UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Aggregazioni laicali ed impegno di evangelizzazione: per una progettualità unitaria

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23 Giugno 2000

enticando gli altri che stanno andando a fondo. In questi tempi sto rileggendo La città di Dio di Agostino e tra l'altro mi sono imbattuto nella seguente affermazione: "Pertanto l'amore della verità cerca un religioso disimpegno, l'obbligo della carità accetta un onesto impegno, e se questo fardello non viene imposto si deve attendere e ricercare e intuire la verità, e se viene imposto si deve accettarlo per obbligo di carità, ma anche in questo caso non si deve abbandonare del tutto il diletto della verità, affinché non venga a cessare quell'attrattiva e non prima questa obbligazione". Questa riflessione è profondissima; ognuno cerca di costruire nella verità, ma non si può mai dimenticare la carità che ci lega, e quando cerchiamo la carità non possiamo mai dimenticare la verità verso cui camminiamo. Non è forse questo l'itinerario di una pastorale del lavoro dove delegati della pastorale diocesana, regionale, e dove aggregazioni laicali ai vari livelli, nazionale e locale, camminano assieme come un'unica famiglia, dove l'unica legge fondamentale è quella di vivere di Cristo e di portare Cristo?1. Non credo di poter dire qualcosa di nuovo; richiamerò, invece, lo "stile pastorale" nuovo, maturato dopo il Concilio Vaticano II, cioè la linea sinodale che significa "camminare insieme" ma anche "essere insieme per camminare". Mi pare che questo atteggiamento sia fondamentale sia tra i sacerdoti che tra le varie organizzazioni, in modo da non sostituire il Salmo "quam bonum et quam iucundum abitare fratres in unum", con "quam bonum et quam iucundum abitare fratres unum per unum", che non rientra certamente nello stile sinodale, e nemmeno in quella senso di Chiesa comunione di cui si è accennato. Parlando in generale, credo che forse ci siamo un po' "addormentati" od anche assuefatti, per questo si dà per acquisito il Concilio Vaticano II; quando, poi, si va a rileggere la Lumen Gentium si intuisce che molte delle cose che vi sono scritte sono ancora da attuare. Sovente mi chiedo, infatti, se l'ecclesiologia elaborata dal Vaticano II sia entrata pienamente nella nostra mente e nel nostro cuore di modo che, pur nelle difficoltà, si possa camminare su "vie nuove". Si pensi, ad esempio, al concetto di una "Chiesa per il mondo" presente nella Gaudium et Spes, Costituzione conciliare riconsegnata dal Santo Padre alla Chiesa perché se ne renda più consapevole - o alla "Chiesa evangelizzante", prospettata dalla Lumen et Gentium, o, ancora, ad una Chiesa che vive la vita di Cristo dove la liturgia non è fine a se stessa, ma diventa vita concreta della comunità cristiana attorno all'Eucaristia, secondo la Costituzione Sacrosantum Concilium; quanta strada rimane ancora da fare! Sono convinto che tutte queste "suggerimenti" pastorali debbano essere riacquisiti, come pure i decreti applicativi del Concilio, come il Decreto su l'ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa Christus Dominus che afferma: "si sviluppino le varie forme di apostolato e in tutta la diocesi in ciascuna delle sue parti queste opere di apostolato siano opportunamente coordinate ed intimamente unite tra di loro sotto la guida del vescovo, dimodochè tutte le iniziative ed attività di carattere catechistico, missionario, caritativo, sociale, familiare, scolastico ed ogni altro lavoro mirante ai fini pastorali tendano ad un'azione concorde dalla quale sia resa ancor più palese l'unità della comunità cristiana". Questi principi, che sembrerebbero molto astratti ma che diventano concreti nella vita di comunione della Chiesa, sono messi a fondamento del progetto pastorale della Chiesa italiana per il mondo sociale e del lavoro e, di conseguenza, anche per le nuove problematiche della Giustizia, della Pace e della salvaguardia del Creato di cui da maggio la Commissione episcopale e l'Ufficio nazionale dovranno farsi carico. 2. Se questo progetto pastorale di evangelizzazione non parte da questo spirito di comunione, saremo come l'"armata Brancaleone", dove ognuno tenta una conquista per conto suo non curante degli altri che operano nel medesimo campo pastorale. Siamo chiamati a dare testimonianza di una Chiesa comunione con un programma non solo di "pastorale unitaria", come si diceva un tempo, ma di "pastorale ecclesiale", valere a dire una pastorale che coinvolge tutto il Popolo di Dio, poiché tutti sono Chiesa, e specialmente con l'unione di tutte le presenze pastorali e associative. Pur nella variegata esperienza, siamo una comunità cristiana che cammina insieme, sia attraverso la pastorale territoriale, in specie la parrocchia, sia attraverso tutte le articolazioni di credenti riuniti in associazione in nome di Cristo per inserire il Vangelo nella realtà concreta di ogni giorno l'esperienza. Nella Nota pastorale Chiesa e lavoratori nel cambiamento si asserisce che quando "si parla di laici non si intende e non si può far riferimento a cristiani di serie B, costretti a corrompere la purezza della fede, a scendere a compromessi con la realtà, con la storia, spesso considerata come elemento negativo. I laici sono invece discepoli del Signore, chiamati a vivere la fede nelle realtà di tutti gli uomini e di tutti i giorni, cioè nella famiglia, nella società, nel lavoro, nella cultura, nell'economia, ecc.". La contemplazione, alla quale richiamava il Santo Padre a Palermo, è la contemplazione che viene attraverso l'attività concreta, il lavoro, la fatica, l'impegno; una