C è una bellezza che salverà il mondo. Quella della famiglia che non si stanca di credere al futuro. Che cade, ma vuole imparare a rialzarsi. Che sbaglia, ma fa tesoro dei propri errori. Che è disorientata, ma si sforza di tentare una sintesi tra i valori della tradizione e le opportunità del presente. Che è ferita, eppure riesce a piegarsi sulle tante fragilità che si intrecciano sul suo cammino e che essa stessa talvolta genera. Non è una famiglia ideale, né tanto meno irreale o utopica, quella di cui si parla in questi giorni alla 'Settimana di formazione' organizzata a Senigallia, nelle Marche, dagli Uffici nazionali Cei di pastorale familiare e del Lavoro. Ma è una famiglia del tutto normale, ordinaria talvolta contraddittoria. Eppure, nel bene e nel male, è proprio questa realtà, ha sottolineato il vescovo di Parma Enrico Solmi, neopresidente della commissione episcopale per la famiglia e la vita, a rappresentare un valore sociale insostituibile. Per segnare simbolicamente il passaggio dal 'noi della famiglia al noi del bene comune' che è poi il titolo dellincontro - Solmi ha usato limmagine della porta di casa. Tutto ciò che avviene allinterno delle pareti domestiche, dalle relazioni coniugali allimpegno educativo, è già risorsa fondamentale per la società. Ma quando si apre la porta, quel bene si espande, si moltiplica, diventa lievito per un pane comune, che rende a tutti la vita migliore.
Le coppie cristiane dovrebbe disporre in abbondanza di quel pane perché, come ha fatto notare il vescovo di Aosta Giuseppe Anfossi, presidente uscente della stessa Commissione episcopale, il matrimonio è anche, e forse soprattutto, 'sacramento sociale'. Anfossi ha messo in luce come ogni dimensione del matrimonio vada ad innestarsi nella vita sociale e diventi fattore di civiltà.
Occorre allora ripartire dalle radici per mettere in luce come il noi della famiglia non possa mai essere considerato un fatto irrilevante per la società. 'Affrontare la questione sociale - ha ribadito don Paolo Gentili, direttore dellUfficio Cei per la famiglia - non vuol dire tentare un cambiamento delle strutture della società, ma piuttosto auspicare una profonda conversione del cuore delluomo che, umanizzando gli ambienti, trasformi la società'. Difficile, certo. Eppure, secondo il sociologo Sergio Belardinelli, qualche segnale di cambiamento si coglie.
Si torna per esempio a parlare di tradizione senza suscitare le dure opposizione ideologiche del passato. Piccoli segnali che potrebbero però indicare un primo mutamento di tendenza. Anche se, sulla strada per accompagnare le famiglie ad assumere la consapevolezza di essere ricchezza sociale, rimangono ostacoli non irrilevanti. Lo psichiatra Tonino Cantelmi ha puntato il dito contro tre fenomeni amplificati dalla società digitale che sono, a suo parere, alla base delle crisi interpersonali dei nostri giorni: il narcisismo sostenuto dalla civiltà dellimmagine, il dominio delle emozioni, la progressiva perdita dellidentità personale che rende difficile lassunzione di responsabilità definitive. Eppure, anche per indicare ai 'nativi digitali' la riscoperta della relazione come valore e come risorsa sociale, esiste una sola strategia, quella delleducazione. Unurgenza che impone ai genitori uno sguardo più articolato rispetto al passato.
Leducazione al lavoro, per esempio, non può prescindere dalla conciliazione con i tempi della famiglia, come spiegherà oggi leconomista Vera Zamagni. Mentre Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, metterà in collegamento la dimensione della socialità con i compiti dellassociazionismo. Impossibile poi escludere dal contesto educativo il grande tema ambientale, sottolineato ieri dal direttore dellUfficio Cei per il Lavoro, monsignor Angelo Casile. Oppure quello della giustizia globale, con particolare riferimento al tema dellimmigrazione, come farà domani la sociologa Laura Zanfrini.