UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Accoglienza e presentazione dell’incontro

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19 Gennaio 2000

un vali do strumento che la aiuti a testimoniare al mondo la sua volontà di pace e di giustizia. Benvenuti e grazie di aver accolto l'invito che vi è stato fatto. E' doveroso da parte mia darvi ragione di questo incontro e dei fatti che sono avvenuti che ci porteranno a riprogettare la nostra presenza e il nostro servizio in una veste nuova, anche se con lo stile e con i contenuti del passato. La Santa Sede, nella recognitio che ha fatto dello Statuto della CEI in base al documento sulla natura e le finalità della Conferenze Episcopali nazionali, ha fatto notare che nella nostra Conferenza Episcopale persisteva l'anomalia delle Commissioni Ecclesiali, mentre il nuovo ordinamento prevede solo Commissioni Episcopali; conseguenza: le Commissioni Ecclesiali devono essere cancellate. Tenendo conto che le prossime elezioni dei Presidenti delle Commissioni Episcopali della CEI sarebbero avvenute nel 2000, la Santa Sede ha concesso che le Commissioni Ecclesiali potessero operare fino a quella data. Tra le Commissioni Ecclesiali c'era anche Giustizia e Pace, che ha una tradizione gloriosa. Personalmente ho partecipato ai lavori di Giustizia e Pace all'inizio, quando presidente era S. E. Mons. Costa e segretario il prof. Vittorio Bachelet, lavorando con loro come segretario aggiunto. Divenni, poi, segretario della commissione quando fu eletto presidente S. E. Mons. Bernini, rimanendo direttore dell'Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro. Si sperava che la Commissione Giustizia e Pace potesse continuare fino al prossimo anno come le altre, e rinnovarla secondo le disposizioni emanate nel 2000. Purtroppo il presidente, S. E. Mons. Pietro Nonis, ritenendo che la Commissione avesse terminato i suoi compiti con la pubblicazione della nota "Educare alla pace", e temendo che ci fossero sovrapposizioni tra le varie Commissioni, valutò più opportuno che la Commissione cessasse subito le sue attività. A quel momento la Conferenza Episcopale Italiana non aveva ancora discusso sulla ridistribuzione dei compiti alle singole Commissioni Episcopali; discuss
ione che si è svolta solamente nell'Assemblea del maggio scorso e che ha portato alla decisione, come era suggerito nelle indicazioni di fondo, di collegare Giustizia e Pace con la Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro facendola così confluire in una Commissione Episcopale il cui presidente ha diritto di parola e di voto anche nel Consiglio Permanente della CEI. La CEI non volendo affatto cancellare il lavoro fatto dalle Commissioni ecclesiali, né il metodo di lavoro, né i contenuti, ha stabilito che le Commissioni Episcopali, che si sono viste accorpare altri impegni gravosi, possano dare vita a sottocommissioni con la presenza di esperti - laici, religiosi e religiose - cioè di persone che, pur non essendo vescovi, possono contribuire alla riflessione e allo studio. Su questo orientamento la Commissione, che per il momento presiedo, si è fatta carico anche di questa altra esperienza, con la preoccupazione che il metodo di lavoro e l'organizzazione di Giustizia e Pace si potesse mantenere attraverso una sottocommissione. Era doveroso rendere conto di questi fatti, anche se formalmente queste decisioni, approvate nell'ultima Assemblea Generale della CEI, andranno in vigore solo nel maggio del prossimo anno. Non volendo, però, lasciar trascorrere un periodo senza segno di vita, al fine di evitare che si pensasse ad un abbandono delle problematiche esaminate da Giustizia e Pace, abbiamo ritenuto opportuno fare un primo incontro che consentisse alla Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro - che si chiamerà Commissione Episcopale per i problemi sociali, il lavoro, la Giustizia e la Pace - di acquisire la ricchezza della Commissione ecclesiale e di comprendere che cosa proporre alla nuova Commissione Episcopale che sarà eletta nel maggio del 2000. La ricchezza della Commissione Ecclesiale Giustizia e Pace, che ho sperimentato personalmente fin dall'inizio tramite la presenza di alcuni grandi testimoni, ha ricevuto un part ic olare riconoscimento con la pubblicazione degli ultimi tre documenti: Educare alla legalità; Stato sociale ed educazione alla socialità; Educare alla pace. Durante l'Assemblea della CEI, a qualche vescovo che lamentava il silenzio della Commissione Giustizia e Pace, ho fatto presente che il patrimonio acquisito non si sarebbe perso, ma che la Commissione che presiedo non ha ancora la responsabilità agire in nome di Giustizia e Pace. Il momento che stiamo attraversando, traboccante di guerre e di lotte, richiama la Chiesa al suo dovere di educare alla pace; memori di quanto è stato scritto nella Nota "educare alla pace" ci chiede di non fermarci in questo nostro incontro ad aspetti puramente organizzativi, ma di ragionare sui contenuti e di mettere al centro delle nostre preoccupazioni una vera educazione alla pace. Per difendere e costruire la pace non bastano pronunciamenti e condanne, bisogna impegnarsi a creare una cultura e orientamenti che richiedono un'adeguata opera formativa; dobbiamo, quindi, riprendere il nostro impegno con coraggio e con lo stesso entusiasmo del passato. I suggerimenti e le indicazioni che vorrete dare offriranno spunti per continuare l'impegno in quanto Chiesa. Le Conferenze Episcopali nazionali hanno, per i vari ambiti della pastorale, organizzazioni e impostazioni assai differenti. In alcune alla Commissione Episcopale Giustizia e Pace sono state affidate le problematiche del mondo sociale e del lavoro; in altre avviene il contrario, come nel nostro caso. In qualche Conferenza Episcopale c'è solamente la Commissione episcopale Giustizia e Pace, in qualche altra c'è solo la Commissione Episcopale per i problemi sociali. Realtà talmente diverse non potevano offrire un modello significativo di riferimento. A noi è richiesta la volontà di proseguire il cammino attraverso una sottocommissione che avrà la capacità e la possibilità di lavorare come si è lavorato in precedenza, in modo che la Chiesa italiana possa avere