UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Avere del tempo libero o essere liberi nel tempo?

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24 Gennaio 2000

ivi, ris coprendo per esempio il valore del silenzio, un silenzio a cui noi, uomini del chiasso e del trambusto, non siamo più abituati e che giudichiamo mortale. Sembra che l'importante sia cercare di non stare mai tranquilli a pensare, di fatto non siamo più capaci di stare in silenzio, in raccoglimento. Eppure è lì che si incontra il Signore. Non nel vento impetuoso che spacca le rocce, non nel terremoto, non nel fuoco, ma nel mormorio di un vento leggero, come imparò Elia sull'Oreb (1Re 19,11-13). Questa esperienza potrebbe cambiare anche il nostro rapporto con l'attività che svolgiamo, col lavoro mediante il quale ci procuriamo da vivere, rendendolo più umano, meno affannato, più consapevole e meno alienante. Secondo l'altra tematica sabbatica, il giubileo è soprattutto un periodo in cui si agisce per realizzare un mondo più solidale. Le due tematiche non sono separabili e rimangono attuali anche per noi che dobbiamo lottare perché il mondo, di cui i paesi ricchi si sono accaparrati le parti più belle, più fertili e più grandi, possa ricuperare i suoi Sabati.
1. Il Giubileo, cioè l'anno santo, nella tradizione biblica si presenta come una sorta di sviluppo del comando principale, che è il sabato. Questa festa settimanale costituisce infatti il fondamento dell'anno sabbatico, che si celebrava ogni sette anni, e del giubileo, che avveniva ogni sette settimane di anni. L'idea che intendiamo sviluppare è il rapporto che intercorre tra il sabato e il giubileo, in ordine a far emergere alcuni spunti di riflessione e di attualizzazione. Il precetto relativo al riposo sabbatico si trova al centro del Decalogo, sia considerando la posizione che occupa, che dal punto di vista del senso che esso ha. Il Decalogo ci viene tramandato in due versioni diverse, sostanzialmente parallele, Es 20,7-11 e Dt 5,12-15, che però differiscono sulla motivazione connessa al comando. In Esodo il sabato è messo in relazione alla creazione: "Sei giorni lavorerai … ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore: tu non farai alcun lavoro … perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro". Il testo si riferisce al primo racconto di creazione, Gn 1,1-2,4a. In quel racconto a nessun oggetto viene attribuito il carattere della santità. Ci si aspetterebbe che, dopo aver fondato la terra e il cielo, Dio creasse un luogo sacro, una montagna, una fonte, sul quale erigere un santuario. Invece sembra che per la Bibbia sia più importante la santità nel tempo, il sabato, appunto. Al Sinai fu invocata la santità del popolo ("Voi sarete per me un popolo santo") e solo dopo che il popolo cedette alla tentazione di adorare un oggetto, il vitello d'oro, fu ordinata l'erezione di un tabernacolo, la santità nello spazio. Nella Bibbia nessuna cosa, nessun luogo della terra è sacro di per sé, deve essere "consacrato". Invece il tempo dal principio fu dichiarato sacro, separato per Dio. Ciò significa che lo spazio è sottoposto al volere dell'uomo, il quale però non ha nessun potere sul tempo: esso appartiene esclusivamente a Dio. Noi possiamo trasformare le cose dello spazio, attraverso il lavoro modificare il mondo, nel migliore dei casi, migliorarlo, ma non abbiamo nessun potere sul tempo, che resta al di là della nostra portata. Noi pensiamo spontaneamente al tempo come una linea, virtualmente infinita, su cui si succedono i momenti secondo una successione di "prima" e "poi", di passato e futuro. Il tempo è concepito da noi, uomini moderni, come un materiale di cui ci si serve per i propri scopi, misurandolo e ritagliandolo secondo gli obiettivi che si intendono raggiungere. Questi obiettivi sono in ampia misura economici ("il tempo è denaro"), ma possono anche avere configurazioni diverse. Comune è il fatto che noi consideriamo il tempo come una sorta di recipiente vuoto da riempire, stipare, di cose. A fronte di questa attitudine, che genera nevrosi, il testo biblico oppone una concezione diversa, quella della santificazione del tempo. Questa idea sta alla base del sabato, come si diceva, ma anche dell'anno santo e dell'anno giubilare. Cosa dice il comando del sabato? Che Dio lavora e si riposa, che non riempie il cosmo della sua presenza, ma che, in qualche modo, si ritira dal mondo il settimo giorno, lasciando spazio a ciò che è altro da sé. Il sabato è un giorno di vita, un giorno fecondo, creatore, anche se il Creatore non fa altro che prolungare la sua meraviglia davanti all'universo (Gn 1,31). Dio si riposa, cioè mette un termine al dispiegamento della sua potenza creatrice, pone un limite alla sua forza, mostrandosi più forte della sua forza, Signore della sua signoria. Facendo così, apre uno spazio di autonomia a ciò che non è Lui: al mondo, e, in particolare, all'umanità, alla quale affida la responsabilità di dominare la terra. All'uomo è assegnato il comando di imitare questo modello fondamentale e di riposare il giorno di sabato, cioè di riconoscere che la vita non è prodotta solo dal suo lavoro. Questa idea viene estesa all'anno sabbatico nel quale l'uomo è invitato a seguire una serie di precetti positivi e altri negativi. I precetti positivi sono tre: il settimo anno lascerai riposare la terra e la manterrai non coltivata; il settimo anno sarà un anno di riposo solenne per la terra; alla fine di ogni sette anni ci sarà un condono dei debiti. Correlativamente, i precetti negativi chiedono, tra l'altro, di non seminare né di arare, di non potare la vigna e di non pretendere la restituzione del prestito fatto al vicino. Interessante notare che i benefici dell'anno sabbatico vanno estesi a tutti gli uomini, indipendentemente dal fatto che siano Ebrei. Non si deve mietere o vendemmiare, ma ognuno è libero di raccogliere nel campo quello che gli serve. Se si hanno delle provviste anteriori, si possono usare finché gli stessi prodotti sono ancora nel campo; ma se nel campo non ci sono più, le provviste si devono distruggere (Lv 25,4-7). Questo perché l'anno santo mette in condizione di assoluta uguaglianza ricchi e poveri, facendo dipendere tutti esclusivamente dalla provvidenza divina, chiede una sorta di passività, che simbolicamente allude alla morte, per significare che la vita non è prodotta dall'uomo, ma che è ricevuta in dono da Dio (Lv 25,19-22).

