UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Conclusioni dell’Incontro dei Responsabili delle Scuole di formazione all’impegno sociale e politico

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30 Dicembre 1998

gni precisi Come sempre ci congediamo consegnandoci a vicenda alcuni impegni precisi che per brevità di tempo e per chiarezza voglio presentarvi in modo schematico: * impegno a diffondere a livello locale la Nota pastorale "Le comunità cristiane educano al sociale e al politico" con iniziative e momenti specifici che mirino a far crescere la coscienza dell'urgenza di una progettualità formativa ai vari livelli; * sperimentare a livello di Chiese particolari almeno alcune fasi formative proposte dalla Nota interagendo con altri settori della pastorale e con comunità ecclesiali disponibili a fare questo percorso; * continuare lo sforzo e l'impegno di collegamento tra le Scuole avvalendosi del servizio a rete della Fondazione Lanza, fornendo e trasmettendo i dati e i materiali necessari per realizzare questa collaborazione interattiva; * dare particolare rilievo, nel prossimo anno pastorale, al tema dei diritti civili, recuperando nella catechesi delle nostre Chiese una categoria fondamentale dell'impegno sociale e politico dei cristiani e di tutti gli omini di buona volontà; * per quanto riguarda il Gruppo nazionale di riferimento ci impegnano a continuare l'opera di sensibilizzazione tramite opportune iniziative, il servizio di collegamento e la disponibilità ad offrire servizi specifici secondo le richieste che possono pervenire. In particolare ci impegniamo ad esplorare la possibilità che le Scuole possano inserirsi maggiormente nel contesto della pastorale sociale e del lavoro e nella pastora ordinaria. don Mario Operti
1. Una parola di ringraziamento Mi è gradito iniziare queste conclusioni con una parola di ringraziamento ai componenti del Gruppo nazionale di riferimento delle Scuole di formazione all'impegno sociale e politico (SFISP) per il cammino fatto insieme in questi anni, per i consigli ricevuti e la responsabilità condivisa, per la partecipazione alla costruzione di questa difficile ed interessante esperienza. Un grazie sincero anche a tutti i relatori che sono intervenuti in questo incontro per il loro contributo competente, gli stimoli e i suggerimenti che ci hanno proposto e le prospettive che ci hanno aperto; alla Fondazione Lanza per la nuova collaborazione che si sta costruendo nella prospettiva di realizzare una rete di collegamento e di conoscenza tra le varie esperienze di SFISP; alla Segreteria organizzativa, la sig.a Leonarda Fontana e don Gian Franco Belsito, perché i servizi nascosti sono sempre quelli più preziosi ed anche quelli più necessari. Infine un ringraziamento a tutti voi per la vostra presenza e testimonianza, per i dibattiti e i confronti, per l'impegno generoso che portate avanti nelle Chiese particolari d'Italia. Non intendo riprendere i vari contenuti che ci sono stati proposti, né dilungarmi - ci mancherebbe il tempo - sulle indicazioni emerse; preferisco proporvi alcune conclusioni più libere approfondendo il significato e l'importanza di questo servizio formativo all'impegno socio-politico.
2. Una ricorrente e pericolosa contrapposizione Nell'impegno di proposta della formazione al sociale e al politico ci dobbiamo continuamente misurare con una ricorrente contrapposizione che serpeggia nelle nostre comunità ecclesiali e che già il Concilio Vaticano II stigmatizzava con una ricca e provocante dichiarazione "Il Concilio esorta i cristiani, che sono cittadini dell'una e dell'altra città, di sforzarsi di compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito del Vangelo. Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano di poter per questo trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno. Al contrario, però, non sono meno in errore coloro che pensano di potersi immergere talmente negli affari della terra, come se questi fossero estranei del tutto alla vita religiosa, la quale consisterebbe, secondo loro, esclusivamente in atti di culto e in alcuni doveri morali. Il distacco, che si constata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo. Contro questo scandalo già nell'Antico Testamento elevavano con veemenza i loro rimproveri i profeti, e ancora di più Gesù Cristo stesso, nel Nuovo Testamento, minacciava gravi pene. Non si venga ad opporre, perciò, artificiosamente, le attività professionali e sociali da una parte e la vita religiosa dall'altra. Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna. Siano contenti piuttosto i cristiani, seguendo l'esempio di Cristo, che fu un artigiano, di poter esplicare tutte le loro attività terrene, unificando gli sforzi umani, domestici, professionali, scientifici e tecnici in una sola sintesi vitale insieme con i beni religiosi, sotto la cui altissima direzione tutto viene coordinato a gloria di Dio". Un problema ricorrente di particolare attualità, con il quale ancora oggi dobbiamo misurarci è certamente l'insensibilità delle comunità ecclesiali e la conseguente marginalità riservata all'educazione al sociale e al politico. Inoltre le divisioni nel mondo cattolico, i differenti modi di collocarsi di fronte all'impegno rendono ancora più difficile l'opera di formazione e aumentano il rischio, da più parti paventato, dell'insignificanza del messaggio cristiano nella vita sociale e politica del Paese. E' in questo contesto che abbiamo approfondito la convinzione dell'urgenza di una progettualità formativa delle comunità ecclesiali che, tenendo conto delle difficoltà del momento, non rinunci ad elaborare un metodo, degli strumenti ed una verifica, in grado di proporre itinerari e momenti precisi di formazione, collegati alle esigenze del territorio e di superare il dilemma "del prima mi formo e poi mi impegno."
