dell'unità nell'azienda perché l'amore verso Dio deve diventare amore verso il prossimo, verso tutti i dipendenti con i quali vivo otto ore al giorno, e anche questa unità in azienda la porta a realizzare i cosiddetti miracoli. Se viviamo questa unità che dipende dal nostro rapporto con Dio, siamo in grado di riversare qualcosa anche agli altri. La formazione individuale che l'UCID ci propone alla luce della dottrina sociale della Chiesa deve portarci ad essere in grado di testimoniare, nel nostro ambiente di lavoro, gli insegnamenti che abbiamo ricevuto e dobbiamo anche trovare la strada per realizzare delle scelte innovative che possono sembrare addirittura rivoluzionarie nel mondo dell'economia e del lavoro. Nella modestia della nostra esperienza aziendale, siamo riusciti a realizzare, esclusivamente tramite questo tipo di ricerca e di formazione individuale, una dichiarazione di intenti che è patrimonio comune di tutti i partecipanti dell'azienda, anche se non tutti l'hanno interiorizzata allo stesso modo. La mia azienda ha oggi 110 dipendenti, quando sono entrato ne aveva 35, e produce abiti da sposa. Sul tabellone delle comunicazioni sono sempre esposti i nove principi con i quali abbiamo dichiarato di volerci comportare in azienda. Il primo punto è la missione della nostra azienda che è il servizio verso il nostro cliente, la sposa, che merita tutta la nostra attenzione perché vive uno dei momenti più importa nti della sua vita, il quarto punto è l'affermazione che ognuno di noi, all'interno del proprio posto di lavoro, gode di pari dignità e merita di essere trattato con lo stesso rispetto, indipendentemente dal ruolo e dall'esperienza che ha all'interno dell'azienda. Dichiariamo, inoltre, di voler far di tutto per osservare sempre un comportamento trasparente e corretto nei confronti di tutti. Quando, nella contrattazione, abbiamo dovuto dare un premio ai nostri dipendenti, abbiamo introdotto la partecipazione agli utili, compiendo una scelta che dà molta soddisfazione a noi come azionisti, o come titolari e che è un argomento di dibattito con la rappresentanza sindacale perché discutiamo apertamente dei risultati dell'azienda. Quindi sono obbligato ad avere un comportamento trasparente nei confronti dei miei dipendenti; non posso assolutamente giocare sporco o truccare le carte, ma devo spiegare anche cosa sono gli ammortamenti e discutere con loro le politiche dell'azienda. A volte mi sento in dovere anche di rettificare i risultati a favore dei dipendenti, perché magari la pur corretta applicazione delle tecniche di bilancio magari non evidenzia in toto quelli che sono gli andamenti positivi dell'azienda. Cerchiamo anche di fare delle raccolte di beneficenza. E una piccola iniziativa che però è momento di unione dei dipendenti su un impegno comune che si ripete ogni anno. L'azienda ha un bambino adottato a distanza in India, cerca di devolvere qualcosa agli handicappati; tenta di aiutare i poveri a Milano. L'azienda si impegna a raddoppiare questa raccolta di beneficenza, per cui una piccola iniziativa che coinvolge tutto il personale, raddoppia lo sforzo che ognuno ha fatto e questo unisce molto le persone. L'altra cosa che periodicamente facciamo è quella di invitare il personale a pregare per l'azienda rendendolo partecipe dell'azione della provvidenza e cosciente della necessità dell'aiuto di Dio affinché la nostra attività vada sempre bene. Denunciamo co sì apertamente che, nonostante il nostro impegno e la nostra dedizione, non tutto dipende da noi e quindi invochiamo l'aiuto di Dio nella nostra attività. A volte scherzosamente i miei dipendenti dicono che abbiamo pregato troppo, perché magari siamo sommersi di lavoro. Sono convinto che se cerco di essere in un rapporto sereno di figlio con Dio, di attuare questi comportamenti che sono la ricerca dell'unità a tutti i livelli - con i fornitori, i dipendenti, i clienti - sebbene questo non significa eliminare completamente la conflittualità che è in me e negli altri, i risultati sono un logica conseguenza del mio agire bene e non il contrario. Certo io devo sempre fare di tutto perché l'azienda abbia dei risultati aziendali positivi, però sono profondamente persuaso che, se innanzitutto io agisco bene, posso chiedere che anche i miei dipendenti agiscano bene e quindi i risultati verranno di conseguenza. Mio padre, che era un imprenditore ed ora felice pensionato, mi ha inculcato, forse senza saperlo, una grande verità quando affermava: "Cosa potrei aspettarmi dai miei dipendenti se io avessi una relazione con la mia segretaria?" Questo è l'importanza e la forza dell'esempio; ma la capacità di dare buon esempio non si riesce ad avere da soli senza essere continuamente rinvigoriti e rafforzati da Dio. Grazie.