2. Il testo di Dt 5, invece, lega il riposo sabbatico alla liberazione dall'Egitto: "Ricordati che sei stato schiavo nel paese d'Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso". La legge del settimo giorno impone di coinvolgere nel processo di liberazione tutti coloro che si trovano nella casa, di accomunare nella stessa dignità di uomini liberi anche coloro che sono posti in condizione di strutturale dipendenza (come i figli e lo straniero), e di associare nella libertà persino gli animali, che sono lo strumento del potere e della forza dell'uomo. Quella che si crea così è una comunità nella quale l'uguaglianza è assi curata dall'unico riferimento a Dio e alla sua opera e in cui ognuno è chiamato a condividere con gli altri ciò che costituisce la sua dignità. Di qui scaturisce la seconda indicazione del giubileo, quella legata piuttosto al condono dei debiti e alla restituzione del prestito. In questa prospettiva l'anno santo è presentato come la restaurazione del mondo, nel senso dell'esercizio di azioni molto concrete in relazione al prossimo, ma anche alla natura e alla creazione: "La terra si riposerà e godrà dei suoi sabati" (Lv 26,34-35). L'anno santo segnava il momento dell'abbandono delle terre da parte di tutti e specialmente di quei signori che ne avevano accumulate troppe, sottraendole ai poveri e ai deboli. Ogni sette anni si rifaceva il sorteggio e si ridistribuiva la terra ai legittimi proprietari. Rispettare i sabati, nella teologia del libro del Levitico (19,3; 26,2), significa specialmente questo: ristabilire la giustizia. Come tutti gli autori osservano, forse si tratta di norme che in pratica non sono mai state realmente osservate, ma a noi interessa questa carica utopistica che può indicarci come far sì che il Giubileo che ci apprestiamo a vivere non si risolva solo in una celebrazione, ma trasformi la nostra coscienza. In questo senso, riprendendo il discorso fatto a proposito del sabato, dell'anno sabbatico e giubilare, proponiamo alcune piste di approfondimento personale. Innanzitutto ci viene comandato di fare il sabato, perché l'uomo facilmente dimentica e, invece di vivere nel tempo come un dono, tratta il tempo stesso come un oggetto che possiede e che può manipolare a suo piacimento. Il problema non è tanto quello del "tempo libero", ma quello di "essere liberi nel tempo". Proseguendo in questa direzione, una prima linea di pensiero parla del sabato come un momento di riposo assoluto, senza manifestazioni cultuali. Sarebbe allora utile pensare al nostro rapporto con il mondo non solo in termini produttivi, economici, ma anche più contemplat