3. La consapevolezza di alcune diversità nel coniugare fede e impegno, parola e politica: alcuni modelli complementari di formazione D'altra parte non possiamo ignorare che, fin dalle origini della Chiesa apostolica, il problema dell'impegno, del rapporto fede e politica, ha segnato in profondità la presenza dei cristiani nella società e nel mondo e che la diversità delle scelte che furono operate, rivela comunque la condivisa fedeltà alla missione evangelica: "Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini" (Mt. 5,13). Nell'introduzione ad un breve ma stimolante saggio, pubblicato dalle Edizioni Lavoro , Franco Riva, individua alcuni modelli di rapporto tra politica e parola, presenti nel Nuovo Testamento, che vale la pena riproporre come altrettante modalità di una formazione che intenda coniugare in modo propositivo l'adesione a Cristo con la fedeltà alla storia. Il primo modello è quello della testimonianza che nasce dalla consapevolezza della "diversità" della comunità cristiana che, nel contesto socio-politico del suo tempo, si fa testimone ed interprete di una logica differente che si traduce, nel concreto dei rapporti, in uno stile di vita alternativo. "Sorse anche una discussione, chi di loro poteva essere considerato il più grande. Egli disse: "I re delle nazioni le governano e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve."" (Lc. 22,24-27) Il modello dell'insegnamento è quello della comunità che, nella società del tempo, insegna parole intelligenti che pongono alcuni principi fondamentali per la vita sociale e politica dei cristiani. "Ti raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità. Questa è una cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità..." (1 Tim. 2,1-4). Il terzo modello, quello profetico, si esprime nella forza della denuncia, a partire da una comprensione profonda delle situazioni e dalla coscienza di dover annunciare il giudizio di Dio su di esse "Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria. Supponiamo che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello d'oro al dito, vestito splendidamente, ed entri anche n povero con un vestito logoro. Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite: "Tu siediti qui comodamente", e al povero dite: "Tu mettiti in piedi lì", oppure: "Siediti ai piedi del mio sgabello", non fate in voi stessi preferenze e non siete giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano? Voi invece avete disprezzato il povero!" (Giac. 2, 1-6) Quello apocalittico è il modello che nasce dall'intelligenza dello smascheramento, che denuncia, all'interno di una lettura complessiva della storia, il peccato fondamentale dell'idolatria che sovente si nasconde dietro innocue apparenze. "Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potenza grande. Una delle sue teste sembrò colpita a morte, ma la sua piaga mortale fu guarita. Allora la terra intera presa d'ammirazione, andò dietro alla bestia e gli uomini adorarono il drago perché aveva dato il potere alla bestia e adorarono la bestia dicendo: "Chi è simile alla bestia e chi può combattere con essa?" " (Ap. 13, 1-4) Il quinto modello, simbolico, è caratterizzato dalla capacità di porre delle azioni che "parlano" da sole, in quanto testimoniano un modo altro di stare al mondo che incide anche nell'impegno sociale e politico del cristiano. In questa prospettiva è possibile rileggere molte parabole evangeliche e ritrovare in esse una profonda valenza politica. "Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi caricatolo sopra il suo giumento lo portò ad una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore dicendo: "Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rfonderò al mio ritorno..."" (Lc. 10, 32-35). L'ultimo modello, quello narrativo, nasce dal racconto del vangelo, della buona novella che è Cristo stesso. Molti episodi della vita di Gesù hanno una chiara implicanza politica, e il semplice fatto di raccontarli costituiscono per la Chiesa un punto di riferimento ed un valore