caratteristiche. Il Paese non crescerà se non insieme… Un "insieme" che si intende nelle varie iniziative, sia come possibilità, sia come metodo, sia come reciprocità. Se il Mezzogiorno attende una presenza, il Centro Nord ha bisogno del calore, della cordialità, dell'amore ai valori del Mezzogiorno.
Premesse
Faccio precedere la mia riflessione da tre premesse:
1) Il titolo del tema assegnato a me, anche nella sua formulazione, si presta a più di un'interpretazione. Chiesa, giovani e Mezzogiorno: una risorsa da esplorare: come leggerlo? Chiesa e giovani, risorsa per il Mezzogiorno? Oppure insieme, risorsa per l'intero Paese? O invece al centro i giovani, come potrebbe essere logico? Forse, la stessa difficoltà a indicare un senso univoco è indice anche di un'oggettiva ricchezza del tema. Nell'ordinare i pensieri, mi è sembrato di avere la conferma: i tre termini collocati in reciproca relazione, si arricchiscono vicendevolmente. Sono, però, anche una potenziale ed originale risorsa per l'Italia, inoltre, considerata la collocazione geografica del Mezzogiorno, si può pensare ad interessanti prospettive anche nei confronti dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e di coloro che arrivano o fuggono da questi Paesi. Quasi una vocazione del Mezzogiorno, o una mediazione, una capacità di accoglienza, quanto mai attuale ed utile per l'intera Italia.
2) Questo convegno ha un preciso riferimento storico: dieci anni dal documento della Conferenza Episcopale Italiana il quale a sua volta prendeva lo spunto dai quarant'anni dalla lettera dei Vescovi dell'Italia meridionale del 1948. Superfluo documentare quanto, nei cinquant'anni trascorsi, siano mutate le situazioni: dall'immediato dopoguerra, carico di paure e di speranza, al clima pericolosamente più deluso e scettico di oggi. I due documenti fanno cogliere nello sfondo queste due diverse prospettive. Vi sono anche differenze non solo formali che può essere utile cogliere:
* Nel 1948 i firmatari della Lettera furono i vescovi del Meridione (esattamente settantatré vescovi, due abati e due prelati). * Nel 1998 è tutto l'episcopato italiano.
* Nel 1948, argomento, quasi esclusivo, furono i principali problemi del Mezzogiorno. I riferimenti espliciti sono alle sue condizioni sociali e materiali: agricoltura… latifondo… contratti. Oltre, ovviamente i cenni approfonditi sulla peculiarità culturale dell'Italia Meridionale (compresa l'impossibilità di identificare in una sola immagine le diverse situazioni…) Lo Stato è invocato come un "elargitore" di un doveroso aiuto. Non viene trattato con larghezza il tema del contributo che dal Mezzogiorno può venire all'Italia intera. * Nel 1989, fin dall'inizio, con il noto slogan: Il Paese non crescerà se non insieme…" si sottolinea invece la stretta correlazione fra il Mezzogiorno e l'intera Italia. E il primo tentativo da parte della Conferenza Episcopale Italiana di affrontare il problema dello sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno come problema di tutto il Paese… Sono differenze che manifestano una stessa attenzione, ma anche il mutare della situazione e conseguentemente delle proposta.
3) Nel titolo si usa il verbo "esplorare". Dunque lo prendiamo alla lettera: non fotografare, criticare o fantasticare… Prendo come indicazione di metodo questo verbo. Ne traggo la conseguenza anche di una certa libertà nel manipolare il titolo. Ne approfitto capovolgendo l'ordine. Prima il Mezzogiorno, come luogo concreto della nostra azione. Poi i giovani che sono "naturalmente" la risorsa del Mezzogiorno e non solo. Infine la Chiesa che, incarnata nel Mezzogiorno, ha già contribuito a formarne la mentalità e cultura e ritiene di poter e dover essere, anche oggi, attivamente partecipe.