contemplazione che immette "nelle pieghe della storia" quella forza che cambia anche le realtà sociali. La prima testimonianza evangelica data dai primi cristiani era l'amore; si affermava: "vedete come si amano" nel concreto della vita di modo che nessuno era, al loro interno, povero o senza quanto era necessario per vivere. L'amore per noi è anche collaborazione, essere cioè capaci di una progettualità pastorale comune, che da un lato mantenga la specificità e l'autonomia di ciascuno, e dall'altro tenda all'unico traguardo di far in modo che Cristo sia presente nel cuore degli uomini e dia anima alle istituzioni della società.. La Gaudium et Spes ricorda che chiunque promuove la comunità umana nell'ordine della famiglia, della cultura, della vita economica e sociale come pure della politica sia nazionale che internazionale, porta un aiuto, secondo il disegno di Dio, al suo Regno. Ci deve essere, quindi, un'unità di intenti, un progetto comune che unisce i diversi carismi esercitati per la crescita dell'unica Chiesa. Questo non impedisce la libertà delle singole associazioni le quali nella costruzione dell'unico popolo di Dio agiscono secondo i propri carismi e i propri differenti programmi Risulta fondamentale avere la capacità di accogliere questi carismi come complementari e non come contrapposti perché, anche se sono di diverso ordine, non sono di diversa natura. E così, sia l'ufficio sacerdotale del "culto spirituale", sia l'ufficio profetico della testimonianza, sia l'ufficio di regale del servizio, debbono essere vissuti secondo questa progettualità comune. 3. La Chiesa italiana ha inteso darsi un servizio pastorale per la vita sociale e il mondo del lavoro che si andasse sviluppando secondo i tempi e le necessità. Questo impegno si è realizzato in due modi: chiedendo alle Chiese particolari di essere protagoniste di questa pastorale, ma anche di essere aperte a tutte le esperienze che nel popolo di Dio operano in questo ambito. La pastorale sociale e del lavoro non è un progetto che qualcuno pensa e impone ad altri; ma, come sempre si è fatto, è frutto dell'impegno di tutti, specie di coloro che vivono quotidianamente nella realtà sociale. In ugual modo tutti quanti sono chiamati a dar vita al progetto, ciascuno secondo la sua specificità; nella casa del Padre, infatti, sono molte le mansioni, come molte sono le specificità delle associazioni. E' importante che ci sia questa tensione verso l'unità che è fondamentale nella Chiesa perché "il mondo veda e creda". Una qualche difficoltà nasce dal fatto che, a mio avviso, non c'è stata una sufficiente riflessione teologica sul laicato associato e sui vari carismi e spiritualità laicali tra loro complementari. Complementari significa che tutti assieme formano quel disegno meraviglioso che Dio ha voluto, contribuendo ognuno con quanto di peculiare e di specifico gli è dato di vivere e testimoniare sia nell'impegno concreto che nella spiritualità. Il decreto conciliare Apostolicam Actuositatem al n. 18 afferma che l'apostolato associato corrisponde felicemente alle esigenze umane e cristiane dei fedeli, e al tempo stesso si mostra come segno della comunione e dell'unità della Chiesa in Cristo che disse "dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro". Bisogna sforzarsi per saper riflettere, ricercare e progettare insieme: quello che lo Spirito Santo suggerisce e fa scoprire a qualcuno, è per il bene di tutti, è al servizio di tutti. Sono convinto che siamo una grande e meravigliosa famiglia molto diversa, non solo come caratteri, ma anche come impegni concreti, la sfida consiste nella capacità da parte di tutti di realizzare tra di noi una catena, mano tra la mano per la fede che ci unisce e per la carità che è fondamento di tutto. Assieme non vuol dire che tutti fanno le medesime cose, ma che ognuno fa quello che gli compete nell'intento del piano comune. I vari carismi che ci sono completano meravigliosamente i bisogni e i desideri di una umanità che ricerca giustizia, pace, solidarietà, equità, verità, ecc. Dopo aver fatto tutto quanto era possibile, diremo, con il Vangelo : Siamo servi inutili". 4. Vorrei provare a dire in cinque punti come vivere insieme questa progettualità. a) Prima di tutto scoprire sempre più la propria specifica vocazione - parlo delle aggregazioni laicali - o comunque gli impegni che possono essere presi in ambiti specifici della evangelizzazione; un esempio l'abbiamo nei cinque campi di evangelizzazione dei lavoratori delle varie categorie. Scoprendo la propria identità si comprenderà che fondamentalmente questa non si basa sullo specifico del proprio impegno, ma sulla realtà univoca di essere alla sequela di Cristo, di essere immedesimati a Cristo nel cammino di fede che è la base da cui fioriscono le diverse realtà. b) In secondo luogo cercare di essere fedeli alla propria specifica vocazione senza lasciarsi attirare da altre cose. In questi tempi, in molti ambienti della vita sociale, ognuno vorrebbe fare il mestiere dell'altro, creando confusioni e contrapposizioni. c) In terzo luogo cercare di vivere in comunione con la Chiesa, sentendosi Chiesa, vivendo come Chiesa. d) In quarto luogo: crescere nella generosità, che vuol dire dialogo e accoglienza verso tutti. e) Infine, per una efficiente azione pastorale, sentirsi mandati da Cristo, e animati dal suo Spirito che aiuta a camminare assieme nelle difficoltà e di fronte ai propri limiti e debolezze. Così sarà possibile superare la "cultura del naufrago", come sovente amo dire, per cui, siccome le cose stentano ad andar bene, ognuno cerca di aggrapparsi ad un relitto, dim