esemplare per il suo stile di educare alla politica. In particolare i racconti della passione di Gesù rivestono un significato emblematico per la vita del cristiano nel mondo. Di questa verità anche la recente Nota pastorale sulla formazione al sociale e al politico porta una testimonianza. "Nel racconto della passione di Cristo troviamo come adombrata in un'icona la visione cristiana dell'impegno e della responsabilità, che costituisce per i discepoli del Maestro un punto irrinunciabile di riferimento per la loro vita nel mondo. Al potere demagogico dei sommi sacerdoti che hanno consegnato Gesù al governatore romano per gelosia, sobillando il popolo perché richiedesse la pena capitale, al potere scettico di Ponzio Pilato, che, pur convinto dell'innocenza di Cristo, non è capace di alcuna difesa, ripiegato com'è sull'indifferenza e sull'agnosticismo, fa riscontro il potere di Cristo: "Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce" (Gv 18,37). E una signoria diversa quella di Cristo, la signoria dell'amore e del servizio che sulla croce ha avuto la sua massima e piena espressione. Il cristiano non può dimenticare di essere segnato dalla croce del suo Signore, simbolo del potere di Dio che ha redento il mondo e anche la vita politica e sociale da ogni egoismo e violenza, per porli a servizio dell'uomo, la grande passione di Dio."
4. L'urgenza di non disertare la storia Una convinzione, pertanto, si fa sempre più chiara ed inderogabile, quella dell'importanza di un'educazione piena del laicato e di conseguenza del significato delle Scuole di formazione all'impegno sociale e politico e di una progettualità globale che le sostenga e le colleghi con tutta l'opera formativa ed evangelizzante della Chiesa. Se non vogliamo disertare la storia non dobbiamo stancarci, a costo anche di qualche incomprensione, di ribadire con coraggio questo impegno educativo irrinunciabile a partire dalla vita e dai problemi della gente, per offrire ai cristiani motivazioni competenze ed abilità capaci di testimoniare la passione di Dio per la salvezza totale dell'uomo e di tutti gli uomini. E' una responsabilità precisa che abbiamo anche nei confronti del mondo, di portare il nostro contributo alla costruzione della società, convinti che la fede può fare storia e collaborare all'umanizzazione del mondo. Non possiamo, d'altra parte, ignorare che questo impegno comporta la capacità di vivere la prova e il contrasto sia all'interno della società che nelle stesse comunità cristiane. Ignorare questa situazione rischia di idealizzare la politica e di provocare seri guasti al momento della discesa in campo. Mai come oggi è essenziale educarci ed educare al dialogo nelle differenze, convinti che è possibile una superiore sintesi secondo il bene comune. Ma questo comporta necessariamente la disponibilità a maturare la capacita di vivere i conflitti esistenti in modo coerentemente cristiano. Rinunciare a questa impresa, difficile ma fondamentale, significa misconoscere la realtà delle cose e le difficoltà della vita che da sempre accompagnano l'uomo che si impegna. Emerge così la necessità di proporre una forte spiritualità personale a quanti accettano il servizio nella politica e nel sociale, perché radicati nell'amore di Cristo e convinti della forza della preghiera nelle pieghe della storia, sappiano adoperarsi per un'autentica riconciliazione tra gli uomini. "Gesù non solo ha insegnato ai suoi discepoli il dovere del perdono, ma ha voluto che la sua Chiesa fosse il segno e lo strumento del suo disegno di riconciliazione, rendendola sacramento 'dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano' (Lumen gentium, 1). In forza di tale compito, Paolo qualificava il ministero apostolico come 'ministero della riconciliazione' (cfr. 2 Cor. 5, 18-20). Ma in certo senso ogni battezzato deve sentirsi 'ministro della riconciliazione' in quanto, riconciliato con Dio e con i fratelli, è chiamato a costruire la pace con la forza della verità e della giustizia"
5. Ci lasciamo con alcuni impe