I. Il Mezzogiorno
Il Mezzogiorno è una risorsa? Fuori di ogni dubbio, sì; e non sono certamente io a scoprirlo, né mi sento autorizzato a spiegarlo, soprattutto ai molti di voi che ne siete parte. Fra le ingiustizie subite dal Mezzogiorno, non ultima è il modo superficiale o almeno incompleto con cui non di rado è stata affrontata questa realtà, dal punto di vista culturale-interpretativo ed anche (e forse soprattutto) dal punto di vista di programmi di sviluppo. Già la necessaria semplificazione che porta a definire con una sola parola, Mezzogiorno, una realtà complessa, diversificata, persino misteriosa e non facile da comprendere, è fonte di incomprensioni. "Oggi è in questione l'idea stessa di Mezzogiorno, come un tutto compatto ed omogeneo, che ha caratterizzato la stessa tradizione del meridionalismo, cioè l'unità della sua rappresentazione…" (Domenico Pizzuti). Ad esempio l'identificazione dei problemi del Mezzogiorno con i problemi economici, dello sviluppo materiale, prevalentemente industriale, ed i conseguenti interventi nella stessa linea, hanno provocato e aumentato una differenziazione di vari Mezzogiorni, secondo il radicamento della industrializzazione. Ha invece prodotto un'assimilazione al resto dell'Italia sul piano dei consumi, degli stili di vita, del linguaggio. Ma poi, sulla base delle condizioni materiali, confrontate con modelli di sviluppo industriale, ha indotto a considerare il Mezzogiorno con una valutazione negativa. La storia del Mezzogiorno meritava una più oggettiva valutazione ed un approccio più rispettoso alla natura, alla storia, alla cultura. Il nodo meridionale, occorre ammettere che non è stato ancora sciolto, a differenza di altri problemi che sono stati positivamente affrontati e portati a soluzione. I Vescovi scrivendo: "Lo sviluppo del sud non è solo incompiuto, ma anche "distorto". Il modello di sviluppo imposto al sud non solo ha avuto effetti di disuguaglianza, ma ha prodotto un processo di disgregazione dei modelli culturali delle regioni meridionali", hanno in sintesi ammonito che una certa linea di comportamento e la preferenza a scelte orientate verso scopi precisi, non hanno risolto i problemi. In fondo: si sono dimostrate decisioni astratte, studiate a tavolino e perciò stonate rispetto all'ambiente, che le ha subite pur ritenendole improprie ed imposte o forse decisioni funzionali ad una certa idea di sviluppo. E fondamentale partire da una consapevolezza: "Il Mezzogiorno[…] ha una grande storia, una sua identità culturale, e anche una "vocazione" per il futuro del Paese". Nel documento vengono anche elencati i principali e più incisivi valori del Sud; per mantenere i termini del titolo, potremmo dire: le risorse del Sud. Sono: - un'etica del lavoro, come fatica, sacrificio, anche per la necessità di una ricerca sofferta di un posto di lavoro in terra straniera… come pure per le condizioni materiali e giuridiche del lavoro dei campi, come espressamente richiamava la Lettera del 1948. - Il Sud è, ancora, un "luogo di vita", in cui sono risorse umane e grande agilità mentale; permane una cultura dell'amicizia e della lealtà… - Nel Sud esiste il gusto della diversità e della pluriformità… contro la tendenza dell'omologazione… - L'istituto della famiglia… rimane tuttora un punto di riferimento e di forza… - un sentimento di religiosità popolare…
Si tratta di Valori ed espressioni di una cultura e generatori di un ethos… .Ignorare tutto questo o ritenerlo non significante agli effetti di un intervento nel Sud vuol dire, come è parzialmente avvenuto, votarsi ad un quasi certo insuccesso, così come comporta anche privarsi della possibilità di recuperare, per il resto dell'Italia, un patrimonio di valori incarnati nella vita, capaci di arricchire o di irrigare una mentalità sempre più arida, individualista, vuota di prospettive. Se, almeno fino ad oggi, poco della ricchezza dei valori caratteristici del Mezzogiorno è stato rivolto a vantaggio del Paese, troppo si è approfittato del "materiale umano" del Mezzogiorno; a vantaggio, però, del "resto" del Paese ed a danno dello stesso Mezzogiorno. Non dobbiamo infatti dimenticare o tentare di ignorare il contributo del Mezzogiorno allo sviluppo e all'industrializzazione del Centro-Nord. Le migliaia e migliaia di persone, prevalentemente di operai che, negli anni del miracolo economico, sono emigrati al Nord, hanno procurato le forze indispensabili per lo sviluppo economico, privando, però, contemporaneamente, la propria terra di forze, speranze e prospettive, anche tralasciando di pesare quanto è costato in termini di sofferenza, di sgretolamento di tradizioni, di famiglie; in termini di umiliazioni subite, ecc. In tema di remissione del debito, ho sentito riferire il ragionamento di un indio del Messico. Egli sostiene che più che condonare il debito, l'Occidente europeo dovrebbe finalmente restituire il prestito di alcune centinaia di tonnellate di oro ed argento ottenuto forzosamente dal Messico cinquecento anni fa e utilizzato per sostenere lo sviluppo e l'industrializzazione dell'Europa. Qualcosa del genere credo si potrebbe dire anche dell'economia del Paese nei confronti del Mezzogiorno. In conclusione: il Mezzogiorno è una risorsa e una riserva di risorse. Ha certamente anche dei problemi. Identificarli soltanto nella mancanza di lavoro e di conseguente disoccupazione (problema vero e grave) ed affrontarli soltanto in una prospettiva economica potrebbe significare uniformare i modelli senza cogliere l'impatto devastante su un ambiente (fisico e culturale) costretto a subirli e andare incontro ad insuccessi, oltre che privarsi, per tutta l'Italia, di potenzialità positive. Come mettere in circolo questa ricchezza? Prima di tutto prendendone consapevolezza.