dott. Alberto Falck
Vorrei partire da quello che ha posto sul tavolo Kissing: "Dio interviene in azienda attraverso il cuore dell'imprenditore", evidentemente anche dei dirigenti e dei collaboratori. Credo che questo sia il punto chiave più difficile da realizzare perché, molto spesso, c'è chi è poco credente o addirittura laico. Ciò non toglie che questa sia una strada che va perseguita, cioè cercare diffondere la Parola di Dio, il più possibile, all'interno dell'azienda. Se però viene "imposta" dall'alto, difficilmente, ha un seguito; diversamente è più facile se c'è un gruppo di collaboratori che crede ed organizza una serie di incontri e di interventi - specialmente nelle grandi aziende - di acculturazione cattolica su vari temi. Negli ultimi anni il cambiamento dell'economia ha fatto sì che ci fosse molto meno tempo a disposizione ed anche le situazioni rese più pesanti hanno portato ad abbandonare una tradizione precedente, lasciandola al singolo, all'esterno dell'azienda. Esiste un'etica cristiana ed un'etica di tipo laico che identificherei con l'osservanza delle regole del gioco; più si globalizza, più è necessario che le regole del gioco vengano stabilite e osservate. Stabilite da qualcuno che fa da autorità garante, anche perché vengano rifatte secondo l'evoluzione in atto dell'economia mondiale e osservate dagli attori sul mercato. Questo è il bagaglio manageriale di chi opera in economia e bisogna pretendere che esista, altrimenti non si riesce a fare la globalizzazione e l'apertura dei mercati. Questa è l'etica che conviene, quella delle regole del gioco, altrimenti si è buttati fuori dal tavolo delle trattative. L'etica cristiana è una realtà diversa, anche se può coincidere o andare in parallelo; ma mentre le regole del gioco della finanza e dell'economia internazionale, costituiscono, per così dire, un armamentario che va portato sulle spalle, l'etica cristiana è piuttosto un'intima convinzione. Questo è un punto da chiarire, perché c'è una grande differenza tra quello che l'imprenditore o il dirigente sente nel cuore e le regole che deve adottare per poter partecipare al "grande gioco dell'economia". Una seconda riflessione riguarda il momento difficile che stiamo vivendo, simile per certi aspetti alla situazione in cui più di 100 anni fa fu scritta la Rerum novarum. Allora avanzavano sulla scena mondiale alcuni temi nuovi come la questione operaia, i moti sociali, la cooperazione... Oggi evidentemente il problema operaio non è più lo stesso, ma c'è un problema molto simile per la difficoltà a capirlo e a risolverlo, ed è il problema della disoccupazione. Infatti, no nostante le numerose denunce, non siamo ancora riusciti, in questa situazione complessa, a trovare delle soluzioni mettendo insieme l'esperienza di tutti. Ogni paese ha le sue giustificazioni; quello che è certo, però, che non esiste ancora una coscienza ed una coesione europea che ci consentano di affrontare questo problema in una maniera comunitaria. L'Europa non è fatta solo dall'Euro - per quanto sia una partenza importante - ma esige anche una nuova concezione per risolvere i problemi sociali. L'Olanda, l'unico paese europeo che con l'Irlanda ha una bassa disoccupazione, trucca un po' le carte della statistica in quanto include anche tutti i lavori precari, che noi consideriamo "sommersi" mentre loro hanno ufficializzato. Viviamo quindi una situazione di fine secolo di forte incertezza, come fu quella della fine del secolo scorso. Allora si nutriva, forse, una grossa speranza che l'avanzare dell'economia e la strada tracciata dalla Rerum novarum portassero a dei risultati. In realtà il '900 è stato pieno di delusioni e di insuccessi: sono state tentate molte strade, si è capito molto di più dell'economia complessa e dell'impresa, ma non si sono risolti molti problemi. Alle soglie del 2000 abbiamo un'economia che non dà ancora delle risposte alle nostre esigenze, e soprattutto non offre speranze di uno sviluppo armonico in cui non dico la povertà, ma per lo meno la disoccupazione nei paesi più avanzati sia, in qualche modo, debellata come problema. L'impresa in questa situazione deve fare certamente la sua parte, ma deve anche essere molto attenta a quello che avviene fuori. Si stanno creando dei nuovi bisogni, per esempio quelli collegati con l'ambiente. Solo 20 anni fa i fumi dei camini delle fabbriche erano considerati benessere perché voleva dire che la fabbrica funzionava e dava lavoro, oggi sono considerati malissimo perché inquinano l'ambiente circostante che, per alcuni, è un male peggiore