II. I giovani
Per ogni comunità, società umana, e da molti punti di vista, i giovani sono la risorsa più grande e preziosa. Lo sono per le energie che possiedono e perché i giovani sono innegabilmente il futuro, per la loro innata potenzialità a superare le delusioni e a cogliere la novità. Tutto quanto si può predisporre per il Mezzogiorno, programmi, finanziamenti, proclami: tutto ha come condizione essenziale il coinvolgimento dei giovani. E un coinvolgimento non passivo, non rassegnato, ma da protagonisti. Se i giovani sono una risorsa occorre dunque utilizzarla e stimolarla come tale: come risorsa e come giovani-risorsa. Lo ricorda il documento del 1989: "Protagonisti […] chiamati a farsi costruttori di una nuova società. Spesso […] si autoemarginano […] un grande potenziale […] educarli […] attraverso forme di volontariato, di aggregazione culturale, di cooperazione, perché propongano, esperimentino, incidano sul futuro della loro terra". Diventare protagonista non è sinonimo di avere successo, ottenere un facile arricchimento, ad imitazione degli idoli che la moda vuole proporre agli stessi giovani. Significa essere costruttori di una nuova società. E indubbiamente una prospettiva affascinante per un giovane, ma è difficile ed esigente. Questo sempre, anche nelle circostanze più favorevoli. Ben di più quando una generazione giovanile venga a trovarsi condizionata da difficoltà anche materiali, nel mezzo di una trasformazione che coinvolge e sconvolge le tradizioni, i rapporti; in una situazione che o impedisce o non facilita il proprio inserimento nella vita normale della società. Eppure l'impegno a rendere i giovani autentici protagonisti è l'unica vera prospettiva rassicurante per il futuro del Mezzogiorno e non solo del Mezzogiorno. Occorre scatenare letteralmente le risorse che ogni giovane più o meno consapevolmente possiede, prima che le delusioni o le tentazioni abbiano ad appiattirlo, spesso spegnendo ogni speranza, avviandoli così a subire la tentazione e il fascino di scorciatoie pericolose o di appiattimenti frustranti. Ma divenire protagonisti, farsi costruttori di una società rinnovata, è opera lenta, faticosa, metodica, sostanziata nella maturazione personale. Non coincide esattamente con una larga disponibilità di mezzi materiali o con l'assunzione di un compito direttivo, di responsabilità. A modo esemplificativo richiamo alcuni passaggi importanti e forse essenziali per promuovere il protagonismo sano dei giovani:
* Prima di tutto, la consapevolezza della propria storia, senza tuttavia rimanerne prigionieri e quindi senza sentirla soltanto come un freno. E un cammino difficile anche per la suggestione di proposte di modelli falsi e frustanti, ma attraenti o anche per il pericolo di rifugiarsi, sostanzialmente sconfitti, in uno sterile rimpianto. Occorre amare la propria storia, tutta però, non un segmento. * La formazione del giovane. Non basta assicurare un percorso scolastico o di abilitazione ad un mestiere, che pure sono cose essenziali. La formazione integrale esige qualcosa di più impegnativo e coinvolgente. Esige che si faccia emergere la "fame e sete di giustizia" che c'è nel fondo di ogni giovane e di ogni persona. A sua volta questa fame nasce in un atteggiamento rivolto alla legalità e alla solidarietà. * Occorre dare "voglia" di sapere e di formarsi: un compito affidato alla scuola, prima di tutto, ma anche alle altre realtà sociali. E il contrario della proposta abbagliante del "tutto, subito, facile". * Occorre infine incoraggiare ed incrementare rapporti con altre realtà presenti nel nostro Paese. Su questo versante non si tratta di esprimere auspici; fortunatamente e felicemente sono già in atto numerose esperienze. La maggioranza di queste procedono positivamente senza alcuna risonanza. Pur sapendo di peccare di omissione, qui ricordo soltanto le iniziative derivanti dal contatto del Nord-Est con realtà del Mezzogiorno e il Progetto Policoro.
E proprio da quest'ultimo desidero cogliere alcune indicazioni "metodologiche" che si stanno dimostrando utili ed opportune nei rapporti tra realtà di provenienza diversa. Il Progetto aveva come obiettivo: - offrire alle Chiese strumenti per affrontare il problema dell'evangelizzazione e della promozione umana di giovani disoccupati; - aiutare le Chiese ad interagire fra di loro; - formare la mentalità e la coscienza per una nuova concezione del lavoro; - stimolare le realtà ecclesiali e le varie pastorali a lavorare in rete. Più che riassumere l'interessantissima esperienza, credo utile cogliere il significato e la realizzazione di alcuni fattori.
III. La Chiesa
Anche la Chiesa, nella sua pluriforme espressione (parrocchie, diocesi, comunità religiose, associazioni laicali, iniziative, attività culturali, ricreative, caritative, ecc.) ha un ruolo importante nella situazione del Mezzogiorno. E stata un elemento fortemente incisivo nella formazione della storia anche del Mezzogiorno. Basterebbe ricordare il lungo elenco di santi, di fondatori e fondatrici, fino ai sacerdoti e laici cristiani vittime-martiri di una testimonianza e fedeltà al vangelo. Nel considerare la Chiesa come risorsa tralascio quello che è più importante e proprio della Chiesa: l'evangelizzazione e la celebrazione dei sacramenti. Non ovviamente per una sottovalutazione (ci mancherebbe altro!), ma per l'esigenza di esplorare quali concreti itinerari segue o può seguire la comunità cristiana per essere "risorsa" nei confronti del Mezzogiorno, dei giovani, dell'intero Paese. Per esplorare le conseguenze, la ricaduta del messaggio in quella chiave di inculturazione vera, è superfluo e ripetitivo richiamare quanto dicono i documenti. Vi sono tuttavia alcuni principi generali che conviene aver presenti.
1. Nelle tensioni presenti nel contesto sociale… "La Chiesa […] è un germe validissimo di unità" che può "operare incessantemente" (anche a motivo della sua presenza diffusa nel territorio e per la sua penetrazione nella società) "per il superamento di ogni divisione…". 2. Dalla Chiesa può venire un forte impulso che richiami l'essenziale dimensione etica dello sviluppo del Mezzogiorno anche quando è riferito all'aspetto economico. Dalla Chiesa possono venire "orientamenti etici che presiedono a ogni retta soluzione dei problemi…".
E utile, inoltre, trarre dai documenti ed anche dall'esperienza non scritta alcune indicazioni su ciò che la comunità cristiana è in condizione di fare.
1. Aiutare alla presa di coscienza collettiva dei problemi e delle proposte. 2. Nel concreto: favorire un allargamento dell'associazionismo, favorendo particolarmente quello di tipo sociale, di interesse al pubblico, come premessa anche ad un impegno politico. 3. Aiutare ad interpretare la tradizione cristiana-religiosa meridionale, favorendo un orientamento non solo devozionale. 4. Dare spazio e voce alle esigenze vere della gente e della società.
Dopo aver elencato alcune risorse da porre a disposizione dei giovani, viene alla mente l'osservazione famosa e suggestiva o malinconica del leggendario Lawrence d'Arabia, posta all'inizio della storia-romanzo della sua vita I sette pilastri della saggezza. Scrive: "… vivemmo molte vite in quelle azioni vorticose, non risparmiando mai le nostre forze: ma quando fummo vittoriosi, all'alba del mondo nuovo, gli uomini vecchi tornarono fuori e ci tolsero la vittoria, per ricrearla nella forma del mondo vecchio che essi conoscevano. La gioventù sa vincere, ma non sa conservare la vittoria, ed è pietosamente debole dinanzi all'età matura. Balbettammo che avevamo combattuto per un nuovo cielo e una nuova terra, ed essi ci ringraziarono cortesemente e conclusero loro la pace".
L'intenzione era di esplorare le risorse contenute nelle tre realtà: Chiesa, giovani, Mezzogiorno e, soprattutto, le risorse che prendono luce nella loro relazione reciproca, quando ci si muova nella storia, con rispetto alle singole individualità.
Conclusioni
Ho iniziato con tre premesse e ora termino con tre conclusioni.
1. Abbiamo esplorato le risorse. Esplorare significa entrare in territori sconosciuti con il desiderio di scoprire cose nuove, non immediatamente per sfruttare. Occorre l'animo sgombro da preconcetti. 2. Risorse, attraverso un vocabolo francese, risale al concetto di risorgere. Per un cristiano risorgere ha una risonanza formidabile, la certezza della vita che non viene meno, ma preceduta dalla passione, dalla sofferenza, dalla apparente sconfitta.
3. Risorse per tutto il Paese, nel rispetto delle proprie